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OST - PIRATES OF THE CARIBBEAN: DEAD’S MAN CHEST

Pubblicato il 2 ottobre 2006 da Alessandro Izzi


OST - PIRATES OF THE CARIBBEAN: DEAD'S MAN CHEST

In astratto, senza prendere ancora in considerazione le musiche che Hans Zimmer ha composto per il film, si può dire che un compositore, nel musicare un’opera come I pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma si trova, di fatto, di fronte a due diverse possibilità.
La prima è quella di adeguarsi all’anima leggera e svagata del racconto, alla sua componente picaresca e avventurosa. Seguendo questa strada lo score da comporre deve, prima di tutto, essere dominato da un vero e proprio proliferare di temi e soluzioni timbriche che si rincorrono sullo schermo senza apparente soluzione di continuità in una serie di brani accomunati tra loro da un principio di eterogeneità e di eclettismo. Una voluta confusione, insomma, di maniere compositive tra loro inconciliabili, magari messe in (comico) urto reciproco anche all’interno di uno stesso brano. Il compositore deve, in altre parole, giocare con una sorta di puntilizzazione della compagine orchestrale, alla Ravel, basandosi su una trasparenza classica sempre pronta a sfaldarsi in piccole sezioni cameristiche dove ogni accento va calato su timbri inusuali, ma sempre leggeri e molto divertenti. Solo in questo modo la musica può davvero diventare il contraltare ideale dei movimenti, delle incongruità del modo di pensare e di agire di Jack Sparrow e della sua cricca di incredibili pirati. Una soluzione, questa, che sposa, a dirla tutta, proprio l’anima infantile della fantasia di Verbisnki e si pone alla ricerca del giusto applauso di festanti platee di ragazzini pop-corn muniti.
La seconda, viceversa, è quella di adeguarsi al mood intriso di senso del gotico e del fantastico della parte più maledetta del racconto. In questo caso l’orchestra deve essere più "pesante" ed aspirare ad un fraseggio sempre sinfonico. Gli archi devono avere un peso preponderante nella costruzione delle atmosfere, mentre agli ottoni dovrebbe essere assegnato il compito di dare un senso di profondità al mistero ovunque imperante. Non ci vuole molto a rendersi conto di come, muovendosi su questa linea guida, la fantasia tematica scenda in secondo piano rispetto alla capacità di creare armonie di volta in volta inquietanti o fiabesche.
Devono essere stati questi i pensieri che hanno inizialmente guidato Hans Zimmer nella composizione delle musiche per questo sequel tanto atteso da un’orda di fanatici fans. Preso il timone di comando della sezione musicale del film al posto di Klaus Badelt che si era cimentato con i brani di commento di La maledizione della Perla Nera (ma in realtà Zimmer era stato anche in quell’occasione una mano occulta che aveva contribuito non poco alla definizione dello stile musicale della precedente pellicola), il compositore americano deve essere rimasto a lungo sullo spartitraffico tra queste due maniere apparentemente opposte e, come l’asino dell’antica favola, alla fine deve aver deciso di non prendere per davvero nessuno dei due sentieri ugualmente allettanti ed interessanti che gli si profilavano davanti.
Del resto, a guardare il film, non si riesce mai davvero a dire che una delle due componenti sopravanzi del tutto l’altra e se è vero che l’anima flamboyant del racconto resta la sua più vera ragion d’essere, non da meno la dimensione orrorifica dell’Olandese Volante è tutt’altro che secondaria.
Il restare sulla linea del guado di Zimmer si traduce, però, ben presto, in una sorta di ansia a non voler rischiare. Preso nelle spire dell’incertezza su come riuscire ad intergrare fino in fondo la musica con l’immagine di cui deve essere il preciso contraltare, l’autore finisce per ripiegare su soluzioni generiche che potrebbero, in fondo, adattarsi a qualsiasi film d’avventura.
Quello che ne viene fuori è proprio la codifica di una sorta di blockbuster style con una bibbia di accorgimenti che, se già non sono, diverrano ben presto una sorta di norma imperante per chiunque si accosti al fantastico seguendo un dettame hollywoodiano.
Prima di tutto colpisce il ricorso ad una compagine orchestrale estremamente vasta in cui vengono impiegati oltre all’organo (cui sono dedicati pochi momenti solistici che possano davvero far brillare le potenzialità dello strumento) anche (addirittura) una coppia di chitarre elettriche che hanno per lo più una funzione di sostegno della parte più greve dell’orchestra (come nell’incipit drammatico del track 8: A family affair).
Il grosso delle composizioni muove su scelte di carattere prettamente sinfonico (la seconda delle due strade che avevamo precedentemente individuato) dove a farla da padrona sono prevalentemente i bassi cui viene affidato il compito di sostenere, fino a quasi coprirle, le melodie creando un suono tanto possente quanto in fondo uniforme. E’ chiaro che Zimmer pensa prima di tutto a coprire il classico brusio di sala. Grida forte per contrastare lo scricchiolare delle mandibole intenente a macinare patatine. Ma ciò non gli vieta di dare spesso spazio a grandiosi assoli concertanti (si pensi al violoncello del track 1: Jack Sparrow)
Scelte timbriche più inusuali le troviamo paradossalmente impiegate per rendere il mondo di Davy Jones quando compaiano nel corpo dell’orchestra strumenti come il carillon o, appunto, l’organo.
Se sull’orchestrazione Zimmer sembra prediligere un’impaginazione quanto più possibile sinfonica o, comunque, concertistica, è sulla struttura e la forma dei singoli brani che dà briglia sciolta al suo connaturato eclettismo. Si pensi al già citato track 1 che è una scanzonata serie di variazioni su tema condotta sul ritmo del valzer (un genere molto amato e frequentato dal compositore).
Solo qualche brano da usare in campo diegetico (Track 7: Two hornpipes) abbandona questa logica di impostazione strumentale e gioca con timbri più leggeri e cameristici, ma solo brevemente visto che le percussioni (con tanto di piatti a siglare le battute) puntellano questi brevissimi passaggi (1:14’) sfondandoli ancora in senso sinfonico.
Da tutto questo viene fuori una composizione di piacevole ascolto, ma molto più povera di inventiva di quanto non appaia a prima vista.
Conclude il CD un remix elettronico dei temi fondamentali dello score che si rivela quasi di più interessante ascolto di tutto quanto l’aveva preceduto. Forse un preludio a quelle che dovrebbero essere le atmosfere più rockettare del terzo episodio...

[Settembre 2006]

Autore: Hans Zimmer; Titolo: Pirates of the Caribbean: Dead Man’s chest; Etichetta: Walt Disney

Tracklist: 1) Jack Sparrow 2) The Kraken 3) Davy Jones 4) I’ve Got My Eye On You 5) Dinner Is Served 6) Tia Dalma 7) Two Hornpipes (Tortuga) 8) A Family Affair 9) Wheel Of Fortune 10) You Look Good Jack 11) Hello Beastie 12) He’s A Pirate - Tiesto Remix


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