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The Day After I’m Gone - Panorama

Pubblicato il 11 febbraio 2019 da Matteo Galli

VOTO:

The Day After I'm Gone - Panorama

Incluso nella sezione “Panorama”, il film si apre, di notte, sul celebre luna park di Tel Aviv con le sue attrazioni mirabolanti che, anche in grazia dell’oscurità, sembrano trasmettere inquietudine e provenire da un altro mondo. Nella scena seguente ci viene presentato il protagonista Yoram, un chirurgo veterinario ultracinquantenne che lavora in un safari park e viene chiamato dal suo staff ad operare una tigre infortunata. Molto compassato Yoram si avvia in sala operatoria, ma si vede fin da subito che ha la testa da un’altra parte, il linguaggio del corpo ci dice che non sprizza gioia. Capiremo presto perché: Yoram è vedovo e vive con la figlia Roni, diciassettenne, che non risponde al cellulare, da un paio di giorni non si capisce proprio che fine abbia fatto. Fin quando, come se nulla fosse, la ragazza non se ne ritorna a casa, Yoram accenna un vago rimprovero, nulla più. L’impressione è che la vita scorra loro accanto, che tutto o molto sia loro indifferente, catatonico lui ascolta musica classica dall’autoradio durante il tragitto da casa a lavoro e viceversa e durante le ispezioni di routine del parco, fra gazzelle, zebre e rinoceronti, mentre lei si chiude nella propria stanza, con le cuffie e i vari device. Un rapporto, di fatto, inesistente: in una casa che non è certo la reggia di Versailles, la comunicazione di lui che la cena è pronta avviene via sms, e la risposta di lei (“non ho fame”) pure. Ma poi Yoram nel corso della notte viene svegliato da un’unità di emergenza composta di poliziotti e sanitari: il moderatore di una chat li ha avvertiti delle intenzioni di Roni di togliersi la vita, il padre è incredulo e irritato, il poliziotto deve insistere e alzare la voce perché il padre si introduca nella stanza e vada a vedere se è successo qualcosa. E’ successo qualcosa. Corsa in ospedale e lavanda gastrica. Yoram si sottopone a colloqui con psicologi, ma si vede subito che ci crede il giusto; Roni stessa rilutta e continua la propria vita come se nulla fosse accaduto, il dialogo, la comunicazione non è certamente all’ordine del giorno in questa convivenza poco più che funzionale, anche il trauma non ha prodotto alcun sblocco, il non detto dilaga. L’unico tentativo che compie Yoram è di riprendere i contatti col resto della famiglia per vedere, chissà mai, se in un contesto più ampio qualcosa abbia a sbloccarsi. Padre e figlia partono dunque per un viaggio verso il Mar Morto, al confine con la Giordania, in una zona in cui la tensione del paese risulterà assai più palpabile e anche le tracce sul paesaggio. Durante il viaggio l’unica frase che figlia e padre si scambiano è quella che forse spiega il titolo del film: la ragazza chiede che cosa sarebbe successo se il salvataggio non fosse andato a buon fine e Yoram col cinismo che lo contraddistingue le dice che tutti ben presto (“the day after I’m gone”?) sarebbero tornati all’ordinaria amministrazione. Saranno tutti un po’ più rozzi, un po’ più impulsivi, tuttavia i membri della famiglia di Yoram - genitori, fratello e nuora, altri bambini, ma anche vicini di casa traumatizzati da guerra e lutti – vivaddio parlano e, fra mille turbolenze, finalmente lo sblocco avviene. Yoram finalmente urla, Roni finalmente piange, tutto avviene non a caso anche in grazia della visita alla tomba della madre. Non c’è bisogno di scomodare il saggio di Freud di cent’anni fa su Lutto e Melanconia, certo è che solo partendo dalla elaborazione del lutto si può ricostruire la relazione fra padre e figlia. E il viaggio di ritorno, con Roni alla guida, sembra promettere una qualche possibile normalità futura - forse anche il luna park con cui il film, com’era iniziato, si chiude, non è più così inquietante. Il regista Nimrod Eldar ha 41 anni e questo è il suo primo lungometraggio, dopo due corti risalenti a diversi anni fa e un decennio di lavori nel mondo del cinema come sound designer. Per essere un film di esordio si tratta di un’opera molto matura capace di raccontare con estrema parsimonia di mezzi traumi privati e non solo. Del resto, il film nasce sotto l’egida dell’ottima scuola di cinema di Gerusalemme, la Sam Spiegel Film and Television School, che al film, solo sulla base della sceneggiatura, conferì ancora quattro anni fa un finanziamento. E la sceneggiatura è con certezza la cosa migliore del film.


CAST & CREDITS

(The Day After I’m Gone); Regia: Nimrod Eldar sceneggiatura:Nimrod Eldar; fotografia: Itai Marom; montaggio:Nimrod Eldar; interpreti: Menashe Noy (Yoram), Zorah Meidan (Roni), Sarit Vino-Elad (Sivan), Alon Neuman (Arie),produzione: Spiro Films, Cinema Group, United King Films, Israeli Film Fund origine: Israele 2019; durata: 95’.


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