X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Pesaro 43 - Europa.Doc - Welcome Europa

Pubblicato il 1 luglio 2007 da Alessia Spagnoli


Pesaro 43 - Europa.Doc - Welcome Europa

Il titolo a caratteri cubitali WELCOME EUROPA, che frantuma lo schermo in due esatte metà, interviene solo dopo una corposa introduzione ai temi e alle atmosfere del documentario. I primi cinque minuti, puntualizza il regista francese intervenuto a fine proiezione qui a Pesaro, sono gli unici "inventati" di sana pianta, eppure attendibilissimi, in sede di sceneggiatura preventiva: il resto è, quasi completamente, un documentario "puro". Impressionante, all’interno di questo incipit vibrante, la scena sulle "istruzioni per la sopravvivenza in Europa" da parte di alcuni maestri di vita immigrati ormai da tempo sufficiente per aver capito come funzionano le cose nei privilegiati paesi dell’Unione Europea.
La mdp marca stretto i protagonisti: si tratta degli immigrati al centro di questo documentario che dona visibilità agli invisibili delle società del vecchio continente. Dettagli e particolari finiscono così per fagocitare l’inquadratura. Nuche rasate secondo i modi più originali, piedi terragni, che hanno perso il loro aspetto primigenio, andando a ricordare piuttosto quello di radici di alberi. E, in una simile dimensione, la fotografia prescelta da Ulmer acquista peso e rilevanza centralissime: essa è sporca, sgranata, sgradevole perfino. Le luci sparate, e contemporaneamente fuori fuoco, restituiscono una dimensione allucinata, attorno ai volti spaventati, agli occhi in cui leggi evidente un terrore che non conosce requie. La dimensione sempiternamente notturna risulta la sola possibile per queste persone che vivono nel’ombra, celate allo sguardo dei milioni di ignari benpensanti (salvo trovarsi puntualmente protagonista di episodi di cronaca nera: in Italia, come in Francia, o in Olanda ecc... Ulmer non concede illusioni).
In un primo momento, ci viene detto che se "vai in Olanda, lì puoi vivere": poi, però, senti pronunciare frasi che rimettono tutto in discussione, come quella messa in bocca ad un colored trans che tenta di sopravvivere proprio nel presunto Paese più civile del mondo: "Se hai la pelle bianca, ti danno lavoro. Altrimenti no".
Un dato importante e scarsamente rilevato dai vari media occidentali, è quello della notevole dignità personale, della moralità perfino intransigente, di molti di questi immigrati di religione musulmana, su cui si appunta invece l’attenzione di Ulmer. Immigrati che si "vedono costretti" a delinquere, per mandare soldi alle famiglie lasciate dietro di sé a casa, nelle terre d’origine (la Turchia, la Romania, l’Albania, il Marocco ecc... ); che ci dicono, allora, come loro vedono noi, tanto per cambiare: come popolazioni poco inclini alla tenerezza, che non lasciano spazio ai sentimenti. Ecco ad esempio, per noi italiani, come può apparire la lungamente "accarezzata" Roma: "Me la immaginavo come il cuore stesso della civiltà: e invece, trovi miseria e orrore ovunque ti giri".
Per qualcuno, "vivere è resistere": non tutti se ne rammentano. Poi, per fortuna, arriva un documentario come questo, che col suo piglio volitivo eppure schivo, poco propenso a lanciare dogmatismi, a fornire lezioni spicciole, spalanca riflessioni di cui il cinema contemporaneo, colpevolmente, poco si cura.


CAST & CREDITS

Regia: Bruno Ulmer; sceneggiatura: B. Ulmer, F. Mangeot, J.P. Fargeau; fotografia: Denis Gravouil; montaggio: Florent Mangeot; musica: Fabien Bourdier; produzione: Son et Lumiére, ARTE; durata: 90’; origine: Francia, 2006


Enregistrer au format PDF