Pesaro 43 - PNC - Mayak (The Lighthouse)

I ricordi sono come dei fari: indicano la via verso la terra ferma, verso la tranquillità d’un approdo sicuro al di là d’un mare in tempesta. Ma la ricerca d’un approdo indica la necessità del viaggio: geografico, quanto interiore. Sarà proprio in questa doppia direzione che Lena, una giovane armena trasferitasi in Russia, ritornerà nei suoi luoghi natali, nel suo paesino sperduto tra le nebbie dei monti caucasici: torna per recuperare la memoria, scontrandosi però con il presente, drammaticamente adombrato dalla guerra azero-armena. Le speranze s’affievoliscono, il dramma si fa quotidiano e la vita prende una piega disperata ma, come ultimo baluardo disperato, ultima ancora di salvezza, affiorano i ricordi e con essi la musica. E’ solo una piccola luce, quella che filtra dalle dense nubi nere del conflitto armato che sconvolse Armenia e Azerbaijan tra gli anni ’80 e ’90, e che sembra quasi sparire dietro la coltre scura: in realtà nascosto lì dietro c’è il sole. Il faro. Il ricordo. Il futuro. In un’ottica circolare che vede Lena cercare di tornare là da dove veniva (il suo paese, ma anche Mosca), alla ricerca della sicurezza e stabilità personale, tutto ritorna, anche le immagini di repertorio che, alla fine del film, trasformano l’opera della Saakyan a sua volta in un ricordo, a noi diretto, per non dimenticare uno di quei tanti conflitti spesso caduti nel dimenticatoio.
E’ un film cupo, dai toni freddi e drammatici, questo Mayak della giovanissima ma talentuosa regista armena Maria Saakyan: toni della realtà che si scontrano con quelli del ricordo, caldi e vibranti. A sottendere il tutto, la musica, anima di una comunità che, comunque, non perde mai la voglia di ridere, conscia della necessità di guardare avanti. Oltre il conflitto. Così come Lena, la protagonista di questo ritorno a casa, dovrà guardare oltre il suo ritorno, oltre i suoi ricordi per ricominciare a vivere assieme alla sua famiglia.
Le scene che concludono il film sono un’ ulteriore sottolineatura di questo discorso sul ricordo, sul viaggio interiore: armeni sfollati, guerriglie di strada, volti tristi ed impauriti. In poche parole: il dramma d’un popolo. Ricordare può significare soffrire, rivivere episodi che sarebbe meglio eliminare dalla memoria ma, al contempo, impedisce di dimenticare, di fare finta di niente, permettendo la razionalizzazione dell’emotività acquisita dagli avvenimenti, al fine di guardare avanti con una consapevolezza in più.
regia: Maria Saakyan sceneggiatura: Ghivi Shavgulidze fotografia: Maksim Drozdov montaggio: Maria Saakyan suono: Philip Lamshin, Evgeny Kadimsky musica: Kimmo Pohjonen scenografia: Ivana Krcadinac costumi: Mikael Vatinyan interpreti: Anna Kapaleva, Olga Jakovleva, Sos Sarkisyan formato: Colore, B/N, 35mm produttore: Anton Melnik produzione: Andreevsky Flag distribuzione: Andreevsky Flag origine: Armenia, Russia 2006 durata: 78’
