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Roma 2015 - Amama - Intervista ad Asier Altuna e Marian Fernandez

Pubblicato il 24 ottobre 2015 da Stefano Colagiovanni


Roma 2015 - Amama - Intervista ad Asier Altuna e Marian Fernandez

E’ sempre buona abitudine cercare di approfondire nel dettaglio umori e punti di vista degli artefici di una sorprendente rivelazione cinematografica. E Amama, nuovo lungometraggio del regista spagnolo Asier Altuna, presentato giovedì 22 ottobre 2015 alla Festa del Cinema di Roma, merita tutte le attenzioni del caso. Immersi nel comfort e nel silenzio dello spazio Akai adibito nei pressi dell’Auditorium Parco della Musica, abbiamo avuto la possibilità e il piacere di incontrare il regista e sceneggiatore Asier Altuna e la produttrice della TXINTXUA FILMS, Marian Fernandez, entrambi molto disponibili e desiderosi di confrontarsi per discutere del creazione e della produzione del loro lavoro.

Dove ha trovato lo spunto per l’idea sulla quale ha costruito il suo film? E’ presente un sottile collegamento con la sua famiglia e la sua infanzia?

Asier Altuna: Sono nato e vissuto fino ai venti anni in una fattoria, per poi andare a vivere in città, però non ho mai smesso di tenermi in contatto con la realtà rurale. In qualche modo parlo di un mondo che conosco molto bene, anche se non racconto la mia storia, però sono ancora vivi in me molti ricordi d’infanzia e persistono delle atmosfere che hanno molto a che vedere con la mia vita. Faccio parte di questa rottura con il mondo tradizionale, con questa famiglia, con questi costumi, che oggi sembrano anche un po’ arcaici…però la pellicola è basata completamente sulla finzione: non conosco nessuno che pianta un albero quando gli nasce un figlio, anche se si tratta di un gesto molto bello. Tuttavia la trama principale della pellicola deriva da un poema di uno scrittore basco, che narra la storia di un padre e sua figlia che non riescono a comunicare tra loro e, attraverso un lavoro manuale e un regalo (in questo caso un letto), riescono a ristabilire la comunicazione e, in questo modo, la figlia riesce a scoprire che il padre ha dei sentimenti, che fino ad allora pensava non avesse. Sfruttando questo poema ho messo al centro della trama il conflitto, al quale poi ho aggiunto i finti alberi, il bosco e tutti gli altri elementi presenti nel film.

E’ casuale la scelta di impostare come protagoniste due donne (Amalia e amama), anziché due uomini? Ha provato a elogiare la forza della donna che contribuisce in maniera fondamentale alla crescita della famiglia?

A.A.: In verità, non ho mai capito se il personaggio principale del film fosse Amalia o Thomas. Amama non la considero un personaggio principale. Temo che, alla fine, il vero personaggio principale sia Amalia, anche se l’azione la vive Thomas sulla sua pelle, che è il personaggio che inizia la crisi, perché il suo mondo personale gli crolla addosso e lui reagisce a ciò, prova a resistere, in una maniera molto violenta. Lui è il personaggio che alla fine cambia. Tuttavia credo che, alla fine, questa sia una storia di donne, sulle donne: c’è la figlia che si scontra con il padre in modo un po’ mascolino, furioso e la madre che subentra al padre senza sostituirlo, e poi la nonna, con il suo sguardo, che sembra cospirare affinché questo mondo maschile in cui vivono finisca.

Considerata la mole di simbolismi presenti nel film, prende spunto da qualche grande cineasta internazionale? Terrence Malick, per esempio?

A.A.: No, sinceramente non mi ispiro a nessuno. Tutte quelle che si vedono sono immagini che mi vengono da dentro. Non voglio dire che non esistono fotografi o artisti da cui traggo spunti, sarebbe una bugia…ma queste in particolare sono creazioni personali. Così come nei miei precedenti lavori, sono presenti molti simbolismi ed elementi surrealisti, immagini oniriche. Malick è un grande regista e lo ammiro, perché anche nei suoi film c’è questa potenza visiva che affascina. Per citarne un altro, anche Lars Von Trier riesce a meravigliare e il pensiero va alla sequenza d’apertura di Melancholia

Ritiene che i temi trattati in Amama siano ancora reali e tangibili nella Spagna (e nei paesi baschi nello specifico) di oggi?

A.A.: Credo di si. Quello che racconto nella mia pellicola è un conflitto famigliare e questi ci sono sempre stati e sempre ci saranno, però d’altro canto, sto rappresentando un mondo che sta per finire e proprio per questo motivo ho ritenuto importantissimo tratteggiare questo omaggio.

Quanto sono importanti per Asier Altuna i suoi antenati?

A.A.: Importantissimi! Adoravo quando i miei nonni mi raccontavano le loro storie. Credo fortemente che sia importante rompere con la tradizione, ma senza dimenticare, anzi, salvaguardare il passato. Spesso noto che nella società odierna questi aspetti non assumono un’importanza di rilievo e tutto ciò mi rattrista moltissimo.

Cosa vi ha spinti a imbarcarvi in questa avventura?

Marian Fernandez: La prima cosa che devo spiegare per giustificare la produzione di questo film è che io e Asier Altuna siamo soci, quindi la casa di produzione TXINTXUA l’abbiamo fondata insieme nel 2008. Io mi sono dedicata alla produzione, perché avevo già già lavorato da molti anni come produttrice, mentre Asier aveva già esperienza come sceneggiatore e regista, così abbiamo scelto di unire le nostre energie e conoscenze per fondare la società. Inizialmente non abbiamo trovato nessuno in grado di appoggiarci, ma è andato tutto molto bene. Così abbiamo continuato a far crescere la casa di produzione: abbiamo realizzato dieci cortometraggi, alcuni di Asier, altri di diversi registi; questo è il secondo lungometraggio e primo film di finzione.
Il processo di creazione è stato molto lungo, così come la sua maturazione, a partire dalla concezione della prima idea, fino alla stesura della sceneggiatura finale.

Come vi siete trovati alla festa del Cinema? Avete incontrato problemi di organizzazione?

M.F.: Quando ci hanno detto che saremmo venuti a Roma, eravamo felicissimi. Non eravamo mai stati qui, anche se avevamo sentito parlare molto di questa manifestazione. Quando ci hanno rivelato di essere stati selezionati eravamo pieni di gioia, perché poter iniziare da qui il nostro cammino internazionale significa molto per noi. Proprio ora è uscita la pellicola in Spagna, ma per noi era importante raccontare che il film poteva interessare non solo gli spagnoli, ma anche in campo internazionale. Ieri c’è stata la prima proiezione ufficiale con il pubblico ed è stato tutto fantastico e molto interessante poter confrontarci con gli spettatori.

Quale pensa possa essere il futuro del cinema spagnolo, considerato anche che "La vita va vissuta a occhi chiusi" concorrerà ai prossimi Oscar 2016?

M.F.: Trovo molto interessante che il film per la Spagna candidato agli Oscar racconti storie della periferia spagnola: periferia non solo in senso geografico, ma anche culturale. Amama è stato girato in basco, quindi la lingua, il contesto e anche il regista non ha nulla a che vedere con quelli che sono i parametri attuali. In Spagna stanno comunque rischiando molto e cercando nuove formule. Credo che ci sono molti registi che si stanno approcciando a questo cammino, che si stanno facendo strada all’interno del circuito internazionale, dove si può usufruire di un punto di vista capace di raccontare una realtà differente in modo differente. Credo che ci sia molto talento e voglia di lavorare in questo senso, per lo meno per noi è così e lì è dove vogliamo arrivare…e questo non è solo il presente, ma anche il futuro del cinema spagnolo.

Amama potrebbe essere distribuito in Italia?

F.M.: Mi piacerebbe moltissimo! Non conosco alla perfezione il mercato di distribuzione in Italia. Proprio in questi ultimi giorni ho parlato con la direttrice del cinema spagnolo e cercheremo un modo per arrivare a dei distributori italiani per vedere se sono interessati. In Spagna è uscito nelle sale la settimana scorsa, con un riscontro molto positivo. Non ha ancora quei requisiti per essere un film preceduto da spasmodica attesa, non essendo diretto da un regista famoso e non comprendendo star di livello internazionale nel cast. Anche la lingua è diversa, particolare e non possiamo vantare una forza capace di spenderci in una campagna distributiva di altissimo livello. Ma sono molto speranzosa che si possa arrivare a metterci d’accordo con qualche distributore internazionale. E fino a che non ci riusciremo, continueremo per rendere i nostri sogni realtà!


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