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Per questi stretti morire (cartografia di una passione)

Pubblicato il 20 giugno 2011 da Marco Di Cesare


Per questi stretti morire (cartografia di una passione)

È una ricerca che diventa Visione, sulle tracce di un uomo che un secolo fa giunse in Patagonia e nella Terra del Fuoco, per una infaticabile intera vita esploratore, cineasta e fotografo: Alberto Maria De Agostini, piemontese, partito come missionario salesiano a ventisei anni, nel 1909; fratello molto più giovane di Giovanni De Agostini, il fondatore dell’omonima casa editrice; morto nel 1960, un’autorità nel suo campo, sempre modesto e frugale, assillato dai debiti causati dalle spedizioni che egli stesso in gran parte finanziava, di sua iniziativa, senza avere ricevuto l’incarico da nessuno e con ben pochi mezzi a disposizione. Di lui rimangono i suoi lavori, ma nulla di personale: nessun taccuino, nessun diario.
E da ciò, da questa assenza, è cominciato il lavoro di Isabella Sandri e Giuseppe Gaudino, un lavoro di (ri)costruzione fisica e mentale, alla ricerca di un documento lontano e perduto nel tempo, immagine ed esistenza di un uomo che aveva cercato di diventare parte di quelle terre lontane, nutrendo verso di esse un silenzioso e mistico rispetto, e di tutto ciò nutrendosi. Un religioso che era arrivato in una terra dalla quale l’uomo bianco già alla fine dell’Ottocento aveva quasi completamente spazzato via la nativa popolazione di indios, bruciata sia a causa di interessi economici che per colpa di un’acculturazione forzata della quale, paradossalmente, proprio i missionari cristiani (non tutti, magari, collusi coi poteri locali) furono inconsapevoli artefici, loro che volevano salvare quelle povere genti, persone cui insegnare, tra le altre cose, un mestiere.
Terre Magellaniche si intitolava il film di padre De Agostini: proiettato per la prima volta a Torino nel 1933, mostrava gli ultimi momenti di un mondo che andava scomparendo e del quale lo stesso uomo di fede parlava coniugandolo già al passato. E spezzoni di questa pellicola sono diventati parte integrante del documentario di Isabella Sandri e Giuseppe Gaudino, frammenti da ripescare nella e dalla memoria, persi fra tanti altri in un magazzino nel quale sono accatastate le parole, così come le lastre fotografiche impressionate dal missionario; un magazzino nel quale due ragazzi stanno frugando, nel caos, alla ricerca di ciò che quei territori sono stati, di quello che il passato ha significato. Ragazzi che incarnano le uniche presenze portate in scena ’al presente’ dai due cineasti, in questo modo sostituendo la più tipica e abusata voice-over, attori necessari per non interferire con i due registi mentre questi sono intenti nella creazione di immagini, facendo in modo che l’elemento maggiormente razionale non sovrasti tutto il resto, ma divenendo piuttosto una parte di un insieme coeso, in una pellicola dove le immagini medesime hanno la possibilità di essere quello che sono, ossia il più efficace commento a quanto viene mostrato sullo schermo, illuminato da un libero discorso cinematografico.


(id.); Regia, sceneggiatura e montaggio: Isabella Sandri & Giuseppe M. Gaudino; musica: Epsilon Indi; interpreti: Federico Tolardo, Emanuele Buganza; produzione: Gaundri srl; origine: Italia, 2010; durata: 93’.


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