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Ost - Windtalkers

Pubblicato il 22 agosto 2002 da Alessandro Izzi


Ost - Windtalkers

James Horner è, sicuramente, uno dei compositori più attivi che ci siano oggi ad Hollywwod. Solo quest’anno è stato in grado di produrre sia la splendida colonna sonora per Iris (un vero e proprio concerto per violino in otto parti, sempre ispiratissimo), sia le musiche piuttosto interessanti per A beautiful mind di Ron Howard sia, ora, il lunghissimo score per il discusso film di guerra di John Woo. Inutile dire che, per poter sostenere un simile profluvio di musiche, il compositore deve, per forza di cose ripetersi, in qualche modo. I ritmi di lavoro cui si sottopone devono essere, infatti, quasi altrettanto stressanti di quelli cui erano sottoposti gli autori dei melodrammi settecenteschi che erano notoriamente obbligati a produrre un allestimento operistico ogni tre o quattro mesi (e stiamo parlando di quattro ore di musica per volta!). Per questo alcuni elementi dell’ultima fatica del compositore rimandano necessariamente ad altre opere del passato in una prassi che ha quasi il sapore della consapevole parodia musicale. Anzi, alcune figure tipicamente horneriane (l’uso geniale dell’orchestra, rapide scalette ascendenti o discendenti generalmente affidate al pianoforte) sono a tal punto ricorrenti da essere diventate delle vere e proprie firme musicali. Piuttosto che rimarcare, quindi, gli elementi ricorrenti in tutte le opere del compositore, ci preme in questa sede, sottolineare le peculiarità di questa sua ultima opera. In primo luogo è interessante notare come Horner abbia operato un inaspettato ispessimento del colore orchestrale affidandosi spesso, e con dolorosa insistenza, agli archi gravi. Ne deriva una musica meno leggera del solito (se si eccettuano le volute melodiche, affidate al flauto indiano, che costituiscono delle vere e proprie oasi di malinconica meditazione) e, anzi, generalmente piuttosto cupa. L’impressione è ulteriormente confermata dalla scelta di ridurre il più possibile la carica polifonica di alcuni brani ricorrendo a lunghi e poderosi unisoni che ricordano (con il peso orchestrale affidato spesso a singole famiglie strumentali: solo archi, per lo più, ma anche, qualche volta, soli ottoni) certi passi di Shostakovich o di Britten. La musica procede prevalentemente per opposizioni ed ha un insolitamente insistito sapore epico che si appoggia su un uso abbastanza cospicuo delle percussioni con un perennemente presente tamburo militare (scelta ovvia dato il tema della pellicola). Alla tromba sono affidati dei brevi incisi che riescono ad essere incredibilmente inquietanti e che rimandano a soluzioni già adottate per lo score di Deep impact. Nel complesso delle tracce del CD (il cui ascolto si rivela più interessante di quello delle musiche di A beautiful mind) scegliamo sicuramente lo sviluppo molto originale del track 4 (Taking the Beachhead) che rivela un sapiente uso in chiave drammatico delle progressioni e delle sezioni dissonanti (quasi dei cluster degli ottoni che rimandano all’avanguardia musicale) degli ottoni. Figure altrettante terribili aprono la cupissima descrizione dell’assalto (Marine assault) con il tema principale dello score soffocato, quasi, dalle grida disperate delle trombe e successivamente distorto da quel geniale ostinato ritmico che è tra i momenti più ispirati di tutta la produzione horneriana. La contaminazione con stilemi della musica Navajo (First blood cerimony, naturalmente, ma un po’ ovunque) arricchisce il discorso di una certa originalità. Insomma un’opera piuttosto interessante.

Autore: James Horner; Titolo: Windtalkers; Etichetta: RCA Victor

Tracklist:

1) Navajo Dawn 2) A New Assignment 3) An act of heroism 4) Taking the Beachhead 5) “Fisrt blood” Ceremony 6) The night bifore 7) Marine Assault 8) Losses Mounting 9) Friends in war 10) A Sacrifice never forgotten 11) Calling the wind

[agosto 2002]


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