X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Mr. Robot (Stagione 4) - Teste di Serie

Pubblicato il 2 gennaio 2020 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Mr. Robot (Stagione 4) - Teste di Serie

«Hello, Elliot!»
(Darlene)

ESSERE ELLIOT ALDERSON

Il 2019 sul piccolo schermo si è chiuso col botto: Sam Esmail, è riuscito a portare a compimento il suo capolavoro, Mr. Robot, non una semplice serie urban-cyber-thriller, in cui il valoroso protagonista geek ha la meglio a colpi di codice sul megalomane aspirante dominatore del mondo. No. Diffidate di chiunque vorrà farvi credere che è così. Mr. Robot, nel corso di quattro sensazionali stagioni, si è rivelata, alla fine, per quello che realmente è: un complesso arazzo psicologico, intessuto da un geniale artigiano del mezzo cinematografico.

In verità, approcciarsi a quest’ultima sequela di episodi con la consapevolezza di essere giunti alla fine del viaggio, non è sufficiente per preparare lo spettatore al terremoto emotivo che ha come epicentro il già tormentato Elliot Alderson (un Ramik Malek già glorificato dall’Oscar per aver interpretato Freddie Mercury in Bohemain Rhapsody e qui autore di una prova sontuosa, affettata e a tratti delirante); quel che, nel corso dei tredici episodi finali si dipana dietro lo schermo è una discesa infernale alla scoperta e comprensione della verità, della reale e occultata identità di un protagonista che non era stato quasi mai presente nel corso dell’intera storia; ecco la prima magia di Esmail, illusionista del subconscio che dimostra un’abilità disarmante nell’essere riuscito a comprimere fino alla fine, fino al limite massimo, la verità sul suo eroe Elliot, personaggio tanto tormentato, quanto coraggioso e temerario nel voler portare avanti una guerra di proporzioni titaniche.

Una guerra che si sdoppia definitivamente, valicando in continuazione il limite tra realtà e immaginazione; una guerra globale e intima, collettiva e personale. Perché se l’aspro conflitto contro il ministro cinese Zang, in arte l’hacker Whiterose (uno straordinario e a tratti romantico BD Wong, nel suo incedere ambiguo e disilluso), conduce Elliot e Darlene (Carly Chaikin) più volte sul baratro della sconfitta, lupi solitari contro il cannibalesco mondo delle corporazioni che detengono e amministrano in modo ostracizzante la ricchezza del globo terracqueo, il conflitto ancor più pressante e montante che Elliot è costretto a combattere in prima linea, ovvero quello psicologico che lo metterà di fronte ad altre e impensabili versioni del proprio Io, conquista e trascina lo spettatore verso una dimensione apparentemente priva di logica e sconquassata dalle mira magniloquenti di Esmail. Nulla di più falso…

Perché se Breaking Bad – si, il paragone non è affatto scomodo ed è la qualità finale del prodotto che lo reclama! – può essere considerata “la rivincita dei nerd”, Mr. Robot diventa “la rivincita dei geek”, degli emarginati, degli ultimi che, nell’assordante silenzio delle loro apparentemente evanescenti esistenze infondono linfa vitale negli strati più bassi – e umili e importanti! – della società. E le affinità non si esauriscono di certo qui: l’aura di opera-culto che ricopre Mr. Robot, grazie anche al poco clamore che non ha permesso alla serie di ascendere – per ora… - a vero fenomeno di massa, così come fu anticipatamente per la creatura di Vince Gilligan, contribuisce a relegare la serie targata Usa Network come un prodotto di nicchia, per veri appassionati, considerata soprattutto la sua complessa stratificazione narrativa. Mr. Robot non è e non è mai stata una serie adatta a piegarsi a un largo e vasto consumo, proprio per la sua natura plurisfaccettata di creatura alchemica, immagine riflessa in continuazione di uno specchio iridescente, che si ripiega su se stessa come un caleidoscopio da cui una volta che si finisce attratti, non se ne può più fare a meno. Un viaggio infinito dentro se stessi, alla scoperta di ciò che c’è sempre stato, ma del quale non sospettiamo l’esistenza: la nostra vera indole.

E poi, l’arte magica di Sam Esmail. La sua tecnica da fine artigiano. Perché sul piccolo schermo, unico sul suo modo di filmare la tensione interiore, in contrasto con la fredda realtà esterna, nessuno muove la macchina da presa come Sam Esmail: carrellate laterali divorano lo spazio, trasformandosi spesso da primi piani a campi totali in una manciata di secondi sospesi nel vuoto dello spazio non filmato, totalizzanti e spiazzanti. Il regista e sceneggiatore statunitense non ha solo confermato le sue visionarie e lungimiranti doti in fase di scrittura, modellando alla perfezione un eroe schiavo di se stesso, allineato a un comparto personaggi dall’animo fragile e alla continua ricerca di speranza e stabilità; Esmail è al contempo un illusionista e un cultore della macchina da presa, un geek a sua volta intenzionato a sradicare i propri protagonisti da quella porzione di spazio filmico nella quale vengono collocati per farli “dialogare” con lo spettatore, attraverso un uso immersivo della camera fissa, che sa cogliere l’attesa del fuoricampo e mette in risalto le espressioni crucciate e, per lo più, indecifrabili dei volti degli attori in video – e questo è un aspetto perfettamente compiuto grazie soprattutto al carisma e alle abilità di un cast sopra le righe.

Se questo gran finale ha un difetto, lo si riscontra nell’inspiegabile “abbandono” del personaggio di Tyrell Wellick, fondamentale per le geometrie della serie fino a questo momento: la sua dipartita avrebbe meritato una messa in scena più leggibile e meno fumosa, se non altro per omaggiare un personaggio sempre conturbante e in grado di risucchiare il calore intorno a lui – e gran parte del merito va a Martin Wallström, autore di una robusta e viscerale performance, quasi animalesca.

Si chiude così, Mr. Robot, con un altro primo piano, che si trasforma in un dettaglio, dopo aver sprigionato energia cosmica come una lunga carrellata, attraverso la luce (cinematografica) di un proiettore interiore, fino a occupare e riempire lo spazio esterno di un occhio spalancato, bagnanto dalle lacrime della liberazione. La liberazione che appartiene al vero Elliot, rinato e vittorioso sui suoi demoni, che si tratti dell’esercito oscuro o di quelli della sua vita passata; la liberazione dello spettatore, che ha finalmente compreso che anche chi resta nell’ombra, se spinto dal fuoco inestinguibile dell’amore verso la giustizia, è in grado di salvare il mondo e scoprire, finalmente, il proprio posto in esso.


(Mr. Robot); genere: thriller, drammatico; showrunner: Sam Esmail; stagioni: 4 (terminata); episodi quarta stagione: 13; interpreti: Rami Malek, Carly Chaikin, Portia Doubleday, Martin Wallström, Christian Slater, Michael Cristofer, Grace Gummer, BD Wong, Gloria Reuben, Elliot Villar; produzione: Universal Cable Productions, Anonymous Content; network: Usa Network (U.S.A., 6 ottobre-22 dicembre 2019), Mediaset Premium (Italia, 15 ottobre-31 dicembre 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 45’-50’ per episodio; episodio cult quarta stagione: 4x05 - 405 Method Not Allowed (4x05 - Metodo non consentito); 4x07 - 407 Proxy Authentication Required (4x07 - Necessaria autenticazione proxy); 4x13 - Hello, Elliot (4x13 - Hello, Elliot)


Enregistrer au format PDF