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OST - Armstrong & Rahman: Elizabeth, The Golden age

Pubblicato il 6 novembre 2007 da Alessandro Izzi


OST - Armstrong & Rahman: Elizabeth, The Golden age

Forse un confronto sia pure superficiale tra le musiche composte da David Hirschfelder per il primo Elizabeth e quelle composte da Craig Armstrong e A.R. Rahman per The Golden age può aiutarci a capire il perché del sostanziale fallimento estetico del secondo film.
Mentre, infatti, per lo score del primo episodio della saga dedicata alla Regina Vergine il compositore aveva ritenuto opportuno cercare di adeguarsi ad uno stile compositivo che fosse il più possibile simile a quello della musica del periodo elisabettiano (con precisi riferimenti alle composizioni di Dowland, di William Byrd e di Susato), gli autori del soundtrack del secondo film hanno pensato bene di svincolare la propria opera da ogni riferimento al contingente storico interno al film per affidarsi ad una musica i cui riferimenti spaziano indifferentemente dalla maniera minimalista tra Glass, Nyman ed Arvo Pärt (evidente nel primo track su cui sarà opportuno ritornare più avanti) sino ad un’enfasi da grande orchestra ottocentesca corretta qua e là dall’utilizzo di strumenti elettronici (secondo una prassi di ibridazioni che Armsotrong aveva già sperimentato, da solo, nel comporre le musiche di un film anomalo come Plunkett e MacLane).
I risultati non potevano essere più diversi. Hirschfelder puntava il suo lavoro su una dimensione decisamente filologica, contestualizzando, nel corpo palpitante del film, tutta una serie di brani dal sapore decisamente cameristico, caratterizzati da un largo impiego di strumenti d’epoca (in particolare liuto e consort di viole) e di ascolto non sempre facile. Al contrario Craig Armstrong e A.R. Rahman si affidano ad un percorso musicale assolutamente extra storico. Rappresentano, in un certo senso, lo sguardo dell’uomo contemporaneo sulle vicende narrate all’interno del film. In questo modo se nel primo Elizabeth assistevamo al tentativo sincero (sia musicale che registico) di entrare nella psicologia e nel modo di pensare di personaggi storicamente definiti e sostanzialmente “figli del loro tempo”, nel secondo caso quello che abbiamo di fronte è un film assolutamente contemporaneo recitato, però, “in costume”. Lo sforzo dei compositori, come pure quello del regista, non è, quindi, qui, quello di cogliere una realtà precisa, quanto piuttosto quello di parlare di temi assolutamente contemporanei (la difficoltà di gestire il Potere, l’orrore e la violenza prodotti dai fondamentalismi religiosi) utilizzando, nel farlo, i filtri deformanti dell’epica.
Ne vien fuori un discorso tutto di superficie, dove il falso storico è all’ordine del giorno sia sul piano narrativo (è il caso di così tanti momenti del racconto che diventa quasi superfluo il sottolinearli) tanto dal punto di vista musicale. Lo dimostrerebbe ad abundantiam l’impiego, nella composizione del track 18 di precisi riferimenti alla muisca haendeliana (la logica è quella di un Coronation anthem: genere nel quale Händel fu supremo) che se da un lato sembrerebbero voler riportare la musica ad un preciso contesto storico, dall’altro però fanno riferimento ad un modello musicale posteriore al periodo elisabettiano e decisamente legato ad un discorso di celebrazione monarchica che associamo immediatamente alla corona inglese (Händel, del resto è l’autore del celeberrimo Hallelujah), ma che ha poco a che spartire con la realtà di Queen Elizabeth.
Ma passiamo ora ad un esame più attento di alcune tracce dello score. Avevamo già accennato ai riferimenti al minimalismo che permeavano il primo track (Opening) che posto in apertura del CD trova, nel film, la sua naturale collocazione, paradossalmente, nei titoli di coda. Ciò che su disco ha funzione di ouverture è, in pellicola, solo il segno sonoro di un epilogo trionfale.
Il brano è letteralmente dominato dalle figurazioni arpeggiate di un violino solista che, con un’idioma che a tratti rievoca la sonorità piena degli assolo del Concerto per violino di Philip Glass, mentre, per il resto, sembra voler ripercorre in citazione quasi letterale le figurazioni che sono alla base del celeberrimo Tabula rasa di Arvo Pärt, costruisce per l’ascoltatore un clima di opulenza sonora che è perfetto correlativo del regno elisabettiano. Il brano, nella sua costruzione ad effetto, ha una sapienza manierata che a momenti sembra quasi rasentare, più che la citazione diretta, il plagio vero e proprio, ma già ci consegna quelli che sono i tratti distintivi dello score: grandeur orchestrale, ma sostanziale povertà di ispirazione.
Povertà che diventa quasi imbarazzante in tutti quei track in cui, abbandonati i lidi sicuri del linguaggio sinfonico (con cui è sempre possibile, per qualsiasi compositore, barare), ci si addentra in esperimenti caratterizzati dall’impiego di strumenti elettronici.
Se l’impiego di chitarre spagnole trova una sua giustificazione nella descrizione manichea della realtà del paese dal quale provengono (realtà sempre caratterizzata da toni scuri e ritmi militareschi), ci sentiamo più dubbiosi quando ascoltiamo il dilruba indiano (uno strumento cordofono tipico dell’India settentrionale) o quando veniamo immersi in atmosfere alla Lord of the rings (Divinity theme) che hanno la loro sola ragion d’essere nel fatto che Cate Blanchett era, nella trilogia jacksoniana, l’interprete di Galadriel.
Certo diremmo una bugia se non ammettessimo che il tema fondante dello score (affidato all’orchestra nel primo track e poi variato efficacemente in altri momenti) è poco efficace, come sarebbe menzogna non ammettere che i cori soprattutto hanno una magniloquenza trascinante. Ma in questi elementi si coglie appieno solo il senso di un lavoro sui cliché del genere, non certo il motivo di una sostanziale originalità di pensiero. Ed è proprio questo che manca allo score, ottimamente artigianale, di Elizabeth – The golden age.


Autore: Craig Armstrong e A.R. Rahman
Titolo: Elizabeth – The Golden age
Etichetta: Decca

Tracklist:1) Opening 2) Philip 3) Now You Grow Dull 4) Horseriding 5) Immensities 6) Bess And Raleigh Dance 7) Mary’s Beheading 8) End Puddle/Possible Suitors 9) War/Realization 10) Destiny Theme 11) Smile Lines 12) Bess To See Throckmorton 13) Dr. Dee Part I 14) Horseback Address 15) Battle 16) Love Theme 17) Divinity Theme 18) Storm 19) Walsingham Death Bed 20) Closing


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