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OST - Paolo Vivaldi: Ghost son

Pubblicato il 9 maggio 2007 da Alessandro Izzi


OST - Paolo Vivaldi: Ghost son

Per Paolo Vivaldi Ghost son è prima di tutto la storia tutta musicale della decostruzione, della degenerazione, del lento, ma inesorabile sgretolarsi di un tema e delle emozioni che esso può veicolare al proprio ascoltatore. La colonna sonora composta per il film di Lamberto Bava, quindi, si presenta all’ascolto come il trionfo della pratica barocca della variazione, come un abile gioco condotto sull’esile filo di una melodia sin troppo semplice che si srotola sotto i nostri occhi mutando incessantemente, ribaltandosi, spesso, nel suo esatto contrario.
Il tema stesso che trova la sua forma completa solo nella traccia 4 (Stacey’s theme), interviene nel corpo della composizione, con un certo ritardo e senza troppo clamore.
In rispetto a questa dimensione quasi narrativa dello score diventa, allora, fondamentale, per l’ascoltatore che voglia davvero addentrarsi nella logica del rapporto musica/immagine così come l’ha inteso il compositore, tralasciare la prima traccia (Ghost son: niente più che una sorta di ouverture al disco) e tuffarsi immediatamente e senza troppi ripensamenti direttamente sulla seconda.
Il vero inizio della colonna sonora, infatti, è proprio nel track 2 (Main titles, appunto) dove non ci è ancora dato di assistere ad una completa esposizione del tema principale, ma dove già trova spazio quella palpitazione ritmica che più tardi lo animerà, quel gioco di accordi del pianoforte (presto raddoppiato dallo xilofono) che ben si presta al clima da ninna nanna ambigua perfetta per isolare e sottolineare il primo dolly sull’esterno della casa. Su questa palpitazione ritmica prendono corpo gli accordi lunghi e tenuti degli archi (anche qui poco meno di una melodia), mentre parchi accenni dei corni (gli unici fiati previsti nell’orchestrazione) mimano a livello sonoro il senso di profondità di una notte apparentemente senza stelle. Sono, invece, le dissonanze degli strumenti etnici (per lo più percussioni) a dare il senso dell’ambientazione africana e ad anticipare parcamente il clima orrorifico della seconda parte della pellicola.
Tutt’altra atmosfera si respira nella minimalista track 3 (Flying over Africa) dove sul gioco ritmico del pianoforte e delle altre percussioni (che per certi aspetti ricorda la Mallett music di Steve Reich) si innestano i solari, ma sognanti accordi lunghi degli archi (che parrebbero provenire, invece, dalla Low Symphony di Philip Glass).
Come dicevamo il tema principale prende corpo solo nel track 4 e lo fa con un inaspettato spirito romantico (tanto presente in certe scene di Bava padre) in un totale abbandono degli archi su una tonalità minore intensamente sognante che appare sempre pronta a slanciarsi verso l’alto pur appagandosi della sua stessa intensa cantabilità. Il finale, però, e qui c’è già l’anticipazione all’epilogo fatale del racconto, non è nel pieno d’orchestra, ma in un digradare sonoro, un rarefarsi di parti orchestrali che si rimpallano la sola testa di un tema ormai incapace di dilatarsi più nella sua completa riesposizione. La morte sta già mettendo lo zampino nella musica e nella storia.
Di qui in poi comincia una digradante china musicale in cui il tema sarà sempre meno riconoscibile: appena una reminescenza remota nel finale di Hyena (la bestia entrata in casa, del resto, è un ‘segno’ della prossima sciagura come la tarantola che si era intrufolata non vista nella cassetta degli attrezzi di Mark) più riconoscibile (la testa) quando dà il via alla lontana invocazione dei corni nel track 8 (Dramatic run), molto distorta, ma quasi piena, nel track 12 (Suicide) quando emerge un po’ fuori registro al corno sul movimento compulsivo degli archi.
La pulsazione ritmica del piano è centrale, invece, nelle traccie 10 (Funeral: dove al piano si aggiungono, con esiti sinistri le percussioni africane) 11 (Back home) dove farà da base alla commossa trenodia degli archi ancora impegnati in variazioni sul tema fondamentale e 13 (The root) dove deve commentare la decisione di Stacey di portarsi in casa il tronco che potrebbe tener avvinto lo spirito del marito.
Bisognerà aspettare il track 14 perché un moto romantico torni ad animare sia pur brevemente la musica nell’intensa Stay with me dove il piano è sostituito da accordi chitarristici.
La materializzazione di Mark è resa dall’apparizione, sul piano sonoro del fischio che si appropria ambiguamente del tema di Stacey e lo fa rimpallare tra varie sezioni dell’orchestra che gli rispondono con esiti abbastanza terrorizzanti. Ovviamente quando il fischio viene sostituito dai vocalizzi del bambino (Andrea Pigliucci) si arriva alle scene che vedono protagonista il bambino satanico (track 17: The shower con evidenti richiami alle musiche di Rosemery’s baby anche se colpi di tosse e sospiri elettronici riverberano atmosfere alla Dario Argento).
Di qui in poi le musiche, splendidamente efficaci a contatto con l’immagine, cominciano ad essere meno interessanti per il solo ascolto riservando ancora poche sorprese.


Autore: Paolo Vivaldi
Titolo: Ghost son
Etichetta: CAM

Tracklist: 1) Ghost son 2) Main titles 3) Flying over Africa 4) Stacey’s theme 5) Out of a dream (perfomed by Francesa Cassio) 6) Thandi’s nightmare* 7) Hyena* 8) Dramatic run 9) Mark’s death 10) Funeral* 11) Back home 12) Suicide 13) The root* 14) Stay with me 15) Deep night* 16) The rape* 17) The shower 18) Suspect* 19) Baby cryes 20) Thandi’s death 21) Baby walk 22) The Game* 23) Sangoma’s prophecy 24) The trap 25) I’m waiting for you 26) Come to me 27) Daddy* 28) Killing you 29) I don’t love you 30 Funeral (Sangoma) *

*Con Fabrizio Pigliucci


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