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OST - Gian Franco Plenizio & Enrico Pieranunzi: Liberi armati pericolosi

Pubblicato il 7 gennaio 2009 da Alessandro Izzi


OST - Gian Franco Plenizio & Enrico Pieranunzi: Liberi armati pericolosi

La retorica musicale del film di genere di stampo americano prevedeva, negli anni ’70 soprattutto, che l’ambiente cittadino, in specie quello dei ghetti, delle periferie più degradate e degli ambienti suburbani dovesse avere come necessario correlativo sonoro brani dalla precisa coloritura jazz.
Nella realtà americana questa scelta, a suo modo istintiva e per questo candidamente ingenua, aveva una precisa connotazione di carattere sociologico: poiché i ghetti erano prevalentemente popolati da persone di colore era giocoforza che anche la musica ad essi assegnata fosse, a suo modo, “di colore”. E niente si prestava, meglio del jazz, a definire l’ambiente sonoro di queste pellicole perché il jazz era, appunto, la musica dei locali notturni addensati di fumo e dell’odore dell’alcool, era la musica delle radio e dei giradischi che spalmava, tra le ombre dei vicoli oscuri e sotto le scale antincendio, un uniforme veste sonora capace di cantare il degrado e anche la speranza di tempi migliori.
Non è un caso che il principale artefice di questa consapevole scelta sonora sia stato Lalo Schifrin, autore delle musiche di L’ispettore Callaghan, ma anche dei meravigliosi brani di Tango di Carlos Saura: due registri (il jazz con precise vocazioni fusion e funk e il tango) nati nei ghetti e nei bordelli e poi assurti a maggiore dignità artistica.
Il poliziesco, grazie a questa scelta musicale che non è motivata solo dal bisogno di una certa adesione realistica all’ambiente, ma che tenta piuttosto di costruire uno stereotipo musicale facilmente riconoscibile per il pubblico, finisce per questo per far propri alcuni aspetti tipici della musica jazz: una certa impressione di libertà improvvisativa (che diventa strutturale solo in mano a registi del calibro di Altman) e la forte dimensione connotativa di un protagonista/solista che si staglia al di sopra di un contesto sociale contro cui combatte in assoluta solitudine, consapevole sempre che la sua azione non potrà mai cambiare le storture del mondo.
Nell’importare il genere poliziesco in Italia i produttori non si limitarono a portarsi a casa un modello narrativo con una sua grammatica e le sue regole peculiari, ma misero in valigia anche alcuni aspetti apparentemente più marginali e secondari. Essi la stessa cosa che avevano fatto appena un decennio prima con il western e poi con l’horror, con la sola differenza che mentre i film di Leone digerirono il modello americano esaltandolo nel parossismo barocco e facendone qualcosa di nuovo, nel caso del polizziottesco l’azione di digestione del modello fu più invisibile e meno perturbante. Sicché i film italiani modellati sulle storie di polizia e sulle sparatorie americane si adeguarono al modello in maniera più supina limitandosi ad incrementare la base di violenza (sull’onda delle paure prodotte nella società italiana dagli anni di piombo, ma anche in risposta al montare dell’ondata horror che vedeva già l’esordio argentiano). Il nostro cinema cominciò, quindi, ad affollarsi di pellicole ambientate nelle periferie delle nostre capitali (Roma, Milano), nei locali malfamati pieni di spacciatori e prostitute che si muovevano sinuosi sull’onda di suggestioni che rimasero tenacemente jazz, con qualche aggiornamento nel gusto e nello spirito.
È così anche la colonna sonora, pregevole nella sua maniera esibita, di Liberi armati e pericolosi. Sin dall’inizio la vocazione jazz si esprime in un tema (quello principale riproposto, nel corso del non lunghissimo score, in una serie di variazioni mai tanto elaborate dal renderlo irriconoscibile) che è profondamente americano nel fraseggio, ma sufficientemente italiano nello spirito. Al suo interno si incrociano suggestioni diverse che definiscono lo spazio di un modello ibrido adattabile a varie suggestioni. L’incipit, ad esempio, nell’affidare il tema all’armonica accompagnata dalla chitarra parrebbe essere un non celato omaggio alla stagione ormai calante dello spaghetti western.

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Più avanti, però, l’entrata in scena del pianoforte jazz contraddice questo spunto iniziale riportando il brano ad atmosfere più spiccatamente urbane.

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Una vocazione che viene riconfermata dagli squilli degli ottoni posti quasi a suggello del brano a rendere il senso smaltato di un’esecuzione che da solare (scelta inaspettata per un film di questo genere) diviene improvvisamente brillante.
Più aderente alla tradizione e ai topoi del genere è la sezione mediana e dissonante del track 2 dove il tema viene piegato a rendere la dimensione malferma di un mondo che sta perdendo di vista i sani valori della tradizione.

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Man mano che lo score avanza l’armonica a bocca viene sostituita sempre più dal pianoforte che si lancia in perorazioni solistiche via via più convinte con una ritmica forte e ben individuata. Di eccellente gusto, ad esempio, l’apporto pianistico conferito all’intero track 4 di cui ascoltiamo un breve estratto.

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Di qui in poi scegliere diventa difficile perché son davvero belli i momenti solistici del flauto protagonista del track 5

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o il brillante duetto che la tromba instaura, nel track 8 col il sax.

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La vera sorpresa interviene semmai più avanti quando le atmosfere jazz vengono totalmente accantonate per far spazio ad una sapiente imitazione barocca con un vero e proprio brano da sonata per flauto con basso cembalistico che in parte si rifà al modello bachiano in parte riprende suggestioni vivaldiane. Un momento talmente inaspettato da apparire quasi rivoluzionario (track9).

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La scelta classicista interverrà altre volte nel corso dello score sempre legandosi alla maniera delle sonate per strumento solista monodico in momenti di grande suggestione sonora e di sapiente padronanza della forma e dello stile.
Insomma Liberi armati e pericolosi di Gianfranco Plenizio e Enrico Pieranunzi ci pare opera estremamente interessante anche se può ingenerare impressione di ripetitività per l’ascoltatore meno attento.
Completa la proposta editoriale un bel piegatino interno ed un’intervista video a Plenizio che già da sola varrebbe l’acquisto del cd.


Autore: Gian Franco Plenizio & Enrico Pieranunzi
Titolo: Liberi armati pericolosi
Etichetta: Beat records

Tracklist: 1) Liberi armati pericolosi seq. 1 2) Liberi armati pericolosi seq. 2 3) Liberi armati pericolosi seq. 3 4) Liberi armati pericolosi seq. 4 5) Liberi armati pericolosi seq. 5 6) Liberi armati pericolosi seq. 6 7) Liberi armati pericolosi seq. 7 8) Liberi armati pericolosi seq. 8 9) Liberi armati pericolosi seq. 9 10) Liberi armati pericolosi seq. 10 11) Liberi armati pericolosi seq. 11 12) Liberi armati pericolosi seq. 12 13) Liberi armati pericolosi seq. 13 14) Liberi armati pericolosi seq. 14 15) Liberi armati pericolosi seq. 15 16) Liberi armati pericolosi seq. 16 17) Liberi armati pericolosi seq. 17 18) Liberi armati pericolosi seq. 18 19) Liberi armati pericolosi seq. 19


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