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OST - SIN CITY

Pubblicato il 16 ottobre 2005 da Alessandro Izzi


OST - SIN CITY

Robert Rodriguez è uno dei pochi autori tout court del panorama cinematografico contemporaneo. La sua personalità si esprime, quindi, nel film, sempre in maniera trasversale palesando, in una vocazione onnicomprensiva senza paragoni, una volontà di controllo assoluto di tutte le componenti linguistiche messe in atto nel testo filmico. Un modello di autorialità del tutto estraneo al sistema produttivo hollywoodiano che non può né vuole ammettere possibili ingerenze esterne sul processo creativo. Nella consapevolezza che il film è prima di tutto un testo polifonico in cui tutta una serie di codici vengono messi in atto contemporaneamente secondo una griglia rigidamente contrappuntistica, l’autore interviene in prima persona in tutte le fasi di realizzazione del film lavorando come sceneggiatore, come autore, come coautore degli effetti speciali, come montatore (ed in questo campo, in particolare, palesa un’eccellenza invidiabile), come direttore della fotografia e, in ultimo, come autore delle musiche da commento. Si sbaglierebbe, però, a voler vedere questa propensione al controllo assoluto come il sintomo di una forte personalità autoriale perché in Rodriguez a contare prima di tutto non è il discorso che il testo filmico può veicolare, ma la forma con cui questo testo si offre alla lettura dello spettatore. Il regista texano è, insomma, un formalista che vede nel film prima di tutto un meccanismo ludico di vaste proporzioni, un giocattolo, insomma, da smontare e rimontare all’infinito sotto l’occhio stupefatto dello spettatore che può divertirsi immensamente (se decide di partecipare al gioco cinefilo, al gusto per le citazioni incontrollate e per le continue contaminazioni tra registri stilistici e generi cinematografici diversi) o annoiarsi terribilmente (se mantiene una posizione esterna e oggettiva nel confronti del progressivo dipanarsi delle immagini del film). Un eterno adolescente, insomma, che realizza sempre quei film che avrebbe voluto vedere al cinema da piccolo e che nessuno ha realizzato per lui. Forse, allora, proprio un’analisi della musica rodrigueziana può aiutarci ad entrare nella comprensione di un regista che rischia costantemente di essere frainteso. Per Sin city, Rodriguez mette in campo una colonna sonora particolarissima, squisitamente noir, fatta di atmosfere rarefatte, di improvvisi squarci tematici che intervengono, saltuariamente, ad interrompere un mood musicale assolutamente dark. Poiché il film trae ispirazione da tre diversi comic book di Miller, il regista ha ben pensato di affidarsi, per l’impaginazione complessiva dello score, a due fidi collaboratori cui assegnare parti specifiche del testo. A Graeme Revell viene, quindi, incaricato di comporre tutto il segmento riservato all’episodio di Marv, mentre a John Debney viene assegnata la figura di Dwight. Rodriguez riserva, quindi, a se stesso l’onore di comporre i brani di apertura e chiusura della pellicola, nonché tutto l’episodio di That Yellow bastard. In questo modo il regista crea, a livello musicale, i presupposti per definire una precisa identità stilistica per ciascun episodio. Si va, allora, dal brutalismo sinfonico di Revell che si avvale di una discreta campionatura di suoni elettronici e di un’ampia schiera di percussioni per restituire il personaggio di Marv (ma non mancano brevi aperture sentimentali legate a Goldie e alla sua morte) al gusto nostalgico e al tempo stesso moderno di Debney fino alle lussureggianti orchestrazioni di Rodriguez più debitrici di un gigantismo sinfonico di inizio novecento. La continuità tra i vari momenti della pellicola è, comunque, garantita da una serie di elementi ritornanti tra cui il più significativo è una scala discendente che compare fin dal primo track (Sin city) e subisce una serie di metamorfosi in corso d’opera. La musica del film non assolve, comunque, solo una mera funzione di commento esterno alle vicende, ma è sia un tentativo di reinterpretare e creare un correlativo sonoro ai personaggi della pellicola, sia (e qui si coglie la mano del formalista a suo modo geniale) un tentativo di determinare a priori (visto che l’autore ha cominciato a lavorare sulla musica prima ancora che sulla messa in scena) il ritmo del film e il suo stesso montaggio. La musica, insomma, non viene composta, come sovente avviene in quel di Hollywood, a film ultimato, ma preesiste allo stesso determinandolo e ricreandolo costantemente. Essa, anzi, è veramente il primo stadio della complessiva operazione di traduzione del fumetto in film, il primo tentativo consapevole di staccare le figure dalla carta stampata e di immergerle nella durata del tempo sensibile. L’unico momento, se ci si pensa, in cui Rodriguez poteva davvero dare libero sfogo alla sua creatività e al suo tentativo di interpretare i comic books dal momento che sia la storia, che le immagini esistevano già nelle tavole di Miller.

Autore: Robert Rodriguez, Graeme Revell, John Debney; titolo: Sin city; etichetta: Varese Sarabande

TracKlist:

1) Sin City (Rodriguez) 2) One Hour to Go (Rodriguez) 3) Goldie’s Dead (Revell/Rodriguez) 4) Marv (Revell) 5) Bury the Hatchet (Revell) 6) Old Town Girls (Revell/Rodriguez) 7) Hard Goodbye (Revell) 8) Cardinal Sin (Revell/Rodriguez) 9) Her Name Is Goldie (Revell) 10) Dwight (Debney) 11) Old Town (Debney/Rodriguez) 12) Deadly Little Miho (Debney/Rodriguez) 13) Warrior Woman (Debney) 14) Tar Pit (Debney) 15) Jackie Boy’s Head (Debney) 16) Big Fat Kill (Debney) 17) Nancy (Rodriguez) 18) Prison Cell (Rodriguez) 19) Absurd - (Rodriguez) 20) Kiss of Death (Rodriguez) 21) That Yellow Bastard (Rodriguez) 22) Hartigan (Rodriguez) 23) Sensemaya 24) Sin City End Titles (Rodriguez)

[giugno 2005]


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