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Roma 2015 - Amama (When a tree falls)

Pubblicato il 24 ottobre 2015 da Stefano Colagiovanni

VOTO:

Roma 2015 - Amama (When a tree falls)

Cos’è che ci rende quello che siamo? Ogni individuo trascorre il tempo concessogli attraversando le stagioni della propria vita. Primavera, estate, autunno, inverno. Come un seme, piantato nella terra umida che germoglia, fiorisce, avvizzisce e muore. Prima solo un seme, poi un fiore delicato, infine un albero svettante e coriaceo, ancorato alla terra da robuste radici. Nasciamo dalla terra, per rimanere aggrappati a essa e poi raggiungerla nuovamente alla fine del nostro cammino. Le radici.

Le tradizioni. La famiglia e i nostri antenati. Sono i quattro punti cardinali di Amama – When a tree falls, struggente elegia composta da Asier Altuna, regista spagnolo dotato di uno straordinario talento visivo. La storia di Amalia (Iraia Elias) è ambientata nella sua terra, tra gli orti e i frutteti coltivati dalla sua famiglia: il padre (un intenso Kandido Uranga) è un uomo fin troppo attaccato alle tradizioni, convinto che l’unico modo di sopravvivere alle intemperie della vita si raggiunga grazie al duro lavoro, sporcandosi le mani di terra e sudore. Amalia non condivide questa visione atavica e cerca di far cambiare idea al cocciuto genitore, senza trovare sostegno da parte dei due fratelli Xabi (Ander Lipus) e Gaizka (Manu Uranga), entrambi decisi a costruirsi una vita lontano dalla casa in cui sono nati e cresciuti. Assieme ad Amalia e i suoi genitori vive la nonna (amama, nella lingua basca, interpretata da Amparo Badiola), figura silenziosa e assorta, donna ingrigita e stropicciata dai patemi di un’intera esistenza di sacrifici. Amalia rispetta e condivide le tradizioni di famiglia, ma le vive da un punto di vita artistico, spinta dalla passione per la fotografia. Peccato che Thomas non ne voglia affatto sapere di cambiare approccio alla vita…

Lasciandosi trasportare da visioni oniriche, in bilico tra un passato e un futuro che si identificano in due diverse generazioni, tra illusioni e disillusioni, Asier Altuna siede nel mezzo del bosco irto di alberi da lui immaginato e racconta una storia tanto semplice, quanto intima. Volge lo sguardo al passato, coccola le tradizioni di un popolo (quello basco) dedito alla fatica nei campi, abituato agli affanni, e al contempo fissa nell’obiettivo il nuovo che avanza, il progresso culturale della nuova generazione discepola dell’arte come rappresentazione stessa della vita; e brutalmente li scaglia l’uno contro l’altra, inscenando un terremoto famigliare, crudele e dotato di enorme impatto emotivo. Sullo sfondo siede e attende la nonna, severo personaggio allegorico di struggente raffinatezza, l’amama che non ha bisogno di parlare, ma scruta nel microcosmo del focolare come cospirando, lasciando che il tempo scorra a suo modo, finché l’albero secolare si accasci al suolo, lasciando spazio al nuovo seme in procinto di germogliare.

Scevro da futile patetismo e incanalato in un registro narrativo e formale delineato con oculatezza, senza rinunciare a un’ambizione immaginifica concettualmente impeccabile, Amama scorre via delicato come il vento tra le fronde degli alberi. Film da ammirare con il cuore e la spina dorsale, mentre il respiro rallenta e si condivide il rispetto per il sacrificio dei genitori, e il decoro per un mondo e per quelle tradizioni destinate a scomparire del tutto, come lavate via dalla pioggia d’autunno, e ritornate alla terra. Lì, dove il corpo e lo spirito potranno finalmente riposare.


CAST & CREDITS

(Amama); Regia: Asier Altuna; sceneggiatura: Asier Altuna Iza; fotografia: Javier Agirre Erauso; montaggio: Laurent Dufreche; musica: Javi P3Z, MURSEGO; interpreti: Iraia Elias, Kandido Uranga, Klara Badiola, Amparo Badiola, Ander Lipus, Manu Uranga, Nagore Aranburu; produzione: TXINTXUA FILMS; origine: Spagna, 2015; durata: 103’; Proposta di voto: 4


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