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OST - DONNIE DARKO

Pubblicato il 17 ottobre 2005 da Alessandro Izzi


OST - DONNIE DARKO

L’universo sonoro di Donnie Darko è completamente dominato da un’idea di contaminazione di registri stilistici tra loro spesso antitetici e inconciliabili che non vengono mai, però, messi in urto reciproco, ma che vengono, anzi, spinti in una sorta di utopica convivenza stilistica. Non deve stupire, quindi, la coesistenza, all’interno anche di una stessa traccia, di soluzioni atonali e di atmosfere da musica quasi sperimentale con abbandoni melodici di carattere squisitamente neoromantico assegnati prevalentemente alla parte pianistica. E’ da dire, comunque, che in questo caso particolare, la convivenza quasi schizofrenica tra umori ed idee musicali contraddittorie risponde in maniera molto efficace all’esigenza di restituire in chiave squisitamente musicale la mentalità dissociata del protagonista della pellicola, che vive sulla propria pelle amplificata la classica frattura adolescenziale tra un mondo inconoscibile (che è, al tempo stesso quello degli adulti e quello del proprio corpo in cambiamento) e un disperato anelito al romanticismo e alla sete di affetti reali e duraturi che sciolgano le ferite doloranti del proprio io in una pacifica accettazione di se stessi e degli altri. Ovviamente il generale mood sonoro è estremamente dark, con un’orchestrazione che predilige i toni scuri e bruniti degli archi gravi e degli ottoni, ma che non disdegna il ricorso a campionature elettroniche. Ne viene fuori una generale atmosfera di incontrastata apocalisse, con brani cui sembra essere estranea qualsiasi idea tematica (track 2: The tangent universe, oppure track 6: Philosophy of Time Travel) secondo una disposizione del materiale tematico per fasce distinte che sembra essere molto debitrice del Ligeti di certa musica vocale, ma che richiama anche certi film di fantascienza di serie B dove il grosso del lavoro musicale è tutto assegnato al sintetizzatore e dove, spesso, la penuria tematica è conseguenza più dell’inettitudine del compositore che di una precisa scelta stilistica. In questo caso, comunque, i momenti di rifiuto del tematismo tradizionale servono essenzialmente a dotare la visione della tristezza e della mostruosità della provincia americana dell’era reaganiana (ma anche contemporanea) di toni ambigui e stranianti più affini al film horror o fantascientifico (non a caso Ligeti era stato utilizzato da Kubrick sia per 2001 che per Shining) che non agli abituali teen movies da cui Donnie Darko riprende non pochi stilemi. Questo sguardo triste sulle contraddizioni della provincia trova forse il suo momento più lucido nell’ottima track 5 (Manipulated living) che parte con distorsioni elettroniche del suono puramente atmosferiche per poi avviare un’inesorabile ripetizione di un breve inciso tematico,quasi a rendere il tono ossessivo di una vita di provincia perennemente chiusa in una routine apparentemente sana che cela, al suo interno, un orrore senza fine. Una scelta quasi elfmaniana, quest’ultima, cui manca però la sana ed irridente ironia del compositore delle maggiori pellicole di Tim Burton. Altrove una forte vena di sentimentalismo irrompe nel tessuto orchestrale portando a risultati inaspettati, come nel caso dell’inciso pianistico che apre i track 8, 10 e 12 (entrambi associati alla figura di Gretchen), con la sua semplicità alla Satie perfetto preludio sia all’elaborazione per voci femminili della prima traccia, sia all’inaspettata ripresa del percussivo track 5 della seconda che ai suoni ambigui della terza efficacemente cadenzati dal breve e mesto ritorno del pianoforte. Se il track 11 (Rosie Darko) indulge brevemente in un delicato patetismo cui non è estraneo anche il track 16 (Did you know him?) è in altri momenti che dobbiamo cercare soluzioni più originali come nell’idea da walzer che pervade sia il godibile track 7 (Liquid spear waltz) che la parte conclusiva del più pregnante track 14 (Waltz in the fourth dimension). Non manca, ovviamente, secondo una propensione tipicamente americana, una canzone finale destinata a chiudere un disco, comunque, molto interessante, e che conferma la propensione ad un mood scuro e per niente rassicurante: una doppia versione di Mad World che rimanda, anche nel testo, ai turbamenti dell’adolescenza e al difficile rapporto tra giovani ed istituzioni.

Autore: Michael Andrews; titolo: Donnie Darko; etichetta: Everloving

Tracklist:

1) Carpathian Ridge 2) The Tangent Universe 3) The Artifact - ving 4) Middlesex Times 5) Manipulated Living 6) Philosophy of Time Travel 7) Liquid Spear Waltz 8) Gretchen Ross 9) Burn it to the Ground 10) Slipping Away 11) Rosie Darko 12) Cellar Door 13) Ensurance Trap 14) Waltz in the 4th Dimension 15) Time Travel 16) Did you Know Him? 17) Mad World 18) Mad World (remix version)

[gennaio 2005]


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