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Purificati

Pubblicato il 22 settembre 2008 da Giovanna Vincenti


Purificati

Purificati (Cleansed), come già il titolo stesso preannuncia, incarna profondamente quel concetto di catarsi indicato da Aristotele come fine ultimo e supremo del teatro tragico. Lungi, dunque, dal voler essere una mera provocazione fine a se stessa – accusa più volte mossa alla giovane autrice inglese prematuramente scomparsa - , la forza brutale e violenta che pervade il teatro di Sarah Kane risponde ad un’urgenza ben precisa. Ed è proprio nella sua atrocità (solo in apparenza gratuita e distante da noi), nel suo volerci sbattere in faccia il lato più sordido e cruento della nostra realtà, senza alcuna smussatura, che va rintracciata la premessa indispensabile per una rinascita. ‘Ho sentito male. L’ho sentito. Qui. Dentro. Qui. E se non sento male, è tutto inutile’ sarà, infatti, una delle ultime battute pronunciate da Grace, personaggio che più di tutti richiama alla mente la stessa autrice e il cui nome, chiaramente, non può essere casuale (come del resto casuali non sono Tinker, Rod o Robin).

Il palcoscenico, dunque, come altare sacrificale. Altare su cui vengono immolati personaggi-pharmakoi, tutti, a loro modo, esempi di amori sbagliati, incestuosi, morbosi ma, allo stesso tempo, e proprio per questo, puri, vibranti, umani. Vittime sacrificali di questo cruento rituale, essi saranno seviziati, mutilati, stuprati, umiliati attraverso qualsiasi forma di violenza fisica o verbale, perché, sì, è proprio vero, ‘la morte non è la cosa peggiore che ti possono fare’ e, anzi, in alcuni casi, essa potrebbe rappresentare una facile fuga, la via più facile e indolore. Questo il desolato paesaggio umano in rovina che anima le stanze multicolori del campus universitario-campo di concentramento, in attesa che il sole lo illumini con la sua luce accecante. La purificazione, appunto.

Al limite tra messa in scena e lettura scenica, l’allestimento di Antonio Latella, che si trova a dirigere, questa volta, i giovani e validissimi interpreti del CUT di Perugia, lascia inizialmente interdetti. Pressocchè totale è, infatti, l’assenza di movimento. Il gesto scenico è ridotto all’essenziale o, meglio, viene fondamentalmente ‘pronunciato’ per poi ricrearsi vivido nella mente dello spettatore, chiamato così, dunque, a prendere parte attiva al sacrificio. I personaggi sono incollati alle loro sedie, rimandando ogni gesto fondamentale alla ‘parola detta’, peraltro, con mirabile forza interpretativa, da Cartolina Balucani, a cui è riservato l’arduo compito di interpretare niente meno che le didascalie del testo (come sempre, nel teatro della Kane, minuziosissime).

Lo sguardo dei nove interpreti (tutti ‘grottescamente’ vestiti da donna indipendentemente dal sesso) ora indagatore, ora accusatore, ora implorante, ora smarrito resta incollato sulla platea con un risultato fortemente suggestivo: il pubblico non può non sentirsi sempre più turbato, minacciato, violentato anch’esso. Il risultato è che gradualmente la sensazione di disagio si trasforma via via in una dolorosa accettazione del fatto che nessuno può sfuggire a questa violenza, che fa parte del nostro vivere, del nostro straziante stare al mondo. Sensazione sgradevole ma nella cui presa di coscienza risiede il principio stesso della purificazione.

Il risultato di questa audace impresa è il trionfo assoluto del testo, dunque. Poiché, del resto, il teatro di Sarah Kane è, sì, forza violenta, inarrestabile pronta a sprigionarsi sul palco ma è, innanzitutto, verbo doloroso e sanguinante.


CAST & CREDITS

Autore: Sarah Kane; Traduzione: Barbara Nativi; Regia: Antonio Latella; Regista assistente: Tommaso Tuzzoli; Disegno luci: Giorgio Cervesi Ripa; Interpeti: Carolina Balucani, David Berliocchi, Maria Varo, Domenico Viola, Francesca Colli, Caroline Baglioni, Stefano Cristofani, Francesca Aiello, Marta Pellegrino; Produzione: Teatro Stabile dell’Umbria, Centro Universitario Teatrale Perugia.


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