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Noir Film Festival 2010 - Carancho

Pubblicato il 9 dicembre 2010 da Antonio Valerio Spera


Noir Film Festival 2010 - Carancho

Non ci sono personaggi buoni nella nuova opera di Pablo Trapero, il regista sudamericano di Nacido y Criado. Nessuno è innocente, tutti nascondono un lato oscuro, dei segreti, dei loschi affari. Trapero descrive una società, quella argentina, come un villaggio del vecchio West, in cui tutti sono contro tutti ed esiste solo una giustizia personale. E come in ogni buon western che si rispetti, tutto è un affare di soldi, di vendetta, ed in mezzo al racconto troviamo una donna che per amore è costretta subire la violenza di un mondo di cui non vorrebbe far parte e di cui è sentimentalmente e caratterialmente estranea. Ma Carancho, per atmosfere e sviluppo narrativo, è principalmente un noir metropolitano, un racconto in cui poliziotti ed avvocati sono corrotti e prendono soldi sottobanco, la notte è il luogo temporale in cui tutto avviene, l’amore subisce le conseguenze della malavita e la città, con i suoi vicoli oscuri, domina lo schermo. Dietro la relazione tra Sosa, avvocato che si muove tra ospedali e stazioni di polizia in cerca di clienti, e Lujan, giovane dottoressa che lavora al pronto soccorso il cui lavoro rappresenta la sua missione, e dietro ad un grande senso dello spettacolo cinematografico, l’autore muove una forte denuncia allo stato argentino, dove ogni anno più di otto milioni di persone muoiono per incidenti stradali, le compagnie assicurative speculano su tali tragedie e la legge è corrotta e quindi inesistente. Viene delineato sullo schermo un panorama poco rassicurante, un incrocio sotterraneo di minacce, un’associazione a delinquere statale, dove tutti sono all’apparenza vittime ma in verità sono tutti colpevoli. E sebbene la regia sembri voler tratteggiare il protagonista come l’eroe che sfida il sistema e dia la sensazione di amarlo e di giustificarlo nelle sue azioni, spingendo lo spettatore all’immedesimazione, alla fine neanche lui si riesce a salvare dall’attacco dell’autore.
E’ stato il destino a fare giustizia o sarà sempre la giustizia personale a regnare in questo paese e a riportare sempre e comunque tutto alla drammatica quotidianità? Su questo rimane il dubbio ma la sensazione che lascia il finale del film è di pessimismo e rassegnazione. Un finale stupendo che esalta ancor di più la prima parte del film. Una conclusione in cui esplode senza freni la violenza solo accennata precedentemente ed in cui esplodono i personaggi dando vita ad una resa dei conti avvolgente ed indimenticabile.
Carancho è un film scritto e diretto con mano ferma. Nulla è lasciato al caso, il ritmo è dosato su un perfetto equilibrio tra sentimenti ed azione. L’intreccio narrativo è costruito come una macchina ad orologeria che tiene dall’inizio alla fine. Trapero, con la macchina da presa sempre vicinissima ai personaggi e rappresentando sempre esplicitamente la violenza, punta all’iperrealismo e all’intensità. Si conferma uno dei migliori registi sudamericani e realizza un’opera splendidamente cupa, disturbante, commovente. Uno straordinario mix di amore, denuncia sociale e violenza.


CAST & CREDITS

(Carancho) Regia: Pablo Trapero; sceneggiatura: Pablo Trapero, Martin Mauregui, Alejandro Fadel, Santiago Mitre; fotografia: Julian Apezteguìa; montaggio: Ezequiel Borovinsky, Pablo Trapero; interpreti: Ricardo Darin (Sosa), Martina Gusman (Lujan), Carlos Weber, Jose Luis Arias; produzione: Matanza Cine, Ad Vitam Production, Patagonik; distribuzione: Ad Vitam; origine: Argentina, Francia; durata: 107’.


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