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OST - Mark Isham: Next

Pubblicato il 7 aprile 2008 da Alessandro Izzi


OST - Mark Isham: Next

Un nulla indistinto. Le distorsioni elettroniche di un suono pastoso eppure evanescente, creano l’impressione di una realtà instabile, incerta. Un tappeto armonico di vuoto a stento trattenuto, fatto atmosfera e ricordo da un gesto musicale votato al minimalismo più elementare.
Poi la superficie di questo caos silenzioso e quieto è increspata dall’avvento di un vibrafono che evoca niente più che un arpeggio sommesso, di quelli che farebbe un pianista malinconico ed inesperto di fronte alla tastiera con la sola voglia di pizzicare i tasti per dare suono ad emozioni troppo labili per essere definite. Ha il suono metallico di quelle vecchie sveglie d’ottone col quadrante grande e le due campane in alto che, allo scoccar dell’ora, son percosse dal martelletto con una furia che fa DRIIN, risvegliandoci dai sogni di una notte che ci impasta ancora gli occhi e la voce. Nel film, ma non nel CD, l’ascoltiamo col TIC TAC d’un orologio che segna il tempo che passa e che racconta di un’ossessione per la durata che è il tema di fondo di tutta la non bellissima pellicola. Peccato il compositore l’abbia espunto dal brano.
Queste poche note non sono ancora musica, ma l’anticipazione della musica. Non è ancora discorso, ma lo prefigura, ne avvia l’organizzazione. Il caos prende forma e si fa melodia, l’elettronica scompare e al suo posto subentra la compagine degli archi, ma non dopo che un pianoforte abbia fatto suo l’inciso metallico del vibrafono e lo abbia trasformato in tema.
Così, pian piano, l’idea si fa organismo e cresce. Si affacciano nel campo sonoro nuovi strumenti: alla percussività del pianoforte, prodigo, all’inizio, nell’uso del pedale, si aggiunge il suono legnoso dello xilofono che rilancia la scaletta di tre toni dell’inizio in un giro più volte ripetuto. Infine si inspessisce la scrittura pianistica: alle singole note si aggiungono gli accordi, la melodia si evolve in armonia fino a che l’intero discorso si trasforma in un duetto tra piano ed orchestra d’archi.
Comincia così, all’insegna dello straniamento, la colonna sonora composta da Mark Isham per Next, debole film di Lee Tamahori.
Contrariamente a quelli che sono gli stilemi vincenti del più puro action movie, infatti, l’autore delle musiche del film rifiuta l’inizio ad effetto con l’ormai classico impiego di un’orchestra testosteronica e dei ritmi più concitati, per darci l’idea di una musica che nasce nel vuoto, di un’evocazione sonora che sembra volersi fare tutt’uno con le riflessioni filosofiche (il senso del tempo, la difficoltà di definire il concetto stesso di memoria dal momento che il protagonista ha la possibilità di "ricordare" quello che ancora deve succedere) implicite nell’idea del racconto di partenza di Philip K. Dick e troppo presto dimenticate all’interno di un film debole ed inconcluso.
Un’idea forte che ritorna spesso nel corso della composizione. A partire dal track 3 (Destiny) che segna la perfetta evoluzione di queste idee iniziali (il breve inciso pianistico all’inizio e l’ostinato percussivo dello xilofono alla fine) per trasformarli in uno slancio melodico contenuto eppure intenso: una scaletta ascendente sospesa sul tremolo degli archi acuti.
Un’idea di andante che resta inalterata anche nel più ambiguo track 5 (Carlotti defines) dove il tema pianistico viene sospeso su figurazioni più tormentate, ma anche reso più nobile dal raddoppio sul pianoforte del corno inglese che spinge in profondità il tema cantabile. E’ in questa traccia, comunque, e più precisamente nella sua concitata sezione mediana, che si comincia ad evidenziare meglio che altrove, la sostanziale vocazione derivativa della musica di Isham. Qui, infatti, il gioco delle strappate degli archi con il moto quasi ondivago delle dinamiche che salgono e scendono, riprendono l’atmosfera minimalista della terza sinfonia di Philip Glass.
In realtà non c’è niente, in questo sia pur interessante score, che non ingeneri nell’ascoltatore un’impressione di deja vu (o deja ecoute). E se colpisce, all’interno di un action movie, la propensione a produrre per lo più brani lenti e dal carattere meditativo, non di meno si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un mero lavoro artigianale che solo a tratti tira fuori dal cappello soluzioni più originali.
Questa sensazione ancor vaga nei brani distesi, diventa invadente nei momenti più concitati della pellicola, quando la musica, perse di viste le suggestioni filosofiche che ancora permangono nel racconto (suggestioni, ripetiamo, bellamente ignorate dal regista), si concentra sulla pura azione diventando parte puramente accessoria al discorso.
Si pensi, in questo senso, al track 2 (Give me two minutes) per rendersene compiutamente conto.
Una decina di note appena (le ultime tre sono la stessa ribattuta) in una breve scaletta ascendente che ritorna su se stessa, costituiscono l’ossatura di questo brano dal ritmo finalmente adrenalinico. A contare qui, comunque, non è tanto il ritmo, ma il gioco di contrappunto con cui le varie parti dell’orchestra si rimpallano il breve inciso melodico: quasi un gioco di inseguimenti e rincorse nel corpo sonoro degli archi che fa da perfetta controparte alla scena in cui la polizia del casinò dà la caccia al protagonista veggente del racconto. Più che la corsa delle note è la limpida struttura matematica dell’intreccio delle voci a colpire l’ascoltatore preso in un intreccio di traiettorie sonore che mimano i percorsi del personaggio tra i tavoli da gioco per evitare la sorveglianza e guadagnare l’uscita. La ripetizione ostinata dell’inciso, la voluta rabbiosa del moto degli archi, però, ricordano troppo da vicino certe soluzioni di Gregson-Williams (o, più recentemente, di John Powell) per non farci pensare alla "maniera".
Analoga impressione fa l’impiego della tromba con sordina nel track 10 (Second and Broadway) dove lo strumento smorza il moto concitato degli archi secondo uno schema efficace, ma un poco risaputo.
Un pensiero, quello di una maniera ben padroneggiata, che ritorna costante fino alla fine del ricco CD, quando il compositore riannoda tutti i fili degli adagi precedenti in una traccia (numero 16: I Believe Anything’s possible) dal moto evanescente che chiude con un moto perentorio dell’orchestra proprio quando la musica sembrava volersi sciogliere in quella stasi silenziosa da cui era partita. L’anima da action movie trionfa così, proprio nelle ultime battute, sul lato dolente e romantico del film. Peccato!
Da tutto questo risulta un prodotto bello e coinvolgente quanto si vuole, ma quasi mai fondamentale.


Autore: Mark Isham
Titolo: Next
Etichetta: Lakeshore records

Tracklist: 1) 8:09 2) Give Me Two Minutes 3) Destiny 4) Pier 18 5) Carlotti Defines 6) A Few Minutes of Your Time 7) Multiple Point Surveillance 8) Who Knows What’s Safe 9) Breaking News 10) Second and Broadway 11) No Good Deed Goes Unpunished 12) Looking for a License Plate 13) Shadow Group 14) All Elements Execute! 15) A Show of Character 16) I Believe Anything’s Possible


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