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Otto attori per un poeta: Giorgio Somalvico, dal 10 al 20/03

Pubblicato il 29 febbraio 2008 da Sila Berruti


Otto attori per un poeta: Giorgio Somalvico, dal 10 al 20/03

Luigi Lo Cascio - Alessio Boni - Sonia Bergamasco - Fabrizio Gifuni
Mauro Malinverno – Francesco Migliaccio – Luciano Roman - Alarico Salaroli

Dal 10 al 20 marzo 2008

SOMALVICHIANA

otto attori per un poeta: Giorgio Somalvico

Il 10 marzo 2008 alle ore 18,30 si terrà l’inaugurazione della manifestazione sull’opera Poetica e Pittorica di Giorgio Somalvico.

Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon 14/7, Milano

Artista milanese, poliedrico e a tutto tondo, Giorgio Somalvico vanta un’ampia produzione di grande compattezza stilistica. In esposizione un’antologica dei sui quadri polimaterici che racchiudono paesaggi urbani e suburbani, ma anche paesaggi fantastici e camere incantate, e un programma di cinque serate durante le quali alcuni noti attori daranno voce ai suoi versi poetici.

La Somalvichiana nasce un po’ per caso dall’affettuosa amicizia e dall’ammirazione di Stefano Cortina, il gallerista che ospita la manifestazione nonché di otto attori, che conoscono ormai da anni l’opera poetica di Somalvico, e che con entusiasmo si presteranno a presentare al pubblico milanese i suoi versi in un itinerario ideale che spazierà tra i diversi periodi e i vari temi della sua poetica.

Gli attori si alterneranno nei giorni:

lunedì 10 marzo – giovedì 13 marzo – domenica 16 marzo - lunedì 17 marzo - giovedì 20 marzo

presso l’Associazione Culturale Renzo Cortina dove farà da sfondo, come in un gioco di specchi e di rimandi, un’antologica della produzione pittorica di Giorgio Somalvico.

Dopo il lusinghiero successo ottenuto da Somalvico con il testo ’Na specie di cadavere lunghissimo, monologo in omaggio a Pasolini portato in scena da Fabrizio Gifuni (pubblicato nella Bur Senza Filtro); e la pubblicazione de Il Pecora (per i tipi della casa editrice Gran Via); sarà questa un’occasione imperdibile per far conoscere a un pubblico più vasto la grazia e l’ironia graffiante di questo grande artista lombardo che ha annoverato, e annovera, tra i suoi estimatori nomi noti della cultura e dello spettacolo: da Giovanni Testori ad André Ruth Shammah, da Giuseppe Bertolucci a Quirino Principe, a Paolo Mereghetti, a Marco Tullio Giordana e a tanti altri.

ingresso libero

per informazioni telefonare al 02 33 60 72 36
Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon 14/7, Milano
La mostra proseguirà fino al 20 marzo con i seguenti orari:
10.00 – 12.30 / 16.30 – 19.30, chiuso il lunedì mattino.

Giorgio Somalvico e gli attori sono disponibili per interviste.
Sono anche disponibili fotografie dei quadri e dei protagonisti.
Ufficio Stampa: somalvichiana@alice.it o tel. 3483541724 (Matteo Bavestrelli)

programma delle serate di lettura

SOMALVICHIANA
otto attori per un poeta: Giorgio Somalvico

lunedì 10, ore 18,00
Inaugurazione della mostra antologica di pittura
ore 18,30
“È UN LAVORO LO SCRIVERE POESIE?”
Luigi Lo Cascio - Luciano Roman

giovedì 13, ore 18,30
“SCORRETTEZZE IMPOLITICHE BESTIALI”
Fabrizio Gifuni

domenica 16, ore 18,00
“TOPI LONZE E BAMBINI AL MONTE STELLA”
Sonia Bergamasco

lunedì 17, ore 18,30
“VERSI IN PROGETTO DAL CINQUANTASEI”
Alessio Boni - Francesco Migliaccio

giovedì 20, ore 18,30
“MILANESGARBI E SAGGI DI SPROLOQUIO”
Alarico Salaroli - Mauro Malinverno

ore 20 chiusura mostra antologica

Giorgio Somalvico - Nato a Milano (Europa) nel ’40, sicuramente Giorgio Somalvico non va considerato come un lirico del Duemila, bensì del Novecento. Ignoto ai più in Italia nel “suo” secolo, è stato tuttavia spesso apprezzato – nel corso dei decenni – dai pochissimi venuti a conoscenza dei suoi versi. Tra questi – oltre a Montale a Vigorelli e a Naldini (cugino di P.P.) – Testori, Erba, Parenti, Alda Merini nonché Quirino Principe ante omnes. In tempi più recenti è andato a aggiungersi a questa ultrasquisita illustre lista, Giuseppe (ovvero Attilio) Bertolucci. Difficile (e superfluo) in questa sede scegliere qualche titolo che possa dare una qualche idea della sua “pòiesis” tra i tanti dei suoi innumeri “deliri” letterari esternati in varie metriche.
Pietà di un gobbo, Macky d’Ungheria, Mécbet, Il sogno massimo di Kriminal, Circasse di passaggio a Pietroburgo, Manfredi ovvero il sogno di Semrùd sono – tra quelli delle sue creazioni ipoteticamente drammaturgiche – i più paradigmatici e curiosi.
Da quelli del suo enorme “canzoniere” collazionato in più di mezzo secolo (senz’altro la sua opera più tipica) non se ne riesce invece a estrapolare nemmeno uno, essendo l’un per l’altro del medesimo peso (o leggerezza).
Per cui – volendo aggiungerne anche un ultimo per chiuder questa vaga informazione su un totale “inconnu” – si può citare qui il titolo dell’unico romanzo (in criptoendecasillabi ovviamente) presente nel suo inedito catalogo: Il dio Roserio, ovvero Gli Impagabili una storia impagata del Settanta, brulicante di spettri ipertestorici dedicata a Collodi e a Dostojevskj.
Di lui, prima di quelli contenuti ne Il Pecora editato da Gran Via, son stati pubblicati solamente pochi versi (tradotti da F. Baranyi), su diverse riviste in Ungheria, mentre in Italia – pochi mesi fa – nella Bur Senza Filtro di Rizzoli, è stato parimenti pubblicato ‘Na specie de cadavere lunghissimo: versione originaria più contratta, del primo dei due suoi romanizzanti cosidetti deliri “pecoreschi”.

Curricula attori (nella prospettiva di Giorgio Somalvico)

Luigi Lo Cascio (Palermo 1967) la sua fama di attore cinematografico rende superflua qualsiasi precisazione in merito. Va qui piuttosto sottolineato che Lo Cascio non è solo l’indimenticabile interprete di I cento passi e di La meglio gioventù. È anche l’incantevole attore di teatro su cui Ronconi ha potuto contare per la riuscita di uno dei suoi più ardui spettacoli (Il silenzio dei comunisti). Ed è anche – e da ben più tempo – oltre che una persona di poliedrica e sofferta cultura, un poeta e un drammaturgo costantemente impegnato nel perseguire le ricerche del suo Assoluto sulla carta e sul palcoscenico. Chi ne volesse aver prova, può recarsi ad assistere alla sua Caccia (da Euripide) in questi giorni in scena al Teatro Leonardo. La nascita dei suoi rapporti d’amicizia con Somalvico risale a tempi precedenti il suo universale successo. Questi rapporti – va detto per inciso – sono contrassegnati da una caratteristica singolare. I due, cioè – date le loro diverse quotidianità – sogliono mantenersi in contatto tramite sms sempre rigorosamente redatti in endecasillabi.

Luciano Roman (Milano 1965) benché oggi la sua popolarità sia legata a Vivere, telenovela cult che lo vede protagonista, Roman è normalmente protagonista di cose di ben altro spessore. Strehler, Castri e Ronconi gli hanno più volte affidato il ruolo principale in spettacoli teatrali oggi già storici (L’isola degli schiavi, La trilogia della villeggiatura, Le rane diciamo, per citarne solo alcuni). Quanto ai suoi rapporti di amicizia con Somalvico (giudicati da quest’ultimo quantomeno “commoventi”), diciamo, invece, che – con A. Salaroli – è stato il primo attore a leggere suoi versi in luoghi pubblici, esibendosi con magnanimo coraggio nei mezzanini del metrò ai tempi in cui a Milano si organizzavano manifestazioni come Arte in metropolitana e ne si affidava la supervisione non a Sgarbi ma a Quirino Principe.

Fabrizio Gifuni (Roma 1966) dire che Gifuni è quanto di meglio ci si possa aspettare da un attore cinematografico suona sostanzialmente riduttivo volendo sintetizzare le sue eccellenze. Nonostante le sue magistrali interpretazioni – tanto quelle notissime quali La meglio gioventù o De Gasperi quanto quelle meno note ma ancor più grandi (Un amore di Tavarelli o ll sole negli occhi di Porporati) – Gifuni è difatti qualcosa di molto di più. È cioè un umanista nel senso più lato dell’accezione, un intellettuale nel senso meno idiota del termine e un artista insuperabile nella mimesi scenica di pensieri e di parole. Bastano a dimostrarlo le sue acclamate imprese metateatrali dal titolo ‘Na specie de cadavere lunghissimo, concerto per voce solista in memoria di Pasolini, e I kiss your hands (con Sonia Bergamasco) portentoso viaggio a due nel subliminale delle lettere di Mozart. I debiti di riconoscenza di Somalvico verso di lui sono infiniti. Nessuno, infatti, più di lui si è – con generosità ed affetto – in questi anni, adoperato a promuoverne il nome e per questo a lui fanno riferimentoquasi tutte le sue ultime opere poetiche.

Sonia Bergamasco (Milano, 1966) sebbene il curriculum d’attrice cinematografica e teatrale di Sonia Bergamasco sia ormai quasi imponente, potendo annoverare – nell’uno – titoli d’interprete, spesso principale, in film diretti da S. Soldini, M. T. Giordana, G. Bertolucci e Liliana Cavani e – nell’altro – in allestimenti teatrali di G. Strehler, M. Castri, G. Cobelli e Carmelo Bene, il suo talento artistico è ben lungi dall’esservi confinato. Come i musicòfili ben sanno, se in Italia oggi ancora esiste un interprete d’assoluto magistero nell’ambito del melologo e di qualsivoglia altra forma artistica che sposi una voce recitante alla musica, quest’interprete è lei. Lo confermano tanto i giudizi degli eredi di Schonberg sul suo Pierrot Lunaire, quanto la sua presenza non secondaria in prime assolute alla Scala e al San Carlos di Lisbona. Neppure questo tuttavia esaurisce la gamma della sua toccante creatività, essendo anche – non bastasse – originale creatrice di poesia. A quest’estrema causa, forse, si deve la sua consonanza con Somalvico, ormai, per quest’ultimo, definibile storica e (sempre da quest’ultimo) considerata sublime.

Alessio Boni (Sàrnico, Bergamo, 1966) se oggi vivessimo ancora ai tempi del Caravaggio, un attore come Boni sarebbe sicuramente famoso non come Alessio Boni, ma come “il Sàrnico”. Non solo per la sua insuperabile maestria nell’arte del chiaroscuro drammatico, ma pure per il caravaggesco impegno a minimizzare una “lombardità” peraltro tanto più adorabile, quanto più adombrata. Come nel caso di Lo Cascio, è superfluo qui enumerare i suoi titoli di gloria cinematografica o accennare alla sua antica celebrità televisiva, cose di cui si sente certo meno orgoglioso dell’essere – com’è – Ambasciatore in carica dell’Unicef. Meglio qui piuttosto ricordare che le sue lancinanti interpretazioni in La meglio gioventù, in Quando sei nato non puoi più nasconderti e in Caravaggio non nascono per caso, ma sono frutto di un’arte a suo tempo affinata sotto la guida di O. Costa, P. Stein, L. Ronconi e G. Strehler. Fiero della sua amicizia, Somalvico propende a ritenerla dovuta non a propri meriti ma alla sua congenita propensione a una bontà, quanto mai donizettiana. Cioè a dire, bergamasca.

Francesco Migliaccio (Milano, 1963) elencare i titoli di merito di un attore schivo come Migliaccio non è facile, d’acchito. Teso, come tutti i veri artisti, perennemente a un “oltre”, è molto raro sentirglieli menzionare. Ma sono innumerevoli. Da Castri a Kantor a Branciaroli a Bosetti a Crivelli a Fantoni a Lievi a Stein a Ovadia e a Testori si estende il ventaglio dei maestri che lo hanno voluto compartecipe delle loro creazioni. Dai festival di Siracusa, Epidauro e Taormina per approdare agli stabili di Parma, Brescia e al Piccolo Teatro di Milano vanno i luoghi dove si è mirabilmente esibito. Ma Migliaccio non ne accenna mai a Somalvico, propenso con lui a conversare piuttosto – e spesso, data la contiguità delle ticinesi residenze – di quell’“oltre” cui si è sopra accennato. Malgrado questo, Somalvico non dimentica mai quantomeno che, di fatto, oggi Migliaccio è pur sempre anche una delle poche superstiti colonne portanti del Teatro Carcano, oltre che un impagabile amico.

Alarico Salaroli (Milano, 1940) oltre ad essere entrato ormai a far parte della schiera più illustre dei Veterani ancora felicemente attivi sui campi di battaglia della scena italiana, ove innumeri sono state le sue imprese gloriose (da El nost Milan e L’anima buona di Sezuan di Strehler a quasi tutti i più importanti spettacoli di Castri) e, oltre ad essere per certo oggi il più scaltrito attore in grado di prodursi in rigorosa lingua milanese, Salaroli ha un’altra qualità che rende quasi impensabile questa manifestazione senza di lui. Quella di essere, in assoluto, il più vecchio amico di Somalvico. Da cinquant’anni esatti, infatti, quest’ultimo lo ritiene non solo un fratello ma anche il Sosia che più fedelmente lo rappresenta nel mondo del visibile e dell’udibile. Innumerevoli sono i lavori a lui dedicatigli. Inclusa una breve commedia della durata della Tetralogia in cui egli stesso – col nome posticcio di Salariaski – è incluso tout court come copotragonista di una comico-tormentata storia d’amicizia.

Mauro Malinverno (Milano 1965) esplosiva mina vagante sulle scene del teatro d’avanguardia d’oggigiorno (nella fattispecie, predestinata a riesplodere a maggio al teatro Leonardo quale struggente reincarnazione di Van Gogh in L’odore assordante del bianco), Malinverno è stato peraltro costantemente un surreale, determinante jolly nel suo contributo al successo di spettacoli classici oggi storici. In primis La trilogia della villeggiatura, Oreste, Efigenia in Tauride e – più recentemente – Tre sorelle di Castri. Da sempre Somalvico lo sente un trasognato Nijinsky levitante sui tetti di Gratosoglio, ovvero – più esattamente – il Petruska abitatore di tanti suoi deliri in versi o in pittura.


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