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Prince Avalanche - Concorso

Pubblicato il 14 febbraio 2013 da Giovanella Rendi

VOTO:

Prince Avalanche - Concorso

A (parziale) smentita di quanto registrato in oltre un decennio di intensa osservazione dei rapporti USA-Germania nel concorso della Berlinale, salutiamo la gradita sorpresa rappresentata da un piccolo film, Prince Avalanche. Il fatto che si tratti di un’opera del regista David Gordon Green (già molto apprezzato in passato per All the Real Girls e soprattutto per George Washington, vincitore a Torino nel 2000), appena presentata al Sundance Festival e remake di un altrettanto piccolo film islandese Either Way (Á annan veg) di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson , rappresenta infatti una strana novità per la vetrina del festival di Berlino.

La trama appare pericolosamente vicina a quei diversivi pseudo-metafisici che si concedono anche i più illuminati tra gli autori d’oltreoceano: davanti a due uomini che nel mezzo dei boschi del Texas dipingono strisce e segnali su strade che nessuno mai percorrerà, il ricordo corre ad esempio allo sperimentalismo di Gerry di Gus Van Sant. Il film si rivela, invece, sorprendentemente scorrevole e leggero, grazie soprattutto ad un abile lavoro di scrittura dei dialoghi e alla riuscita prova di recitazione dei due protagonisti, Emil Hirsch e Paul Rudd.

Non succede nulla di particolare nel film, o meglio nulla che venga mostrato allo spettatore: Alvin e Lance, che è il fratello piccolo della fidanzata di Alvin, dipingono strisce nel mezzo delle carreggiate vuote e ogni tanto piantano paletti, sentono musica, uno studia il tedesco, l’altro si annoia, hanno età, interessi, caratteri diversi e nel fine settimana possono abbandonare i boschi e tornare in città. Alvin preferisce continuare la sua vita nella natura, Lance presto sembra imitarlo perchè in città (dai racconti di Lance, dalle lettere che Alvin riceve dalla fidanzata Madison) non sembra attenderli nulla di buono, le loro donne li abbandonano perchè si sentono abbandonate, o rimangono incinte a tradimento, mettendoli davanti alle loro responsabilità. La natura, non idilliaca ma reale (dove un procione sbrana una tartaruga dal guscio spaccato), non appare comunque mai minacciosa agli uomini, seguiti dalla macchina da presa con rispetto ed empatia, nel loro processo di reciproca conoscenza e di confessione delle proprie sofferenze.

Nel mezzo delle strade che non portano a niente, capita di incontrare un vecchio camionista simpatico e ubriacone e una anziana ex pilota che scava tra le ceneri della sua casa andata distrutta: come mai tra loro l’uomo e la donna sembrano non vedersi mai, come fantasmi?

La didascalia iniziale del film ci informa che nell’estate del 1988 grandi territori del Texas sono stati devastati da incendi in cui sono morte quattro persone: abbiamo visto solo dei fantasmi, dunque? O i fantasmi sono i boscaioli che nelle ultime inquadrature salutano Alvin e Lance che passano loro accanto con la macchina?

Come ha scritto il critico della Berliner Zeitung, Prince Avalanche forse non vincerà dei premi, ma avrà degli spettatori in sala, il che di questi tempi non è poco.


CAST & CREDITS

(Prince Avalance) Regia: David Gordon Green; sceneggiatura: David Gordon Green, dal film Á Annan Veg (Either Way, Islanda 2011, regia: Hafsteinn Gunnar Sigurðsson); fotografia: Tim Orr; montaggio: Colin Patton; interpreti: Paul Rudd (Alvin), Emil Hirsch (Lance), Lance Legault (camionista), Joyce Payne (la donna); produzione: To Get To The Other Side; origine: Stati Uniti; durata: 94’.


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