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Romulus (Stagione 1) - Teste di Serie

Pubblicato il 16 dicembre 2020 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Romulus (Stagione 1) - Teste di Serie

SCHIAVI E RE

La storia si costruisce anche sulle leggende. Come quella della fondazione di Roma, “per mano” dei due fratelli Romolo e Remo. Un racconto conosciuto, oggetto alla portata di sceneggiatori e registi, facilmente applicabile all’arte cinematografica, che col peplum, tra i tanti generi, s’è fatta grande; ma, soprattutto, ha consentito a chiunque di avvicinarsi alla mitologia come fosse un glorioso e oscuro insieme di storie narrate dai nonni ai propri nipoti e, di conseguenza, ha reso questa materia così erroneamente giudicata dai più solo roba per eruditi incartapecoriti a divertissement popolare. Il peplum come un carrozzone mitologico, insomma. Per fortuna con alcune, straordinarie eccezioni…
E l’Italia è uno dei Paesi-culla del genere, ma non è di certo questo il momento per rispolverare l’antico rapporto glorioso tra il nostro cinema e i colossal mitologici e in costume.

Questa premessa, però, è necessaria per chiarire come una serie televisiva come Romulus, ambiziosa e giustamente annunciata come l’evento nostrano per il piccolo schermo, non è certo figlia del caso: i dieci episodi della prima stagione sono scritti e diretti da Matteo Rovere – seppur affiancato da altri compagni di viaggio, l’ideazione della serie è maggiormente merito suo -, già autore del fallimentare Il primo re.
Romulus riparte, infatti, proprio dallo scivolone kolossale di Rovere: secondo un’immaginaria linea temporale, la serie trasmessa su Sky Atlantic si sviluppa come una specie di prequel, anche se non sembra avere davvero nulla a che fare con il film. Sia da un punto di vista di intenti, sia per l’attenzione con cui vengono narrati gli eventi.

Chiaramente spinto dalla necessità di fondere autorialità ed esigenze mainstream, Rovere sfrutta con accuratezza i tempi di esposizione che la serialità moderna offre, provando a fare il verso a quei prodotti di stampo storico-drammatico che hanno conquistato negli ultimi anni una quantità di accaniti fan sempre maggiore – Il trono di spade e Vikings su tutte; seppur con le dovute proporzioni, in primis di budget, Romulus prende a esempio il modello narrativo orizzontale tanto caro proprio a Vikings, mettendo in scena un’aspra storia di tradimenti famigliari, lotte per la conquista del potere e amori impossibili, senza mai rinunciare al fascino e alla seduzione di elementi sovrannaturali o intesi maliziosamente tali – grazie a queste striature narrative, la presenza del popolo selvaggio votato alla dea Rumia infonde al corpo centrale dell’opera un’aura velatamente orrorifica, che arricchisce il viaggio alla scoperta dei due protagonisti Yemos e Wiros.
Dando spazio alla selvaggia potenza delle brulle lande soleggiate e affidandosi alla conturbante e intricata conformazione di boschi e caverne, catturate con un uso metodico di campi lunghi, senza mai lasciarsi prendere la mano, Rovere dimostra di saper leggere e usufruire del contesto paesaggistico per marcare e irrobustire il contesto dinastico e politico dei personaggi stessi. Peccato che questi si muovano su sentieri già battuti e facilmente individuabili ed è questo il grande difetto della prima stagione di Romulus: non può di certo essere considerato uno scivolone la trattazione della materia mitica – non può esserlo per sua stessa natura -, ma la prevedibilità e l’ostinata volontà di non ricercare spunti narrativi maggiormente avvincenti, quella sì. Yemos (non troppo coinvolgente la performance di Andrea Arcangeli) è un personaggio tristemente macchiettistico e le sue peripezie per tornare a casa e ottenere giustizia scivolano via quasi come un fastidioso deja-vù; tutti gli sforzi del cinico Amulius (bravo e truce Sergio Romano) vengono, per ora, vanificati dalla rinuncia di spingere il personaggio a osare, finendo col rimanere quasi in disparte per metà della prima stagione, poi offuscato dalla furia anarchica della figlia Ilia – infine protagonista di un secondo finale-plot twist sacrificato sull’altare del più inutile didascalismo; l’unico personaggio che, in verità, spicca è Wiros (per altro egregiamente interpretato da Francesco Di Napoli), perché il suo è un intenso romanzo di formazione, che non sbiadisce con l’esaurirsi delle vicende – deludente, in questo senso, il “destino” toccato al personaggio di Ilia -, ma offre di volta in volta spunti sempre più interessanti, nonché una certa perenne ambiguità caratteriale, che salva la prima stagione di Romulus da un tracollo altresì inevitabile.

In attesa che la serie di Matteo Rovere venga ufficialmente rinnovata per una seconda stagione, è sollevante aver notato come questi primi dieci episodi abbiano provato con parziale successo a seppellire nella polvere Il primo re; adesso a Rovere spetta il compito di costruire un’epopea – la prima, su piccolo schermo -, in grado di riportare lo spettatore nelle pieghe del mito della fondazione di Roma e, al contempo, riconsegnare il peplum italiano ai fasti che merita, soddisfacendo le richieste di una serialità moderna sempre più sovraccarica e appiattita.


(Romulus); genere: storico, drammatico; showrunner: MAtteo Rovere; stagioni: 1 (in attesa di rinnovo); episodi prima stagione: 10; interpreti principali: Andrea Arcangeli, Francesco Di Napoli, Marianna Fontana, Sergio Romano, Ivana Lotito, Vanessa Scalera; produzione: Sky Studios, Cattleya, Groenlandia, ITV Studios; network: Sky Atlantic (6 novembre-4 dicembre 2020); origine: Italia, 2020; durata: 60’; episodio cult: 1x08 - Subiectis


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