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Ritratti - Martone & Falso Movimento

Pubblicato il 18 maggio 2004 da Simona Morgantini


Ritratti - Martone & Falso Movimento

Chiamare Falso Movimento un gruppo teatrale, nel 1977, come Mario Martone, Angelo Curti, Licia Maglietta e altri hanno fatto, era già una dichiarazione d’intenti. Una volontà di tracciare linee fluide, attraversabili, tra la scena e l’immagine, di creare uno spazio unitario in cui far convergere i diversi linguaggi. E come il protagonista dell’omonimo film di Wenders si muoveva verso sud, alla ricerca di ispirazione, anche il gruppo cercava un’ipotesi di rappresentazione in una città satura di odori e sapori teatrali, un coacervo di voci che diventavano un’enorme struttura primordiale, animata da una passionalità intensa. Ma prima ancora di Falso Movimento, prima ancora degli esordi, l’anima del gruppo, Mario Martone, a soli 17 anni professava la sua fede nelle ragioni dello spettacolo con un Faust che già contiene, in germe, la dannazione dell’attore, il peso della sua scelta di lottatore all’interno dell’arena mediatica. Il video per Martone non risponde mai ad un’esigenza di documentazione del fatto spettacolare, e se è stato utilizzato è stato solo in virtù del suo rapporto fondamentale con l’immagine. Anzi, nel suo lavoro l’attore è sempre stato al centro di un combattimento, di un duello con il sistema delle immagini e in questa battaglia riafferma continuamente il proprio essere uomo. Attori che affermano prepotentemente con i loro corpi e il loro sangue la propria identità contro l’immagine catodica, il sistema delle comunicazioni che produce solo fantasmi, corpi privi di spessore, profondità, pura apparenza e superficialità. Il lavoro di Martone, col tempo, si è incuneato nello scarto che permetteva all’autore teatrale di smarcarsi dalla voracità dei mass media, che erano in grado di fagocitare qualunque tentativo di devianza, e di rispondere al costante gioco di simulazione dei media con una serie di spettacoli, negli anni Ottanta, come Tango glaciale (1982) e Il desiderio preso per la coda (1985), testi importanti, che sfruttavano le caratteristiche di sinteticità, di frammentazione estrema dell’immagine elettronica, fino ad approdare al manifesto di Ritorno ad Alphaville (1986). Testo chiave nella carriera di Martone, punto di fuga tra teatro e cinema, Alphaville è uno spettacolo conclusivo (si chiude con una domanda), un kolossal teatrale che riassume tutte le riflessioni sul problema dei linguaggi, teatrale e sintetico, fin qui elaborate: un personaggio in carne ed ossa riceve l’incarico di recarsi sul pianeta Alphaville da un monitor televisivo che trasmette, tra l’altro, le immagini del film di Jean-Luc Godard; su questo pianeta assiste allo scontro tra la popolazione dei “fantasmi” che cercano di arrivare a una nuova vita, e una popolazione di “sopravvissuti” che vivono delle proprie memorie. Tutto distribuito su quattro palcoscenici. Alphaville segna anche l’inizio di una nuova strada per Falso Movimento, che diventa Teatri Uniti, arricchendosi di personalità eclettiche come quelle di Toni Servillo ed Antonio Neiwiller. Toni Servillo, in particolare, contribuisce all’introduzione della narrazione, della parola che ha un peso specifico, conferitogli dalla memoria storica e dalla tradizione artistica. Il cambio di rotta avviene con allestimenti di mostri sacri del teatro antico, reinventati nella lingua di Martone, come Filottete di Sofocle, o I persiani di Eschilo, per una trasformazione che è un ritorno alla parola vissuta dai personaggi, al logos rimesso al centro dell’attenzione. Le contaminazioni si fanno sempre più serrate, cinema e teatro diventano luoghi da cui si entra e si esce spesso senza soluzione di continuità. E l’esordio alla regia cinematografica non poteva non produrre un’eco maggiore: Morte di un matematico napoletano (1992), salutato da Enrico Ghezzi come uno degli esordi d’autore meno trasgressivi e composti degli ultimi anni, in realtà apre una finestra su un mondo, quello partenopeo, che si credeva sopito, o illanguidito. Attorno a Martone si coagulano competenze e professionalità diverse, e Napoli, fuori e dentro ai Teatri Uniti, diventa fulcro di una nuova scena cinematografica, resa viva da punti di vista anche molto lontani come quelli di Pappi Corsicato e Antonio Capuano. Le suggestioni letterarie di Laura Ferrante vengono elaborate da Martone in un nuovo soggetto, L’amore molesto(1995), che indaga personaggi generosissimi e abietti, malati di passioni rovinose e di un senso d’inguaribile sfacelo, in cui ritroviamo il fuoco di una città che brucia sotto la cenere. Summa teologica di un progetto, di un modo di pensare l’esigenza stessa dello spettacolo, Teatro di guerra (1998) riassume l’esperienza dei Teatri Uniti, riunendo molti degli attori che negli anni hanno lavorato con Martone, da Andrea Renzi ad Anna Bonaiuto, da Iaia Forte a Toni Servillo. Film “liminale”, autentico ed estremo, nel suo disperato tentativo di voler afferrare l’istante in cui l’azione performativa dell’attore solca il confine tra realtà e finzione, Teatro di guerra sente il polso di un gruppo teatrale che sta preparando un allestimento dei Sette contro Tebe di Eschilo da portare a Sarajevo, ferita dalle bombe. Attori - soldati, quindi, nella guerra contro lo strapotere delle immagini vacue, per mettere a nudo i corpi in carne ed ossa, per ricordare che il teatro e il cinema devono sempre essere in frizione rispetto alla realtà, mai in appiattimento su di essa. Dopo aver tracciato un’altra linea di demarcazione nella sua carriera, Martone rimane lontano dal set per sei anni, dedicandosi al suo primo amore e allo studio dei testi greci, cogliendo i punti di contatto con l’attualità. La breve, tormentata direzione dei Teatri di Roma, il suo ri-scoprire lo spazio scenico dell’ex fabbrica della Miralanza, a Testaccio, e trasformarlo nel centro di nuove espressioni artistiche del Teatro India, è storia recente. Oggi Martone non intende più che mai riconciliarsi, e lo fa con un film aspro e crudele, L’odore del sangue, e con uno spettacolo, Edipo a Colono, mantenendosi saldamente a cavallo di più espressioni artistiche, regista polimorfo e gran cerimoniere di corte.


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