X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Rotterdam 2009 - Blind pig who wants to fly - VPRO Tiger Awards

Pubblicato il 27 gennaio 2009 da Gaetano Maiorino


Rotterdam 2009 - Blind pig who wants to fly - VPRO Tiger Awards

Difficile parlare di omosessualità, conversioni religiose e animali impuri in un paese come l’Indonesia. Coraggioso e a tratti brillante nella realizzazione, il tentativo del regista Edwin di sfidare le convenzioni e affondare le unghie nelle contraddizioni presenti nella mentalità e nelle tradizioni del proprio paese, per far risaltare il disagio che giovani e adulti si trovano a vivere.
Il maiale del titolo è la metafora, allo stesso tempo ricercata e di grande impatto, che il regista sceglie per indicare la condizione dei protagonisti della sua pellicola, costretti a guardare in basso, impossibilitati a sollevare gli occhi e quindi a camminare a testa alta all’interno della società. Cinque storie che si sfiorano e si intrecciano, ciascuna introdotta da una didascalia che fa da titolo, ma in continuo mescolarsi nel montaggio e nella narrazione filmica.
Linda è una campionessa di badminton che ha abbandonato le gare, Yahya è un ragazzo dai lineamenti cinesi, continuamente insultato per questo dai suoi coetanei, che fa il montatore per una tv locale; i due, amici di infanzia, sono cresciuti senza ben sapere cosa volere dalla vita. Il padre di Linda, un nostalgico dentista, decide di cambiare religione e diventare da cristiano a musulmano. Due omosessuali danno una mano all’assistente del dentista facendola partecipare a un reality show in televisione chiedendo in cambio la collaborazione del dentista stesso per “ravvivare” la loro vita sessuale. E infine il maiale, piccolo e rosa legato a un paletto in un prato incolto e deserto, che tenta di liberarsi e scappare, non si capisce bene da cosa o da chi, forse soltanto alla ricerca di libertà.
Il tentativo di dare un senso ai giorni che si vivono sembra fare da filo conduttore per tutti gli episodi anche se in realtà nessuno dei protagonisti sembra essere soddisfatto del risultato al quale giunge. Tutto è un continuo ripetersi: Linda prepara decine e decine di dolci guardando sempre le arringhe di un predicatore in televisione, suo padre conduce le sue giornate sempre allo stesso modo tra le visite nel suo studio e la poltrona di casa, Yahya meccanicamente realizza i suoi lavori di editing, e a completare il tutto, c’è il continuo ripetersi di Somethin’ Stupid canzone che viene cantata decine di volte da quasi tutti i personaggi diventando quasi insopportabile, a rimarcare che questa staticità non potrà mai essere modificata.
L’idea di accostare le difficili esistenze di questo gruppo di persone è di certo interessante ma Edwin inserisce nel suo lavoro troppi temi, molti dei quali restano appena accennati durante il film. L’odio tra le due nazioni (Indonesia e Cina) non è per nulla approfondito, così come la volontà del dentista di cambiare religione sembra più una decisione dettata da un capriccio che da una reale convinzione. Restano marginali fino alla fine anche i due omosessuali, tormentati da una differente visione della sessualità più che dalla difficoltà di esprimere i propri sentimenti in un contesto a loro decisamente ostile.
Un film che promette tanto nelle prime battute ma che poi pian piano si perde per strada affogando nell’eccessiva quantità di informazioni che cerca di dare, e stilisticamente per nulla innovativo.


CAST & CREDITS

(Babi buta yang ingin terbang); Regia e sceneggiatura: Edwin; fotografia: Sidi Saleh; montaggio: Herman Panca; interpreti: Ladya Cheryll (Linda), Joko Anwar (Yahya), Carlo Genta (Cahyono); produzione: Neon Production e Babibutafilm; origine: Indonesia 2008; durata: 77’.


Enregistrer au format PDF