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Rotterdam 2009 - À l’ouest de Pluton - VPRO Tiger Awards

Pubblicato il 25 gennaio 2009 da Gaetano Maiorino


Rotterdam 2009 - À l'ouest de Pluton - VPRO Tiger Awards

I giovani protagonisti di À l’ouest de Pluton a tratti si sfiorano con gli adolescenti problematici che si chiudono in se stessi venuti fuori dai film di Gus Van Sant. In comune con i ragazzi silenziosi di Elephant o di Paranoid Park, hanno quel modo di camminare caracollante e assorto che li fa sembrare fuori dal mondo o comunque persi in altri pensieri, hanno i momenti di solitudine che porta all’angoscia, hanno lo skatebord come mezzo di trasporto e di fuga dalla loro vita. Ma le similitudini tematiche tra i teenager canadesi, di Québec City quindi francofoni (minoranza nel loro paese), mostrati sullo schermo da Henry Bernadette e Myriam Verreault, e quelli tragicamente raccontati dal regista americano finiscono qui, soprattutto perché la visione della vita che mettono in scena i due registi alla loro opera prima, non vira verso il pessimismo e la tragedia, ma va decisamente in senso opposto. Prendendo spunto da una notizia scientifica, la perdita da parte di Plutone del suo statuto di pianeta, Bernadette e Verreault, costruiscono una piacevole commedia anche se a tratti molto amara, che non ha un solo vero protagonista, ma segue un intero gruppo di ragazzi durante un giorno e una notte cercando di penetrarne i sentimenti, le sensazioni reali che ben si nascondono dietro le loro maschere, realizzando un film corale sull’adolescenza.
Discorsi senza senso dopo aver fumato erba o impegno civile per la liberazione di un detenuto torturato, accesi dibattiti per affermare l’indipendenza della propria regione o surreale scambio di idee per decidere il nome del proprio gruppo rock, i ragazzi affrontano ogni dialogo con lo stesso entusiasmo iniziale, salvo poi abbandonarlo per essere travolti da qualcos’altro e unirsi al gruppo nelle avventure notturne fuori dalle regole, quel gruppo che sembra essere il solo vero luogo in cui sentirsi al sicuro. Perché è proprio la sicurezza e la protezione che sembrano cercare i giovani protagonisti, quella protezione che in realtà rifuggono e denigrano, proclamandosi indipendenti e autosufficienti, eroi della notte. Ma la paura di diventare un numero qualsiasi nella galassia, come accaduto a Plutone, è evidente e il dramma è contenuto nella sensazione di impossibilità di cambiare le cose che un po’ tutti manifestano.
Molto ben girato, anche se stilisticamente ancora una volta debitore a Van Saint per tante sequenze, À l’ouest de Pluton è un’opera prima interessante di due registi che hanno trovato una formula capace di accattivare il pubblico trattando una tematica attuale e su cui si discute da molto, anche se la loro analisi psicologica dell’adolescenza rimane troppo in superficie senza riuscire a scavare davvero a fondo nelle emozioni dei giovani attori. Un po’ banale il discorso finale tra uno dei protagonisti e l’unico adulto presente (e parlante) nella pellicola sulla ricerca di se stessi. Si ripetono frasi fatte che vorrebbero mettere in scena una parodia dei “discorsi di vita” che i genitori fanno ai figli, ma ne viene fuori soltanto un imbarazzato confronto senza spessore.
I ragazzi sono veri adolescenti di 15 o 16 anni, scelta rischiosa ma indovinata e meritevole.


CAST & CREDITS

(À l’ouest de Pluton); Regia e sceneggiatura: Henry Bernadet e Myriam Verrault; fotografia: Patrick Faucher; montaggio: Myriam Verrault; interpreti: Alexis Drolet (Alex), David Bouchard (David), Yoann Linteau (Yoann); produzione: E1 film international; distribuzione: origine: Canada, 2008; durata: 95’.


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