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Répertoire des villes disparues - Concorso

Pubblicato il 12 febbraio 2019 da Matteo Galli

VOTO:

Répertoire des villes disparues - Concorso

Mai vista così tanta neve in concorso alla Berlinale, quella della Norvegia nel film di Moland, quella dell’Ucraina in preda alla carestia in Mr. Jones di Agnieszka Holland, quella dell’Anatolia nel film turco di Alper, e stamattina quella canadese nel film di Dennis Côté, intitolato Répertoire des villes disparues, insieme a quello di Ozon il titolo più bello della Berlinale di quest’anno. In un festival in cui è il realismo sociale a farla da padrone, il film di Côté salta agli occhi perché partendo dall’assunzione di un paradigma realistico, se vogliamo anche di blanda denuncia, ovvero il progressivo spopolamento del Québec rurale e al tempo stesso la sostanziale chiusura di una comunità fortemente autoreferenziale, vira ben presto verso una modalità fantastica, trasformandosi in una ghost story o in un film di zombie. All’origine c’è la morte di un ragazzo di 21 anni che si va a schiantare con la macchina: incidente? Suicidio? La famiglia – padre, madre, fratello - precipita in uno stato luttuoso che lascia profondissime tracce, soprattutto nel padre che esce letteralmente a prendere le sigarette salvo poi abbandonare il tetto coniugale dicendo che non se/quando tornerà, e poi facendo la stessa fine del figlio, ma anche la madre e il fratello sono sempre più preda di allucinazioni in cui credono di vedere il parente morto. Presenze inquietanti se ne vedono in realtà fino dalle primissime inquadrature, individui sporchi, vestiti con pelli di animale e maschere, anch’esse animalesche, figure fra Halloween e Carnevale che si aggirano, inquiete e inquietanti, ai margini della cittadina. I famigliari non sono gli unici a soffrire di allucinazioni, fra gli altri merita una speciale menzione, Adèle, un personaggio che all’inizio sembra stranissimo, lievemente autistica, definita la mendicante del villaggio, che in realtà lavora in quella che sembra essere l’unica osteria. Fin dall’inizio Adèle vede, sente il ragazzo morto e altre strane presenze, lo spettatore è portato a pensare che il problema sia prevalentemente suo, che soffra di attacchi d’ansia oppure di panico in realtà man mano che procede il film si capisce benissimo che non è la sola, se così si può dare Adèle rappresenta l’avanguardia verso l’ignoto e verso i morti e la conclusione della sua parabola – a un certo punto Adèle prende a levitare e resta sospesa in aria in mezzo a pale eoliche – è particolarmente serena. Tutti gli altri personaggi del paese finiscono presto o tardi per rendersi conto della presenza di un’altra Realtà, dando vita alle più diverse reazioni, i personaggi scelti da Côté presentano ciascuno una propria riconoscibile individualità che ben contribuisce alla coralità del film. Persino la sindaca, titolare severa e caparbia della responsabilità politica, morale e della coesione della comunità è costretta a un certo punto ad ammettere che la ragione nulla può contro i morti del villaggio che in modo sempre più numeroso e vistoso assediano il paese, non giungendo ad aggredire i vivi, come nel film di George Romero, che viene in mente ad ogni piè sospinto, ma comunque imponendo la loro presenza allucinata e allucinante. A rendere il tutto ancor più inquietante è la grana grossa della pellicola, il film è infatti girato in16mm, ciò che provoca un continuo senso di irrealtà e di allucinazione. Come Akin, anche Côté sembra che abbia voluto girare solo un film di genere, anche se tutto lascia pensare che l’allegoria inventata dal regista sottintenda un’ansia nei confronti del diverso e dell’altro di cui le comunità francofone canadesi rappresentano un chiarissimo esempio, come ha spiegato in conferenza stampa. Non siamo mai stati grandi fan dei film di Côté, presente in concorso a Berlino per la terza volta (nel 2013 aveva preso un Orso d’Argento per il contributo innovativo all’arte cinematografica), ma questo ci pare forse il migliore fra quelli che abbiamo avuto modo di vedere.


CAST & CREDITS

(Répertoire des villes disparues ); Regia: Denis Côté; sceneggiatura: Denis Côté; fotografia: François Messier-Rheault; montaggio: Nicolas Royi; interpreti: Robert Naylor (Jimmy), Josée Deschênes (Gisèle), Jean-Michel Anctil (Romuald), Larissa Corriveau (Adèle), Rémi Goulet (André), Diane Lavallée (la sindaca), Hubert Proulx (Pierre), Rachel Graton (Camille), Normand Carrière (Richard), jocelyne Zucco (Louise)); produzione:Couzin Films, Montreal; origine: Canada 2019; durata: 96’.


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