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Addii - Mariangela Melato

Pubblicato il 12 gennaio 2013 da Antonio Valerio Spera


Addii - Mariangela Melato

Fascino. Un fascino che emanava da quei suoi enormi occhi incastonati in un viso bello ma imperfetto, che trapelava dal suo portamento elegante se non addirittura maestoso, che lasciava un segno indelebile nelle pellicole che interpretava, che le permetteva di tenere da sola un intero spettacolo teatrale. Un fascino magnetico. Era forse questo l’aspetto che ha reso Mariangela Melato l’attrice che è stata. Una professionista che non ha mai fatto differenza tra cinema, teatro e televisione, che guardava la recitazione come un mestiere dell’anima, a prescindere dal mezzo che avrebbe sfruttato il suo talento. Portentosa sul palcoscenico, da Ronconi fino a Garinei e Giovannini, indimenticabile sul grande schermo , con Avati, Wertmuller, Monicelli, Petri, Citti, un brillante nella bigiotteria televisiva sia con il varietà che con gli sceneggiati e i film-tv, la Melato è stata un’attrice maiuscola, una delle grandi “signore” della scena italiana, capace di sfaccettare anche i personaggi meno complessi. Poliedrica, versatile sarebbero gli aggettivi più scontati da accostarle. Il suo pregio maggiore risiedeva non tanto nella facilità con cui sapeva passare da un ruolo ad un altro, da una tonalità alla sua opposta, dal dramma alla commedia al grottesco, quanto in quel sublime equilibrio in cui lasciava crescere le sue interpretazioni: la recitazione della Melato era alta, altissima, di un registro quasi inarrivabile, ma allo stesso tempo diretta, schietta, sincera, vera, popolare. In ogni suo personaggio ritrovavi, in una fusione compatta, la tragedia interiore di Medea così come la veracità del proletariato, sullo schermo come a teatro la Melato scuoteva il pubblico costruendo sapientemente un labile e spiazzante filo che divideva invisibilmente straniamento e totale immedesimazione. Un modo di recitare unico, sorretto da una fisicità energica, dirompente, sempre protagonista. Ma probabilmente era lo sguardo l’arma più potente della sua arte: dai suoi occhi si sprigionava una grande tecnica recitativa ma dietro ad essa era pronta ad esplodere la verità dei sentimenti umani.
“Era la più brava”, ha dichiarato oggi dopo la sua scomparsa l’amica di sempre Lina Wertmuller, la regista cinematografica che probabilmente ha sfruttato al meglio le potenzialità recitative della Melato. Il cinema grottesco della Wertmuller era l’habitat naturale per un’attrice come lei. Un cinema costantemente in bilico tra la realtà e la sua rappresentazione iperbolica, un cinema riflessivo che celava l’essenza “politica” dietro la sua facciata di commedia deformante e che esplodeva di teatralità. In esso la Melato si muoveva da straordinaria mattatrice, da regina indiscussa, regalandoci performance memorabili. Insieme a lei, il suo perfetto partner, tanto contraltare quanto omologo maschile, Giancarlo Giannini, meno elegante della Melato, ma allo stesso modo irruente, ruvido, vitale. Rimarrà impresso per sempre nella nostra mente lo scontro di classe di Travolti da un insolito destino, ma ci porteremo nel cuore anche l’improbabile storia d’amore proletaria di Mimì metallurgico e l’affresco sovversivo di Film d’amore e d’anarchia.
Da una parte quindi la Wertmuller e Giannini, dall’altra Elio Petri e Gian Maria Volontè, con cui girò due capolavori indiscussi del cinema politico italiano: La classe operaia va in Paradiso e Todo modo. Due espressioni estreme dell’insoddisfazione sociale dell’Italia degli anni ’70 nel perfetto stile del suo autore, più esplicito, scomodo e diretto della Wertmuller ma come lei amante di un cinema in grado di trascendere il quotidiano pur vivendo di esso e delle sue problematiche. Un cinema che stava perfettamente addosso all’attrice milanese scomparsa quest’oggi nella capitale dopo una lunga malattia. Perché l’impegno sociale che animava queste pellicole era lo stesso di cui viveva anche lei. Una donna sensibile, grintosa, spinta dalla voglia di migliorare il suo paese, di farlo crescere. Lei faceva il suo, e lo faceva alla grande, con il teatro, con il cinema, con l’arte. E lo ha fatto fino alla fine. Poco tempo fa, a seguito dei tagli alla cultura, la Melato definì l’Italia “un paese di merda”. Oggi che anche lei se n’è andata, sarà ancora peggio.


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