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Nonajoler Kabbo - Fuori Concorso

Pubblicato il 22 novembre 2020 da Matteo Galli

VOTO:

Nonajoler Kabbo - Fuori Concorso

L’88,7% dei cittadini del Bangladesh è di religione musulmana, di questo 88,7% il 96% è sunnita. A giudicare dal film di Rezwan Shahriar Sumit presentato fuori concorso a Torino dal titolo internazionale The Salt in Our Waters, una coproduzione del Bangladesh e della Francia (il cui trattamento aveva ricevuto qualche anno fa il sostegno di Spike Lee), la variante di islamismo praticata dall’imam che governa l’isola, affacciata sul Golfo del Bengala, dove si svolge tutto il film sembra ancora recare in sè numerosissime tracce di culti animistici, riti sacrificali in cui l’invocazione di Allah appare il concentrato monoteista e in parte sovrastrutturale di devozioni chiaramente idolatriche.

Peccato che il conflitto disputato in Nonajoler Kabbo (questo il titolo originale del film) proprio di ciò tratti, poiché al momento in cui all’isola approda l’artista Rudro - proveniente dalla grande città, ossia da Dacca, ma forse da altri luoghi ancora, non meglio precisati – con un container pieno delle sue modernissime sculture antropomorfe di ferro, filo e materiali vari, l’uomo venga accolto solo in un primo momento come un ospite a cui tributare tutte le attenzioni che la cultura dell’isola prevede. Basta una pesca infelice dell’alosa (principale alimento locale insieme a riso e radici di mangrovia) dovuta, con tutta evidenza a ragioni atmosferiche, ed ecco che Rudro – e soprattutto le sue sculture spregiativamente battezzate idoli – diviene in men che non si dica un capro espiatorio di tutte le sventure toccate in sorte alla popolazione di un’isola costantemente minacciate dal clima e dall’oceano tutt’altro che clementi. Ciò che finisce per dar vita a una paradossale inversione: i fedeli e gli amministratori di una religione superstiziosa e animistica tacciano l’uomo e l’artista venuto da fuori di idolatria.

La questione emerge, al più tardi, dopo un terzo del film. A nulla valgono i tentativi del pacato scultore di convincere la popolazione che le loro disavventure umane ed economiche hanno delle ragioni concrete, oggettive, che basterà solo aver pazienza e il cattivo clima passerà, ciò che poi puntualmente accade riportando, almeno temporaneamente, la serenità nel villaggio. Il problema è che Rudro, dotato di grande appeal soprattutto verso la popolazione infantile (e diventando qua e là una specie di pifferaio magico potenzialmente minaccioso), è e resta l’estraneo, agli occhi di gran parte della popolazione, non è omologabile alla tradizione e ai riti che l’imam, nella traduzione italiana definito buffamente “il Messere”, amministra con grande autorità e in modo suasivo e omertoso. E quindi il pattern di Rudro-capro espiatorio si ripete all’infinito, diventando alla fine pure un po’ ridondante anche perché, al di là di una relazione certamente irrisolta col padre che a quanto pare in quell’isola aveva soggiornato in passato, non si capisce proprio che cosa lo scultore ci sia venuto a fare in quell’isola, non modificando in nulla il proprio stile al contatto con la popolazione e con la natura ribelle e il mare limaccioso e nemmeno, salvo qualche timida tentazione, provando l’ambizione di riformare, educare, emancipare la popolazione analfabeta e sottomessa, insegnando loro a ragionare con la propria testa.

È così che alla lunga Nonajoler Kabbo un po’ s’incarta e a poco vale la passioncella che nasce fra Rudro e la figlia del padrone di casa, di fatto tenuta in uno stato di servaggio, in omaggio a un ruolo totalmente subordinato in cui sono confinate le donne. Il film dura 100 minuti ma avrebbe potuto tranquillamente esser tagliato di una quindicina. Le location, praticamente inedite non solo per lo spettatore occidentale ma anche per gli stessi cittadini del continente, dove quando è stagione di monsoni c’è poco da stare allegri, sono magnifiche e la regia le asseconda con rispetto. Ma fossimo stati al posto di Rudro a metà film da quell’isola ce ne saremmo andati.

Nonajoler Kabbo - Regiae sceneggiatura: Rezwan Shahriar Sumit; fotografia: Chananun Chotrungroj; montaggio: Kristan Sprague, Luiza Parvu Sankha; interpreti: Fazlur Rahman Babu (Messere), Titas Zia (Rudro); Tasnova Tamanna (Tuni), Ashok Bepari (Bashar), Shatabdi Wadud (Talash); produzione: mypixelstory, Arsam International; origine: Bangladesh, Francia 2020; durata: 100’.


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