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New Talents Jazz Orchestra: Extempora a Gaeta

Pubblicato il 7 agosto 2015 da Alessandro Izzi


New Talents Jazz Orchestra: Extempora a Gaeta

Inizia all’insegna del jazz metropolitano Extempora, il concerto della New Talents Jazz Orchestra diretta da Mario Corvini con il sax (e alcune composizioni) di Daniele Tittarelli.
Indianapolis è, infatti, un brano quasi manierista, caratterizzato dalle brillanti sonorità tipiche di certo cinema hard-boiled, in cui agli sfondi sonori dell’orchestra si sovrappongono naturalmente le linee melodiche del sax in un andamento a tratti dissonante che non si nega neanche il lusso di un breve scatenamento percussivo prima del finale stretto e pulito.
Hai l’impressione, da ascoltatore, che tutto sia esattamente dove deve stare anche se qualcosa non ti torna esattamente in questi suoni smaltati e luccicanti, in questi scorci di vera e propria topografia musicale.
E l’impressione si conferma nel secondo brano, anch’esso nato dalla penna di Tittarelli: Zeman.
Qui, contrariamente a ogni aspettativa, non ti trovi di fronte a un brano di puro virtuosismo sonoro. Qui lo strumento solista non corre in mezzo agli altri suoni in cerca del dribbling musicale.
L’autore resiste alla tentazione di una musica mimetica che ti simula a bella posta un’azione di gioco. Anzi, tutto il contrario. L’inizio, strano a dirsi, è all’insegna di un tempo moderato e l’orchestra più che un tappeto su cui costruire paesaggi brillanti è un impasto sonoro denso e calmo.
Il calcio, il suo spirito, non se ne sta sulla superficie dei facili passaggi a effetto, ma innerva la struttura stessa del brano.
Zeman qui non è tanto e non è solo nello strumento solista, ma nell’intera costruzione del brano, nella sua grammatica interiore. L’azione di gioco sta all’incrocio dei pali tra il passaggio musicale e l’idea che lo produce. Perfetta metafora dello sguardo dell’allenatore.
Poi Suoni muti (composizione originale questa volta di Corvini, nata a diretto contatto con l’organico che deve porgerla all’ascoltatore) ti conferma che quello che stai ascoltando nasce sull’onda di un progetto più complesso di quello che sembra a tutta prima. In questo brano l’orchestra è un organismo proteiforme in continuo divenire. L’idea musicale scivola tra le parti dell’orchestra in un continuo gioco di soli e tutti che nasce da una concezione profondamente sinfonica della materia musicale. Nel magma sonoro prendono corpo isole timbriche di grande suggestione che, lo percepisci chiaro, sono frutto di una precisa consuetudine tra direttore ed esecutori all’interno di uno schemi ritmici estremamente liberi. Extempora, appunto: fuori dagli schemi, ma per disegnare un nuovo schema.
In questo quadro la dimensione dinamica della musica vive non solo nell’evento sonoro, ma nell’evento performativo colto nella sua interezza. La musica è negli sguardi che si rivolgono gli esecutori, nel gesto del direttore che lascia spesso la sua posizione allo spartito per inseguire le idee sonore in mezzo all’orchestra, è nel movimento delle mani che non si limita a tenere un tempo o a indicare un attacco, ma partecipa di un processo creativo in atto. In questo modo il gesto stesso del condurre diventa visualizzazione di una partitura nel suo farsi e viene il magone al pensiero di quanto tutto questo non possa trovare spazio in un eventuale disco.
Perché, in fondo, Extempora è un progetto che vive soprattutto nello spazio dell’esecuzione dal vivo, è frutto di un’estetica evenemenziale in cui il gesto quasi aleatorio convive con un notevole senso di struttura.
Un risultato reso certo possibile dal forte affiatamento tra i membri di questo orchestra che, per una volta, tiene fede al nome che porta: Nuovi talenti.
E sarebbe bello poterne scrivere di uno per uno se non fosse che così si scivola in quei lunghi elenchi di nomi (ben diciotto) che non rendono conto di quanto queste partiture non respirino solo del timbro degli strumenti che ognuno suona quanto della specificità di ogni personale stile esecutivo che diventa parte integrante del tutto.
Soprattutto in quei momenti in cui la materia sonora si fa più rarefatta ed emergono momenti di grande suggestione come nell’assolo pianistico che apre un brano di cui non ci è stato rivelato il titolo (chiuso in pieno spirito di simmetria dalle note pizzicate del contrabasso) o come nel finale quasi favolistico di Sotto scacco del fante.
Altrove si affacciano di tanto in tanto evanescenti ricordi di musica altra, frammenti alla Ives, addirittura alla Ligeti o alla Debussy: appena un’impressione presto riassorbita nell’economia complessiva dei singoli lavori.
Extempora è così, non solo la conferma dello straordinario talento di un solista come Tittarelli, ma un concerto di vaste proporzioni che si poggia su un connubio indissolubile tra la “leggerezza” del jazz e le esigenze della musica d’avanguardia. È un fitto caleidoscopio di gesti musicali composti a vivo sulla tela del silenzio. È l’espressione di un’idea che passa per le orecchie, attiva il pensiero e solo da lì arriva dritto al cuore delle emozioni.
Una bella sorpresa all’interno del Gaeta Jazz Festival.


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