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Per una nuova idea di memoria

Pubblicato il 31 gennaio 2006 da Sila Berruti


Per una nuova idea di memoria

“Oggi quando si parla di memoria si apre un discorso sul passato. Ma ce n’è un’altra che riguarda il presente: la memoria del presente per il futuro, questa ci interessa”. Ascanio Celestini

Per una nuova idea di memoria

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli orrori del nazismo e quelli dei campi di sterminio, l’Europa si è trovata costretta a fare i conti con la parte più brutale della natura umana.
Da qui la necessità di ricordare, come forma di auto difesa, nella speranza che “non dimenticare” significhi non compiere nuovamente gli stessi errori del passato. Affidiamo sempre più alle arti visive, al cinema e al televisione in particolare, il compito di conservare e tramandare le nostre memorie.
Questo perché siamo consapevoli che la nostra epoca non da spazio alla trasmissione orale del ricordo, poiché sono scomparsi tutti i luoghi domestici ad esso deputati e le mutazioni sociali hanno trasformato gli anziani da “saggi” a peso per la società.
Con ciò non si intende affermare che questo non accadesse anche in passato, ma piuttosto evidenziare un fenomeno per cui considerando il carattere imperituro del cinema (e come teorizzava Bazin il suo potere di sfuggire alla morte) affidiamo allo schermo i nostri ricordi nella speranza di salvarli dall’oblio.
Tuttavia, da qualche anno, anche il teatro sembra essersi votato a questo ruolo.
E’ difficile e inutile stabilire chi abbia cominciato, dove e quando a fare quel che oggi alcuni hanno battezzato, con delle definizioni che forse potrebbero risultare un po’ vuote, teatro civile o teatro di narrazione.
Definizioni che in ogni caso mettono in luce una parte importante di questo modo di concepire il teatro individuandone i fulcri centrali: l’attenzione sul mondo contemporaneo, l’importanza del narrare e l’utilità civile del ricordo.
Gli spettacoli sono costruiti su racconti, memorie, ricerche e soprattutto sulla convinzione che il ricordo sia importante e fondamentale per capire il presente. Ascanio Celestini, in turné proprio in questi giorni con il suo nuovo spettacolo La pecora nera, elogio funebre del manicomio elettrico, da anni ormai lavora sul ricordo sulla raccolta di testimonianze.
Il risultato sono degli spettacoli che uniscono memorie diverse come in uno enorme collage.

Le interviste e il rapporto con la memoria secondo Ascanio Celestini

“Il racconto è importante, non tanto per la verità del fatto narrato, quanto perché una persona realmente racconta una storia, e quindi dietro ad essa c’è il bisogno di raccontare, ed è questo bisogno ad essere vero”. Nelle interviste, necessarie alla realizzazione degli spettacoli, Celestini è alla ricerca di racconti di vita quotidiana: l’attenzione è rivolta all’intervistato (operaio, infermiere psichiatrico, ecc...) che rivive attraverso il suo racconto, la sua memoria, il suo ricordo nell’atto presente del narrare.
Attratto dalla drammaturgia dell’intervistato, dal suo modo di raccontare l’evento e da ciò che di quell’evento decide di raccontare, Celestini porta avanti un lavoro incentrato sulla memoria intesa, non come nostalgia per gli eventi, i fatti, gli avvenimenti passati, ma piuttosto come ricordo vivo nel presente: memoria attiva.
Egli spiega che esistono modi diversi di intendere le memoria: quella che “manca” e di cui quindi sentiamo la mancanza (per esempio non mi ricordo dove ho parcheggiato la macchina, allora ripercorro tutte le azioni che ho compiuto per ricordare dove l’ho lasciata) e poi c’è quella che si possiede che sembra apparentemente non servirci e che “non ricordiamo di ricordare”.
Quest’ultima è la memoria su cui bisogna lavorare; quella che, per dirla con le parole dello stesso Celestini: “ ci stiamo dimenticando”.
E’ una memoria che non ha un riscontro immediato nella vita quotidiana ma che è infinitamente importante per il futuro.
Essa non ci permette di dimenticare dell’Olocausto, della bomba atomica, della guerra, ecc...
Il narr-attore (Celestini stesso) arriva a parlare dei eventi della Grande Storia, attraverso gli occhi, il punto di vista dell’individuo e del singolo.
Chi racconta dunque narra i fatti della storia attingendo dal proprio bagaglio di ricordi: “un operaio” spiega il regista “ricorderà che la morte di un suo compagno di lavoro schiacciato dal carro-ponte è avvenuta lo stesso giornio del rapimento di Aldo Moro, e per questo la sua morte non fece notizia e non finì sul giornale.
“Lì - continua Celestini - non trovi il Fatto, l’Avvenimento, ma incontri l’immagine presente di quell’avvenimento passato e sono due cose diverse”.
Infatti nell’atto del ricordo memoria e oblio si intrecciano e ridefiniscono l’evento, creando così un’errore, uno scarto, una contraddizione, rispetto alla realtà storica. E questa contraddizione è una delle ricchezze del ricordare perchè testimonia la rappresentazione individuale e collettiva del mondo.


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