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Preacher (Stagione 4) - Teste di Serie

Pubblicato il 10 ottobre 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Preacher (Stagione 4) - Teste di Serie

«Libero arbitrio. É quello il divertimento!»
(Dio)

Dio é morto

Dopo tanto peregrinare, uccisioni, separazioni e regolamenti di conti col passato, Jesse Custer ha finalmente trovato Dio. Non in senso figurato – per carità, stiamo parlando di Preacher. Jesse Custer e Dio finalmente a confronto, prima e dopo un’apocalisse che non ci sarà mai. Ma come potrebbe mai andare a finire?

Giunta alla sua quarta e ultima stagione, la serie ideata da Seth Rogen, Evan Goldberg e Sam Catlin, tratta dall’osannata serie a fumetti di Garth Ennis e Steve Dillon risolve in dieci, adrenalinici e sregolati episodi le vicissitudini del predicatore nichilista, interpretato con nerbo da Dominic Cooper, e compagni: attraverso un flashblack lungo quasi un’intera stagione, incastonato in una cornice narrativa costruita per innalzare la tensione sempre crescente, seguiamo Jesse e Tulip (Ruth Negga) in missione per portare in salvo Cassidy (Joe Gilgun) dalla fortezza-prigione del Graal; ma nessuno sa che Dio (Mark Harelik) sta tramando in combutta con il perfido e perverso Herr Starr (Pip Torrens, in una performance ai limiti dello slapstick), convinti che l’apocalisse è, in realtà, l’unica soluzione per salvare il mondo dalle storture del genere umano. Ma non sarà facile per Dio compiere il proprio volere, perché il Messia ebete Humperdoo (Tyson Ritter), discendente puro di Cristo, è tutt’ora disperso e in troppi sono sulle sue tracce. Ma, alla fine, anche Dio stesso dovrà affrontare le conseguenze delle sue azioni, in un lungo cliffhanger finale dai risvolti più che melodrammatici.

Mettendo in scena uno show vistosamente figurativo nella sua estensione narrativa, Rogen e compagni conducono lo spettatore verso una catartica, quanto crudele – e sì, nichilista, proprio come il predicatore Custer – resa dei conti: Dio e Jesse seduti a bere birra e a scambiare due chiacchiere su ciò che è stato, su ciò che sarebbe potuto essere e che non sarà mai. Ovvero, tentare di dare una spiegazione ai mali nel mondo, al senso della vita, alle azioni degli uomini e a quelle di Dio in persona; fino alla soluzione ultima, la scoperta del vaso di Pandora che pone Dio sullo stesso piano degli uomini, creati a sua immagine e somiglianza, per un epilogo mai così triste, cinico e dissacrante.

La morte di Dio per mano del Santo degli Assassini (Graham McTavish) è la risposta definitiva sulla natura fallace del genere umano, sul fallimento della religione intesa come credo nella bontà di un essere superiore: Dio è morto, assassinato dai suoi stessi figli, che non lo amano perché crudeli, miserabili, deformi e vanagloriosi. Proprio come il loro assurdo Padre.

La quarta stagione di Preacher è un candelotto di dinamite destinato a deflagrare in un crescendo di rigurgito iconoclasta, è la dichiarazione crudele del disamoramento del genere umano nei confronti del genere umano stesso; è uno scanzonato horror a tratti demenziale, che agisce continuamente per allegoria, tentando di mettere in ridicolo ogni singolo personaggio in gioco, pur di svelarne la vera essenza, per quanto orribile e disumana sia.

Non c’è un attimo buono per rilassarsi durante l’intera visione di Preacher, serie decisamente unica nel suo genere, diamante grezzo della televisione di genere, tanto splendente e affascinante, quanto disturbante per i deboli di stomaco o di fede. Così come non c’è redenzione per Jesse e Tulip, Cassidy e Eugene (Ian Colletti), costretto ad accettare la sua condizione di individuo deforme e abbandonato ai suoi irrealizzabili(?) sogni. Perché se il Male non può far altro che continuare a prosperare, così come Herr Starr riuscirà a fuggire ancora e ancora dai buoni che non sono in grado di schiacciarne la deplorevole ambizione, allora nel regno di Dio non ci sarà spazio per l’amore e la carità.

Ma, al di là della finalizzazione di un plot mai in discussione per impeto e spirito eretico, questa quarta stagione di Preacher compie il miracolo nella caratterizzazione spasmodica dei suoi protagonisti: se l’idillio d’amore tra Jesse e Tulip trova finalmente il proprio compimento, l’evoluzione del personaggio di Cassidy ruba letteralmente la scena, attraverso la trasformazione di un personaggio dichiaratamente macchiettistico, in un individuo fragile e in grado di ritrovare l’umanità perduta di un tempo, unico “mostro” in grado di carpire la bontà e la vera natura di Humperdoo, unico uomo deciso a mettere da parte i propri sentimenti e le proprie ambizioni nel rispetto di quelle altrui.

Con il sorprendente esordio The boys e l’irragiungibile Legion, Preacher si conferma uno dei migliori prodotti d’intrattenimento estrapolati da una pubblicazione fumettistica. Di certo, sarà difficile ritrovare sul piccolo schermo un’opera tanto divertente, quanto brillantemente eretica.


(Preacher); genere: azione, horror, drammatico; showrunner: Seth Rogen, Evan Goldberg, Sam Catlin (soggetto di Garth Ennis e Steve Dillon); stagioni: 4 (conclusa); episodi quarta stagione: 10; interpreti: Dominic Cooper, Joe Gilgun, Ruth Negga, Ian Colletti, Tom Brooke, Graham McTavish, Pip Torrens, Noah Taylor, Julie Ann Emery, Mark Harelik, Tyson Ritter; produzione: AMC Studios, Sony Pictures Television, Vertigo (DC Comics), Warner Bros. Television, Kickstart Productions, Point Grey Pictures, Original Television; network: AMC (U.S.A., 4 agosto-29 settembre 2019), Amazon Prime Video (Italia, 5 agosto-30 settembre 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 45’ per episodio; episodio cult quarta stagione: 4x10 - End of the world (4x10 - La fine del mondo)


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