X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



RomaFictionFest 2010 - Treme

Pubblicato il 7 luglio 2010 da Lorenzo Vincenti


RomaFictionFest 2010 - Treme

Mentre il mondo intero si interroga ancora sulle ragioni che hanno provocato l’origine del disastro ambientale attualmente in corso nel Golfo del Messico e mentre l’opinione pubblica prova ancora inutilmente a dare una spiegazione logica alla implacabile prepotenza con cui un mare di petrolio continua a riversarsi ormai da mesi nelle acque della Louisiana, una piccola parte d’America invoca la maledizione di quella porzione di terra e tenta di esorcizzarne gli effetti attraverso il ricordo di Katrina, l’altra grande catastrofe a cui essa, suo malgrado, ha dato ospitalità nell’agosto del 2005.
Sono i protagonisti di Treme, sofisticata e passionale serie con cui HBO si presenta all’edizione 2010 del Roma Fiction Fest per ribadire ancora una volta, con forza, la propria politica editoriale e una concezione di prodotto televisivo che non sia vincolata al carattere ludico del mezzo di comunicazione ma che si smarchi da vincoli di questo tipo per intraprendere percorsi creativi innovativi, per sperimentare e per ricercare sempre nuove forme di intrattenimento qualitativo e ragionato. E Treme probabilmente costituisce in questo senso il vertice più alto sino ad oggi raggiunto dal prestigioso network americano, la sua scommessa più importante e insieme rischiosa. In primo luogo per l’insolita location in cui si anima la vicenda (una New Orleans post-uragano lontana anni luce dai set naturali, accattivanti e avveniristici offerti dai grandi centri americani come New York, Los Angeles, Miami, Chicago, Las Vegas) e, poi, per il carattere delicato dell’intera serie, per i risvolti drammatici che essa propone, per la rappresentazione di un mondo ancora lacerato da un cataclisma devastante, il cui solo ricordo produrrebbe terrore negli occhi di intere generazioni di sopravvissuti.

Ci aveva già pensato Spike Lee a farci riflettere, a caldo, sulle conseguenze di quella tragedia. Lo ricorderete al Festival di Venezia mentre, emozionato, presentava al mondo il suo Docu-Requiem dedicato al dolore di una intera comunità. Un atto di partecipazione e contemporaneamente d’accusa teso a raccontare le cause anche “sovrannaturali” che portarono a quella tragedia e agli effetti devastanti causati a luoghi, edifici, persone e coscienze. Treme riprende, per certi aspetti, il discorso ampio intrapreso dal regista afroamericano (anch’esso prodotto per HBO) e lo ridisegna sulle coordinate più introspettive di una fiction dettagliata e incisiva. Per conto loro i produttori e realizzatori (David Simon e Eric Overmyer su tutti) si sono resi disponibili a continuare l’indagine umana post-traumatica aperta da Lee riprendendola, però, dai tre mesi successivi all’evento. Questo ha loro concesso la possibilità di mostrare non tanto, o non solo, gli effetti e i risultati concreti dell’uragano, ma la rinascita fisica e morale di un popolo. È come se loro, dopo la denuncia e il dolore dell’indomani, avessero scelto alcuni di quei testimoni ascoltati in When the leeves broke con l’intento di dimostrare la dignità con cui la gente normale avrebbe ricominciato a vivere di lì a poco. È in questo modo, perciò (ossia costruendo sopra di essi una drammatizzazione realistica di ciò che si sarebbe verificato in una piccola comunità come quella residente nel quartiere di Treme), che il messaggio della serie si concretizza in una riflessione più ampia di quella istintiva di un documentario, prediligendo l’esorcizzazione del male attraverso la rappresentazione corale di traiettorie umane positive e combattive.
I personaggi nella serie sono per questo tanti e differenti tra loro (a dimostrazione del fatto che l’uragano ha colpito indiscriminatamente e ha lasciato in ognuno dei personaggi segni indelebili), ma tutti, indistintamente, sono accomunati da un senso di riscatto e di rivincita che il montaggio parallelo della serie tende ad evidenziare con forza. Il musicista Antoine Batiste (interpretato dallo splendido Wendell Pierce, attore nativo di New Orleans colpito a sua volta dal dramma di Katrina) e la sua ex compagna LaDonna, l’insegnante Creighton Bernette (l’inimitabile John Goodman) e la sua famiglia, il dj-musicista ribelle e fallito Davis e la sua “amica” chef Janette, il capo tribù “Big Chief” e i suoi figli ormai cresciuti. Sono tutti i personaggi di una serie che intreccia storie di vita sullo sfondo di un dramma sociale evidente e pressante. Ognuno di loro tenta di compiere il proprio cammino, nel rispetto delle origini che li contraddistingue e di una appartenenza che deve essere difesa. Si arrabattano, sopravvivono, arrancano ma procedono inesorabilmente e sempre nello stesso luogo, quello che molti hanno abbandonato all’indomani della catastrofe e che loro, e gente come loro, ha deciso di difendere, combattendo per essa e insieme ad essa attraverso le armi tipiche del popolo del sud. Quelle della gioia, della speranza, del coraggio, della musica, delle tradizioni e della fratellanza.

Come precedentemente accennato Treme è un prodotto particolare e suggestivo. Ma non solo per i motivi evidenziati. È un tipo di serie televisiva che si avvicina all’arte cinematografica per il modo di realizzazione, per la messa in scena e per una struttura narrativa strutturata su più livelli. La forma di Treme è una forma che affascina, che coinvolge senza pratiche illusorie o compromessi. È un affresco naturalistico alla maniera di The Wire, è la rappresentazione senza orpelli di una tradizione secolare che, tramandandosi di generazione in generazione, arriva ad imprimersi sui volti e nell’anima delle personalità come quelle rappresentate. Come Crash (prodotto ugualmente affascinante realizzato dalla concorrente Starz), la serie di Simon e Overmyer agevola la riflessione attraverso la sottolineatura dei tempi morti e l’esaltazione delle traiettorie umane, vincolate a loro volta ad un altrettanto fondamentale fattore a cui entrambi i serial si legano indissolubilmente: il contesto di sottofondo. L’alienazione opprimente della Los Angeles di Crash è infatti paragonabile in tutto e per tutto alla depressione geologica, sociale, umana della New Orleans post-Katrina. L’unica cosa che cambia è lo sguardo degli autori dei due prodotti. Pessimisti nel primo caso e profondamente ottimisti nel secondo. Per il resto lo sfondo su cui avvengono i fatti rimane pressante in entrambe le situazioni, non poco condizionante e soprattutto rappresenta, sia in un caso che nell’altro, la più evidente prova di un disagio a cui tutti i protagonisti sono chiamati a rispondere. E la risposta che esce da Treme non può che controbilanciare, attraverso la speranza, l’umiltà e la genuinità dei suoi uomini la lenta agonia fatta di prostituzione, droga, corruzione, sopruso a cui vanno incontro i personaggi di quella altrettanto virtuosa serie televisiva americana.


Enregistrer au format PDF