Proie - Roma 2010 - Extra

E’ dai tempi di Godzilla che ci arrivano dal cinema valide lezioni su come l’uomo dovrebbe cercare di non innervosire le forze della natura alterando i loro metabolismi. Da sempre il genere horror accoglie al suo interno un fruttuosissimo filone tutto incentrato su cosa succede a coloro che mancano di rispetto ai meccanismi che regolano la vita su questo pianeta. Dal lucertolone giapponese, passando per certo cinema di Corman, fino al recentissimo “E venne il giorno” di Shyamalan, il monito “ambientalista” non cessa di ispirare alcuni degli horror più validi di sempre. “Proie” di Antoine Blossier si inserisce in questa tradizione, raccontando la storia di una torbida famiglia che possiede un vasto appezzamento di terra nella campagna francese. Un giorno gli animali cominciano a comportarsi in modo strano, e una caccia al cinghiale si tramuta nella classica corsa al massacro in cui gli uomini da cacciatori diventano prede indifese. Oltre allo “standard” dell’ubris nei confronti della natura, il film di Blossier declina anche un altro tema ricorrente dell’horror, quello del pericolo esterno che porta al progressivo svelamento degli oscuri segreti che affliggono la comunità stessa (in questo caso un nucleo familiare), fino a giungere alla fatidica e classica domanda su chi sia veramente il “cattivo”. Uno dei fratelli ha infatti un’industria chimica con cui testa fertilizzanti e pesticidi nelle terre di famiglia, e col procedere del film si scopre che gli animali stanno morendo e diventando “insolitamente” aggressivi proprio a causa di uno di questi composti chimici. Catapultati improvvisamente nello “stato di natura”, nella lotta per la sopravvivenza, anche i legami familiari cessano di essere una garanzia di solidarietà reciproca, e la regressione alla bestialità primitiva è completa. Il film, girato interamente in digitale, è un buon esempio di come un genere come l’horror possa conservare la propria carica ansiosa e raccapricciante anche a bassissimo costo. I cinghiali assassini non si vedono quasi mai; e anche se lo spargimento di sangue è notevole gli “effetti speciali” si limitano al buon vecchio ketchup utilizzato in gran quantità, come usava nei tempi che furono. Infatti “Proie” alle volte scivola un po’ troppo nello splatter, e a livello di sceneggiatura pecca nella definizione di psicologie esageratamente aderenti a dei clichè un po’ abusati: lo scienziato/imprenditore cattivo e senza scrupoli, il padre burbero e coraggioso, l’omertà del clan e così via. Ciononostante il film si distingue per la sua capacità di tenere sempre viva la tensione, e soprattutto per la sua tendenza a creare una vaga empatia con il mostro-vittima, un altro dei punti di forza dell’horror costruito sulle possibili conseguenze di realissimi pericoli a cui l’umanità va incontro. Dalla mucca pazza al cinghiale impazzito il passo non è poi così lungo.
(Proie) Regia:Antoine Blossier ; sceneggiatura: ; fotografia: ; montaggio: ; musica: ; scenografia: ; interpreti: (Berenice Bejo), (Isabelle Renauld), (Grégoire Colin), (François Levantal), (Joseph Malerba), (Fred Ulysse); Produzione: Quasar Pictures, TPS Star ; distribuzione:; Origine:Francia ; durata: 80’.
