X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Napoleone

Pubblicato il 23 ottobre 2002 da Alessandro Izzi


Napoleone

Opera in quattro lunghe, estenuanti puntate, Napoleone è forse l’ultimo esempio possibile di una fiction a carattere storico e spettacolare. Un vero e proprio Kolossal da piccolo schermo (di quelli che diventerà sempre più difficile produrre stante la crisi ormai irreversibile entro cui si dibatte agonizzante il settore) che mette in mostra un cast spettacolare, una cura per il dettaglio storico, e un tripudio di location. Eppure a ben vedere il risultato finale di tutta l’elaborata e complessa macchina produttiva messa in moto per la realizzazione di questa epica fiume è, se vogliamo, proprio tutta qui, in questo tripudio polveroso di costumi e volti (il più possibile somiglianti ai personaggi storici chiamati in causa), in questo avvilupparsi di panneggi e tendaggi mossi da brezze di cartapesta, in questa astratta passerella di decori d’interno, di mobili, di armi d’epoca e di uniformi insaguinate. Non è la passione storica quella che anima la fantasia degli autori, non è il bisogno di riaffrontare con sguardo lucido e nuovo gli eventi del passato, né il bisogno di ritrovare in quello stesso passato che si và mostrando in immagini di intatto splendore figurativo i germi incongruenti e contradditori del presente nel quale viviamo. Tutt’altro quello che anima i produttori è (o sembra essere) semmai un astratto bisogno di stupire il proprio pubblico, un gioco di luci e colori che faccia appello al nostro io bambino attraverso la reivocazione di un passato remoto fatto rivivere con un lucido gioco di luci colorate ed ombre innocue. Nel dubbio tra il filmare la storia o il mito, ci pare che il regista abbia optato per il secondo e, anche se nel corso del racconto si abbandona a digressioni sulla vita privata del grande condottiero francese, finisce sempre per farlo in una chiave mitopoietica che lascia intatta e priva di contraddizioni la figura stereotipata dell’eroe del suo racconto. Vengono quindi abbandonate tutte le regole di un realismo sporco che ci avrebbero fatto rivivere le vie della Parigi rivoluzionaria e post rivoluzionaria nel loro impasto abominevole di polvere e sangue, in favore di una messa in scena educata e pittorica dove anche i movimenti di massa appaiono orientati in un’ordianata confusione che lascia presto attoniti. Ma viene anche abbandonato quell’astrattismo pittorico che aveva mosso, su livelli infinitamente più alti, una riflessione ben meno costosa, ma incredibilmente più autoriale e consapevole, qual’era quella del capolavoro rohmeriano La nobildonna e il duca. Resta un gioco televisivo in cui si sente sempre la mano di un’organizzazione dilettantesca e dove, pur non essendo mai inquadrati, si percepiscono continuamente i movimenti di una fitta schiera di coordinatori di stuntman che indirizzano i movimenti in scena delle varie comparse. La sceneggiatura è un tripudio di non sense e banalità quasi si fosse sempre intenzionati a mettere in bocca ai vari personaggi frasi destinate a passare alla storia e gioca su momenti di assurda aderenza a certe leggende come quando al generale Bonaparte viene assegnato il suo primo comando importante allo scoccare esatto della mezzanotte: quasi uno storico con macchina del tempo fosse di passaggio da quelle parti pronto ad immortalare l’evento con una buona Polaoid. Altrove altre battute infelici strappano il sorriso come quando il generale, ormai pronto per la Campagna italiana esclama all’uomo che l’ha appena unito in moglie con l’adorata Josephine “Ho una donna d’amare e l’Italia da strappare agli austriaci” con cipiglio scwartzeneggeriano da becero film hollywoodiano. Gli attori, ingolfati nei loro costumi appaino tutti invariabilmente fuori tono con punte di minimo storico per alcuni di loro (in particolare John Malkovich ormai in caduta libera per le sue affettazioni gratuite). Ma su tutto e l’aria da romanaccio che si porta dietro Caludio Amendola a ingenerare il più duraturo effetto comico involontario. Che ci farà lui, così inguaribilmente trasteverino, nella Francia napoleonica?

Fiction: Napoleon; Regia: Yves Simoneau; Sceneggiatura: Didier Decon da Napoleon di Max Gallo; Interpreti: Christian Clavier, Isabella Rossellini, Gerard Depardieu, John Malkovich; Messa in onda: Martedì 17, giovedì 19, giovedì 26 settembre e giovedì 3 ottobre 2002; Rete: RAI 1

[ottobre 2002]


Enregistrer au format PDF