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Ost _ Paycheck

Pubblicato il 19 marzo 2004 da Alessandro Izzi


Ost _ Paycheck

Molto belle e molto ardue le musiche che John Powell ha composto per il futuribile Paycheck di John Woo. Belle per le accorte variazioni ritmiche, per l’uso intelligente di un’orchestrazione quanto più possibile trasparente (ma mai stereotipata) e per il respiro sinfonico di molti momenti ispirati; ardue per la complessità strutturale dei richiami tematici (e i temi si riducono spesso a brevissimi incisi melodici di difficile riconoscibilità) e per la capacità invidiabile di far convivere, spesso all’interno di uno stesso brano, cifre stilistiche tra loro apertamente antitetiche. Le due anime opposte della composizione sono esemplarmente espresse già in sede di orchestrazione con la voluta giustapposizione (che non si risolve mai in un’aperta contrapposizione) tra l’intensità sonora di una classica compagine sinfonica (qui abbondantemente dominata dal timbro cantabile degli archi) e una notevole campionatura di suoni elettronici. Ne viene fuori una colonna sonora di stampo classico, in alcuni momenti molto hermanniana, ma dal gusto aggiornato alle nuove tecnologie. Se, nel film, il regista sembra non essere minimamente interessato agli aspetti fantascientifici del suo racconto e concentra tutta la sua attenzione sul versante giallo della vicenda (realizzando, con questo, un sentito ed intelligente omaggio al cinema di Hitchcock), allo stesso modo la musica cerca di porsi come vero e proprio sostegno strutturale delle dinamiche poste in atto dal più puro dei thriller. Largo spazio, quindi, al commento dell’azione, attenzione per i risvolti romantici del racconto e scarso interesse per un’integrazione coerente con gli spazi e gli ambienti che ospitano i vari eventi narrati e che hanno una mera funzione drammatica (servono, in altre parole, ad incanalare l’emotività dello spettatore come il Monte Rushmore in Intrigo internazionale di Hitchcock). Insomma un preciso rispetto delle convenzioni di genere che forse sarebbe piaciuto a Dick (autore del racconto da cui è tratto il film), ma che, tendenzialmente, sacrifica un po’ troppo l’aspetto filosofico della pagina scritta. Già il track 1 (Main title) può farci da esempio per comprendere fino in fondo questa feconda serie di contraddizioni interne. Aperto dallo strano connubio tra le figure discendenti dei violini e i suoni distorti del sintetizzatore, il brano non tarda a dichiarare all’ascoltatore la sua anima percussiva e visceralmente non melodica. Eppure, nell’incedere ritmico intenso (che in certi modi si ricollega, seppure alla lontana, a certe esperienze della musica dance), sembra nascondersi qualcosa di segno totalmente diverso, la cifra malinconica di un discorso altro che è reso dalle improvvise sospensioni dei moti sospirosi dell’intera sezione degli archi che vengono volutamente posti in aperta contraddizione con l’ostinato ora rabbioso ora più mesto delle percussioni. Bisogna aspettare appena un minuto e ventiquattro per assistere, poi, ad un radicale mutamento dell’atmosfera musicale, sancito da un pedale delicato degli archi acuti su cui si innesta il moto romantico del pianoforte. È in questo momento che la vocazione hermanniana della musica si rivela in tutto il suo splendore con un momento che potrebbe essere uscito direttamente dalla penna dell’autore delle musiche di Vertigo. Di qui in poi, nel corso dei quarantotto minuti di musiche offerte dal CD sarà tutto un profluvio di soluzioni via via più originali. Se il pianoforte, ad esempio, concentra tutta la sua azione in brevi momenti concertanti, fungendo spesso da mero raddoppio di altre parti dell’orchestra, intervengono, verso la fine, i track 9 (I don’t remember) e 10 (Tomorrow’s headline) a ricordarci la vocazione melodica dello strumento. Se il primo è un’intensa Reverie che sembra partorita dal Ravel del Concerto in sol, la seconda, pur forgiata nella stessa temperie espressiva, dà preponderante importanza alla sezione orchestrale e si avvia presto vero un incremento contrappuntistico dal sapore quasi elfmaniano che chiude in una perorazione orchestrale trasparente come una pagina di Horner (ricordate le bellissime musiche di Deep Impact?). Eccellentemente hermanniani sono i track 5 (Mirror message) aperto da viole e violini a la maniere de Psycho e molti momenti del track 3 (Wolfe pack) specie quando la tromba prende, in primo piano, il tema principale. Inaspettato e splendidamente scritto il track 14 (Rachel’s party): un movimento di serenata per archi dal sapore classicheggiante e romantico. In complesso una delle migliori colonne sonore di questi ultimi anni.

Autore: John Powell; Titolo: Paycheck; Etichetta: Varese Sarabande

Tracklist:

1) Main title 2) Items 3) Wolfe pack 4) Crystal balls 5) Mirror message 6) Imposter 7) Hot chase part 1 8) Hot chase part 2 9) I don’t remember 10) Tomorrow’s headlines 11) Future tense 12) Fait accompli 13) The finger 14) Rachel’s party

[marzo 2004]


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