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Roma 2015 - Experimenter

Pubblicato il 24 ottobre 2015 da Stefano Colagiovanni

VOTO:

Roma 2015 - Experimenter

In che modo e per quale motivo l’uomo riesce ad accantonare la propria individualità, cedendo alle lusinghe del comando? O perché viene così naturale omologarsi al pensiero comune, preferendo, nell’incertezza, sbagliare come sbagliano gli altri, giusto per non correre il rischio di essere additati come diversi?

Nessuna di queste domande è mai passata inosservata: nel corso della storia della medicina moderna sono stati effettuati numerosi studi, illustri luminari (dai padri della filosofia a quelli della psicologia) hanno sviluppato teorie, spesso contraddittorie, fino all’atto pratico, sperimentando. Così l’esperimento si trasforma nell’ingranaggio principale che muove la macchina Experimenter, il nuovo film di Michael Almereyda. O, per essere più precisi, lo sperimentatore: Stanley Milgram (interpretato in maniera egregia da Peter Sarsgaard), noto psicologo che, a partire dal 1961, diede inizio a una serie di test basati sugli effetti stimolanti dell’elettroshock, per studiare le capacità di apprendimento di un campione di pazienti casuali, sottoposti a un eccessivo stress accentuato dalla subordinazione al comando imposto.

Il tono e il ritmo del film di Almereyda sono chiari e comprensibili sin dalla sequenza d’apertura: il regista statunitense preferisce narrare la vita di Milgram sfruttando un taglio autobiografico, lasciando che non siano le sole immagini a narrare, ma intervallando a esse lo stesso Milgram, che si rivolge costantemente alla camera, dialogando e spiegando dettagliatamente ogni aspetto del suo lavoro allo spettatore. Tuttavia, se questa scelta può inizialmente incuriosire e divertire, stimolando l’attenzione con l’humour di Milgrim, tagliente e sarcastico, finisce col rivelarsi presto una scelta infelice, causando uno stallo irreversibile alla pellicola che non riesce a rimodellare il profilo di freddo e scarno biopic nel quale si incasella; ne consegue che per l’intera durata, Experimenter si concretizza in una lezione sulla storia della sociologia del pensiero di Milgram, didascalica e tediante, come quando si aspetta che la parola giusta salti dalle sinapsi fino in bocca per esser pronunciata, restando incollata alla lingua, tra frustrazione e impazienza.

Certo, un biopic ha in primis l’obbligo di raccontare una storia di vita, con tutti i limiti annessi che il genere può comportare, ma in Experimenter, Almereyda rinuncia interamente al contenuto, afflosciandosi sulla superficie, senza scavare all’interno dei personaggi (praticamente tutti anonimi), né provando a sviluppare un contesto romanzato nel quale seminare e far crescere la Storia di Milgram e ciò sembra un po’ come avere tra le mani un pacco regalo sfarzoso, per poi scoprire che non contiene alcunché.

Almereyda racconta una serie di eventi in un arco temporale che, a onor del vero, sarebbe potuto essere ridotto della metà, senza giungere a nessuna conclusione convincente, mancando un background narrativo di contrasto. Un film senz’anima, per intenderci. E, tristemente, l’esperimento si esaurisce in un completo fallimento.


CAST & CREDITS

(Experimenter); Regia: Michael Almereyda; sceneggiatura: Michael Almereyda; fotografia: Ryan Samul; montaggio: Kathryn J. Schubert; musica: Bryan Senti; interpreti: Peter Sarsgaard, Winona Ryder, Anton Yelchin, Taryn Manning, Kellan Lutz; origine: U.S.A., 2015; durata: 90’;


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