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Ost - Eternal sunshine of the spotless mind

Pubblicato il 17 ottobre 2005 da Alessandro Izzi


Ost - Eternal sunshine of the spotless mind

La persistenza e la memoria sono i temi di fondo dai quali muove Jon Brion per impaginare la suggestiva colonna sonora del film di Michel Gondry Eternal sunshine of the spotless mind. L’insostenibile impalpabilità del ricordo, il sentimento di ineluttabilità insito nella consapevolezza matura e sofferta che tutti quanti noi dobbiamo raggiungere prima o poi, della fine di ogni sentimento (anche e soprattutto di quell’amore che si auto proclama immortale) trovano espressione indelebile nelle composizioni dell’autore americano. Sulla base di un progetto utopico, Brion compone delle musiche profondamente intrise di autentico senso del tempo avverando, con grande sicurezza autoriale, l’Utopia della Musica come arte del Trascorrere e, al tempo stesso, della rimembranza. Con composizioni spesso lancinantemente aforistiche (molti brani non superano il minuto di durata, uno resta legato ad appena una quindicina di secondi) che danno fin troppo evidentemente il senso della fugacità delle cose e lo spirito transeunte del sentimento, il compositore costruisce a poco a poco una suite per orchestra e canzoni che, pur rimanendo profondamente legata alla pellicola di cui deve essere il commento sonoro, riesce a mantenere un’invidiabile senso di compattezza anche per quell’ascoltatore che non ha visto il film. Tale compattezza è determinata prima di tutto da una geniale circolazione di materiale tematico tra un brano e l’altro, da un ritorno di atmosfere e di elementi della strumentazione che si rincorrono seguendo una precisa strategia poetica che lascia decisamente ammirati vista la brevità che, come abbiamo accennato, costituisce la cifra espressiva di molti momenti della tracklist. In questo modo le composizioni di Brion assumono spesso un valore anticipativo rispetto alla canzone poi ospitata nel disco, come, altre volte, finisce per assumere una dimensione di postilla, di commento o di suggello, ora ironico ora commosso, a quanto appena ascoltato. Se la brevità di alcuni brani rimanda direttamente alla fugacità del momento, l’accorto lavoro sull’organizzazione del materiale e il continuo ricorso a distorsioni elettroniche del suono che raggelano le note sul vuoto del silenzio, come pure l’uso di pedali orchestrali che si prolungano in volute accordali restituiscono in maniera vibrante il tema del ricordo e il disperato anelito del protagonista a conservare memoria della sua storia personale (che è poi il tema universale dell’Uomo legato alle sue leopardiane rimembranze). Tutto questo è già esemplarmente restituito nello splendido track 1 (Theme) che apre il disco e condensa espressivamente sia il tema di fondo sia l’atmosfera magica di tutta la composizione. Qui, sul tappeto armonico costruito sul pizzicato di un contrabbasso e sui suoni distorti del sintonizzatore (che resteranno protagonisti assoluti negli ultimi secondi del brano) si innestano i timbri percussivi di un pianoforte e di uno xilofono che presentano una melodia dal sapore quasi infantile, ironica e commossa a un tempo, che si presta ad essere sia un efficace correlativo sonoro della capricciosità del personaggio principale, sia della delicatezza impalpabile del sentimento. La dimensione infantile tornerà anche nello splendore di una delle canzoni più belle di tutto il soundtrack: la toccante track 4 dei Polyphonic Spree, Light and day dove al doppio maschile si aggiunge il raddoppio di una voce bianca mentre l’orchestra sfida complessità sinfoniche e arguzie contrappuntistiche (si ascolti la parte acidula della tromba) che ricordano più Ives che il normale pop. Vette di disperata intensità sono raggiunte nei pregnanti track 3, 5 (significativamente priva di cadenza) e 22 (Row) dove si riconosce la mano del compositore di Magnolia. Certo non mancano (e non potrebbe essere altrimenti) momenti di carattere squisitamente espressionista come nell’elaborato track 17 (A dream upon waking) che parte come un divertimento per fiati caratterizzato da un’ironia asprigna alla Strawinski per poi scivolare in un parossismo da musica concreta in cui trovano posto campionature di suoni elettronici assai efficaci. Un preludio ideale alla successiva canzone (che conserva della traccia precedente un breve inciso tematico) cantata dallo stesso Brion: Strings that tie to you (track 18). Ancora è tipico di Brion il ricorso all’ostinato che muove un po’ tutte le ultime tracce, in particolare l’eccellente track 23 (Drive in), ma anche la chitarristica traccia 25 (Spotless mind). Il tutto, infine, si chiude nella significativa e quanto mai delicata track 26 (Elephant parade) che non chiude, ma resta aperta in un accordo sospeso come le nostre vite e i nostri desideri sul vuoto di un baratro che solo noi siamo in grado di riempire di senso.

autore: Jon Brion; titolo: Eternal sunshine of the spotless mind; etichetta: Hollywood Records

Tracklist:

1) Theme 2) ELO: Mr Blue Sky 3) Collecting things 4) The Polyphnoc Spree: Light and day 5) Bookstore 6) The Polyphonic Spree: Its the sun 7) Lata Mangeshkar: Wada Na Tod 8) Showtime 9) Beck: Everybody’s gotta learn something 10) Sidewalk flight 11) Don Nelson: Some kinda shuffle 12) Howard makes it all go away 13) The Willotz: Something 14) Postcard 15) The willotz: I wonder 16) Peer pressure 17) A dream upon waking 18) Strings that tie to you 19) Phone call 20) Don Nelson: Nola’s bounce 21) Down the drain 22) Row 23) Drive in 24) Main title 25) Spotless mind 26) Elephant parade [dicembre 2004]


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