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OST - Harry Potter and the goblet of fire

Pubblicato il 6 dicembre 2005 da Alessandro Izzi


OST - Harry Potter and the goblet of fire

Harry Potter and the goblet of fire, il romanzo al momento più narrativamente mosso dell’intera serie, è, fin dall’inizio una vera e propria sfida cinematografica. Un’opera magmatica, articolatissima, ancor densa di snodi narrativi spesso accessori, di personaggi complessi e di magnifiche cavalcate della fantasia che mal tollerano la necessità di sintesi e di coerenza interna necessari alla realizzazione di un film che non superi la durata complessiva di tre ore. Ovvio, allora, che il cinema sfoderi tutti gli strumenti in suo possesso per raccontare il più possibile col minimo degli sforzi.
Quello che il romanzo può narrare con estrema dovizia di particolari deve, quindi, essere magari restituito con un’allusione, con una sorta di link ipertestuale, con un suggerimento minimale che riesca a contenere al suo interno tutto quel racconto che non può essere altrimenti enunciato per mera mancanza di tempo. In questo quadro di sintesi estrema il lavoro sulle musiche finisce per assolvere un’importanza capitale perché la colonna sonora è probabilmente la più potente attivatrice di senso che il cinema possa vantare. Spesso, infatti, una semplice allusione tematica è più che sufficiente a richiamare alla mente dello spettatore momenti e situazioni già precedentemente incontrati.
Aveva destato più di qualche preoccupazione, quindi, la notizia che a comporre le musiche per la quarta avventura del maghetto fosse stato chiamato Patrick Doyle, un solido autore di scuola scozzese a prima vista un po’ lontano dagli orizzonti fantastici che John Williams aveva sin qui conferito alla saga.
Come, infatti, riuscire a mantenere intatta la propria autonomia compositiva se gran parte dei temi principali era già stata composta ed era, oltretutto divenuta universalmente celebre? Come essere originali senza ripartire da zero facendo tabula rasa di tutto il lavoro precedente (cosa, lo ripetiamo, impossibile vista l’urgenza di sintesi e di allusività che restano il dato ineliminabile di tutta l’operazione)? Ma soprattutto, come riuscire a confrontarsi con la fantasia di una leggenda vivente come Williams che, in maniera particolare in The prisoner of Azkaban aveva raggiunto vertici espressivi inusitati? Patrick Doyle, sia detto ad onor del vero, ha risposto a queste domande nel migliore dei modi, consegnando agli annali una partitura estremamente ricca che sa calarsi nel solco dell’eredità williamsiana senza abdicare del tutto alle ragioni personali. Una colonna sonora, quella del compositore scozzese che sceglie scientemente una strada in parte già indicata da Williams stesso come direttamente percorribile per ridurre le difficoltà implicite nel lavoro seriale: una netta separazione formale tra le musiche diegetiche e quelle extradiegetiche messe in campo.
Con una differenza fondamentale: mentre l’autore americano aveva consapevolmente votato tutto il suo discorso extradiegetico sul recupero di un medioevo fantasiosamente reinventato (si pensi alla meravigliosa carola dei folletti), Doyle risospinge il proprio lavoro verso lidi più spiccatamente barocchi, al più settecenteschi. Ecco allora, spuntare una vera e propria giga di gusto irlandese ad introdurre con gustose movenze campagnole (rese dai giri dei violini sulle battute dei timpani) la scena della Coppa del Quidditch la cui particolare violenza è restituita dal successivo sviluppo del brano che evolve inaspettatamente verso vere e proprie tinte guerresche. Ecco, ancora, affacciarsi sulla scena una prelibata marcia per soli fiati (track 16: Hogwarts March) che, con il suo classico gusto da stadtpfeifer, sembra voler riconsegnare alla scuola di cui è diretta espressione un preciso territorio geografico e sociale.
Ma ecco anche spuntare la grande novità di tutto il soundtrack: i due deliziosi walzer associati a Neville e a Potter, godibilissimi nella loro scrittura sapientemente manierata (track 11 e 13).
Per quel che riguarda la musica espressamente extradiegetica è da dire che Doyle paga il suo pedaggio a John Williams fin dal primissimo track (The story continues) che, oltre a ripresentare seppur in chiave minore e con qualche variazione negli accenti l’ultracelbre Hedwig’s theme, ritrova un’orchestrazione molto williamsoniana. Frutto di un abile mestiere le belle musiche di Doyle (spesso un po’ sacrificate dallo stesso Newell che le taglia qui e lì un po’ troppo brutalmente) si accendono a tratti di grande inventiva come nell’eccellente track 5 (Foreign visitors arrive) dove viene recuperata l’atmosfera sognante della scena del primo arrivo dei protagonisti alla scuola (siamo in The philosopher’s stone) e in cui il tema principale viene dapprima riproposto in una trasparente orchestrazione di scuola francese (siamo dalle parti di Ravel) e poi risospinto verso un’enfasi da scuola nazionale post wagneriana che potrebbe ricordare Smetana. Un percorso musicale, lo si vede subito, chiamato a rendere le diversità delle scuole francese e bulgara chiamate a competere nel torneo tremaghi.
Molto bello il track 12 (Harry in winter) che recupera quel senso di malinconia che già Williams aveva tratteggiato ne The prisoner of Azkaban, quel senso di insoddisfazione e incompletezza provato da Potter che giustamente culmina nella scena dello scontro tra Harry e Voldemort nel momento del Prior Incantatio dove il tema musicale viene magicamente recuperato.
Al track 7 (Rita Skeeter) il compito di riconquistare l’ironia tipica delle pagine della Rowiling per un personaggio un po’ troppo sacrificato dalla pellicola. E un discorso analogo andrebbe fatto per Cedric, una figura cui è dedicato solo un canto funebre che appare un po’ incongruo a fronte di un personaggio che, sullo schermo, non ha avuto abbastanza tempo per vivere ed essere amato.
Ma anche per queste mancanze si ha l’impressione che a Newell non riesca ciò che invece era riuscito a Cuaron: mediare e far convivere il mondo ancora fanciullesco dei ragazzi con le preoccupazioni del mondo adulto. Si ha la sensazione che, nel film, i ragazzi crescano troppo in fretta e la sparizione di situazioni e momenti (come lo smascheramento della Skeeter da parte di Hermione o i continui giochi dei gemelli cui, nel romanzo, viene addirittura regalato il compenso della coppa tremaghi per l’apertura di un negozio di giochi) finisca per nuocere all’equilibrio complessivo della saga.

Autore: Patrick Doyle; Titolo: Harry Potter and the goblet of fire; Etichetta: Warner Bros/ Wea

Tracklist:

1) The Story Continues 2) Frank Dies 3) The Quidditch World Cup 4) The Dark Mark 5) Foreign Visitors Arrive 6) The Goblet of Fire 7) Rita Skeeter 8) Sirius Fire 9) Harry Sees Dragons 10) Golden Egg 11) Neville’s Waltz 12) Harry In Winter 13) Potter Waltz 14) Underwater Secrets 15) The Black Lake 16) Hogwarts’ March 17) The Maze 18) Voldemort 19) Death of Cedric 20) Another Year Ends 21) Hogwarts’ Hymn 22) Do The Hippogriff 23) This Is The Night 24) Magic Works


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