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Venezia 77 - Dorogie Tovarischi!

Pubblicato il 9 settembre 2020 da Francesca Pistocchi

VOTO:

Venezia 77 - Dorogie Tovarischi!

Dopo Quo vadis, Aida?, tocca ad Andrei Konchalovsky tracciare i contorni di una donna in precario equilibrio tra forze contrapposte: Dorogie Tovarischi dona una fisionomia alla sottile linea che generalmente divide sfera privata e sfera pubblica.

Reduce da due Leoni d’argento e dalla collaborazione con maestri del calibro di Akira Kurosawa o di Andrej Tarkovskij, il regista russo ricostruisce i fatti su cui s’erge una data a lungo tempo rimossa dalla memoria comune: il 2 giugno 1962, nella città di Novocherkassk – e, se estendiamo lo sguardo su una scala più larga, nell’intera Russia Sovietica – ideale e realtà dei fatti cominciano ad entrare ufficialmente in collisione. La guerra sta scomparendo dal ricordo collettivo, e con essa anche coloro che ne presero parte. Stalin è morto, la carestia e l’aumento dei prezzi causano malcontento nella popolazione. Difficile stabilire, almeno di fronte alla pellicola, se si tratti di disillusione o se non si tratti invece della sua esatta antitesi: quando gli operai di una fabbrica di locomotive entrano in sciopero, nessuno di loro sembra presagire ciò che succederà. Lyudmila (Julia Vysotskaya) è un membro del partito comunista locale e vive nella totale consacrazione all’universo in onore del quale un tempo, insieme al compagno defunto, ha combattuto. Sua figlia Svetlana (Julija Burova), tuttavia, fa parte di un’altra generazione – una generazione nata dal conflitto ma cresciuta conoscendone soltanto le orme: per lei, Ideale e Stato non corrispondono affatto e anzi, la sua fiducia nei confronti della Causa sembra imporle di cambiare le forme che quest’ultima riveste in termini sociali. La piccola Svetka usa le parole “democrazia” e “diritti dei lavoratori” con un’ingenuità impressionante solo a posteriori, e non siamo sicuri se l’atteggiamento irritato della madre sia causato dalla stessa schietta lealtà dimostrata nei confronti dell’apparato, o se la donna non sia invece parzialmente consapevole di cosa effettivamente sia l’apparato. Il resto della storia, oggi, lo conosciamo: la protesta si estende, il governo ordina di aprire il fuoco sulla folla, la città viene isolata, i nomi dei morti cancellati. E, come Aida, anche Lyudmila si ritroverà a correre fra mondi dissimili cercando di salvare il salvabile o, quantomeno, di ricollegare le tracce lasciate dalla figlia scomparsa.

Konchalovsky dipinge una realtà tutta in bianco e nero, ma dietro ai dissidi cromatici di questo alternarsi fra luci ed ombre non c’è nessun intento estetico: la cinepresa documenta gli eventi insinuandosi al di là del sipario posto fra popolo e burocrazia, seguendo il turbolento percorso "a ritroso" della protagonista. La ricerca di Svetlana si tradurrà in un viaggio all’indietro: nella memoria del padre come nella sua è ben presente il conflitto che intercorre fra l’utopia e le sue possibilità di realizzazione, spesso e volentieri tradite.
Questa presa di coscienza non determina nessuna rinuncia a nessun ideale, ma testimonia un cambiamento profondo tanto nella donna quanto nel cosmo ch’essa rappresenta.
Nel frattempo, per le strade s’imbocca la via opposta – quella dell’oblio, esemplificata dalla colata d’asfalto che copre il sangue dei feriti, o dal ballo organizzato proprio nel punto in cui poche ore prima marciavano i manifestanti. La violenza con cui la rivolta viene frettolosamente repressa s’inscrive nell’eloquenza delle immagini, nei corpi ammassati in obitorio e poi fatti sparire, nella spontanea naturalezza con cui i partecipanti dichiarano alle autorità d’aver preso parte allo sciopero, ignari delle conseguenze.

Come una formula sempre uguale e sempre diversa, ritorna la guerra, questa volta nei panni di arresti sommari e condanne taciute. Tutto viene spaventosamente registrato e secretato nei dossier – elenchi e liste simili, per certi versi, a quelli di fronte ai quali si ritrova l’antieroina di Jasmila Žbanić. Anche Lyudmila dovrà fare i conti con la logica del compromesso, cercando di rimanere in equilibrio pur spingendosi oltre.


CAST & CREDITS

(Dorogie Tovarischi!); Regia: Andrei Konchalovsky; sceneggiatura: Andrei Konchalovsky, Elena Kiseleva; fotografia: Andrey Naidenov; montaggio: Sergei Taraskin, Karolina Maciejewska; interpreti: Julia Vysotskaya (Ljudmila Sëmina), Vladislav Komarov (Loginov), Andrei Gusev (Viktor), Yulia Burova (Svetlana "Svetka" Sëmina), Sergei Erlish (padre di Ljudmila) ;produzione: Alisher Usmanov, Andrei Konchalovsky Studios (Andrei Konchalovsky); origine: Russia 2019; durata: 120’


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