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ROMANZO CRIMINALE: ELLROY, DE CATALDO, RULLI E PETRAGLIA

Pubblicato il 15 febbraio 2006 da Adriano Ercolani


ROMANZO CRIMINALE: ELLROY, DE CATALDO, RULLI E PETRAGLIA

Ellroy e De Cataldo

In un momento in cui si torna a parlare di Romanzo criminale - visti i 5 Nastri d’Argento, la vetrina berlinese e l’imminente uscita in dvd - crediamo sia necessario tornare ad analizzare il film diretto da Michele Placido sotto un punto di vista più specificamente narratologico.
Dopo essere rimasti favorevolmente colpiti dall’efficace meccanismo della sceneggiatura scritta da Stefano Rulli e Sandro Petraglia, non abbiamo potuto fare a meno di leggere il romanzo di Giancarlo De Cataldo da cui il film è stato tratto, per poter meglio apprezzare il lavoro di adattamento della loro trasposizione cinematografica.

Dovendo esplicitare le considerazioni scaturite da tale doveroso approfondimento è necessario partire da quello che probabilmente è stato il referente letterario principale per l’autore di Romanzo criminale, e cioè il lo scrittore americano James Ellroy. La tensione stilistica della prosa di questo autore, e sopratutto la sua precisa costruzione a livello drammatico, hanno a nostro avviso indirizzato il lavoro di De Cataldo - l’influenza è comunque stata ribadita più volte dallo stesso scrittore - ma ancor più sorprendentemente anche l’opera di concentrazione e strutturazione narrativa della sceneggiatura di Rulli e Petraglia.
Ma partiamo proprio da una breve analisi dell’opera di Ellroy, colui che con i suoi libri a partire dagli anni ’80 ha rivoluzionato il genere letterario dell’hard-boiled: facendo propria la lezione di maestri americani degli anni ’40, da Dashiell Hammett a Raymond Chandler, egli ha costruito un metodo di scrittura pienamente riconoscibile. Attraverso la lettura dei suoi romanzi, partendo dai primi pubblicati, ci si accorge piuttosto facilmente di come la sua prosa si sia man mano asciugata, fino a raggiungere un impressionante livello di stilizzazione in capolavori come ad esempio Il grande nulla: la sua prosa si basa principalmente su una raffigurazione degli eventi veloce e tagliente, in cui il lettore può ricostruire la psicologia ed i sentimenti dei personaggi raccontati partendo principalmente dai loro gesti, non dalle notizie date dall’onniscienza del narratore. Descrizioni di ambienti rare o addirittura assenti, attenzione invece pienamente rivolta al nodo fondamentale della drammaturgia, l’azione; uno stile dunque che limita al massimo la quantità di informazioni, fino a trovare un punto in cui la narrazione è tanto essenziale quanto perfettamente funzionale alla rarefazione cercata dall’autore.

Giancarlo De Cataldo nel suo romanzo fin dalle prime pagine dimostra di aver fatto propria la lezione di Ellroy: la prosa in Romanzo criminale possiede la stringatezza necessaria a non lasciare altro spazio che agli eventi, da cui scaturisce la raffigurazione precisa dei tre protagonisti: il Libanese, il Freddo ed il Dandy. Lucido e sintetico, il libro si dipana lungo trent’anni di storia italiana rileggendola nella chiave adatta ad una ricostruzione “narrativa” della stessa: operazione di rivisitazione tra cronaca ed invenzione che ha visto proprio James Ellroy eccellere con American Tabloid (epico racconto della storia americana che parte nel 1958 e termina con l’assassinio di Bob Kennedy nel 1963) ed il suo seguito, l’altrettanto poderoso Sei pezzi da mille (che arriva invece fino al 1968, anno dell’assassinio del fratello Ted).

Ellroy, Rulli e Petraglia

Il lavoro dei nostri più collaudati sceneggiatori sullo script di Romanzo criminale si muove sempre verso l’opera di Ellroy, passando invece per una direzione del tutto imprevista, quanto assolutamente geniale. I due autori, nel loro lavoro di condensazione rispetto alla storia ed ai personaggi di De Cataldo, riprendono la struttura narrativa presente nei migliori romanzi dello scrittore (soprattutto i tre citati in precedenza), struttura che potremmo definire “tripartita”: questa formula consiste nella narrazione che divide il punto di vista in appunto tre direzioni, quanti sono cioè i protagonisti della storia. L’equilibrio instabile che determina i rapporti tra i personaggi è metodicamente destinato a ribaltarsi secondo il seguente principio: quella che all’inizio del romanzo viene presentata come la figura dominante su una delle altre due è destinata a perdere il proprio potere per permettere all’altra, più debole ed in principio sottomessa, di percorrere la propria linea narrativa ed arrivare alla fine al ribaltamento della sua posizione, riuscendo così a sua volta a conquistare la posizione di figura “forte”. Questo passaggio di consegne è sempre traumatico nei romanzi di Ellroy che adottano tale scheletro narrativo, ma fondamentale per ricomporre l’equilibrio di forze in campo necessarie per determinare la stabilità del sistema. Il ruolo del terzo protagonista è di solito quello di “traghettatore”, di spettatore partecipante alle vicende degli altri due, intento a curare i propri interessi ma mai invasivo di quelli altrui. In American Tabloid si parte ad esempio con questa struttura "tripartita": la figura dominante è l’agente della C.I.A. Kemper Boyd, quella debole è Ward Littell, mentre Pete Bondurant rappresenta l’uomo fuori dalla mischia. In Sei pezzi da mille tocca a Littell muovere le fila della storia, al novello entrato Wayne Tedrow spetta la fase di “iniziazione” che nel primo episodio era di Littell, mentre sempre Bondurant si muove ancora una volta tra i due come una sorta di deus ex-machina.

Se nel romanzo di De Cataldo questa struttura “tripartita” non sembra essere presente, in quanto la storia della banda è maggiormente direzionata anche verso altri componenti, il film è invece precisamente diviso in tre parti - addirittura anticipate da didascalie di presentazione - in cui i protagonisti si dividono la scena, seguendo con precisione i rapporti di forza delineati nelle storie raccontate da Ellroy. All’inizio di Romanzo criminale la figura carismatica che sviluppa l’attività criminale della banda è il Libanese (Pierfrancesco Favino), mentre il Dandi viene presentato come semplice gregario, anche se privilegiato rispetto agli altri componenti. Il Freddo (Kim Rossi Stuart) invece è il personaggio riflessivo che tenta di agire con la massima saggezza possibile. Senza svelare eccessivamente i risvolti della trama della pellicola, è importante comunque evidenziare come le linee narrative dei tre “eroi” dello script di Rulli e Petraglia seguano precisamente lo schema precedentemente indicato riguardo i romanzi di Ellroy.

Da sempre lucidi narratori dello stato politico, sociale ed umano in cui l’Italia ha versato nella sua storia recente - basta pensare che loro sono le sceneggiature di film come La meglio gioventù, Il muro di gomma, Il ladro di bambini, Il portaborse, Mery per sempre -, questa volta i due hanno dimostrato di saper attingere, di adoperare al meglio una fonte letteraria precisa e fortemente caratterizzata come James Ellroy; da questo punto di partenza, evidentemente studiato e fatto proprio con grande intelligenza, è scaturita una sceneggiatura in grado di evidenziare al massimo il lavoro sugli stilemi di un genere pienamente codificato come quello poliziesco di Romanzo criminale, e nel contempo la solita attenzione alle vicende più dolorose del nostro paese.


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