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Rotterdam 2009 - Dogging. A love story - VPRO Tiger Awards

Pubblicato il 25 gennaio 2009 da Gaetano Maiorino


Rotterdam 2009 - Dogging. A love story - VPRO Tiger Awards

Dicesi dogging, l’attività di spiare coppie impegnate a fare sesso in macchina in parcheggi o luoghi appartati e, con il loro consenso, a volte, unirsi a loro durante i rapporti. Di solito i meeting si organizzano clandestinamente via internet e vi partecipano persone tra loro sconosciute, ma avvicinate in rete.

Narrata quasi come se fosse una pratica usuale in Inghilterra, questo tipo di occupazione è al centro della pellicola di Simon Ellis, apprezzato autore inglese di cortometraggi, in competizione per il VPRO Tiger Award. A parlare di dogging è Dan giovane aspirante giornalista, che si avvicina a questa attività con l’intenzione (o la scusa) di realizzare un reportage sul fenomeno, sempre più in espansione oltremanica. Pian piano Dan, insieme alla sua ragazza Tanya, al suo amico Rob e la sua fidanzata Sara, si lascia sempre più coinvolgere e finisce addirittura per partecipare al grande meeting organizzato per “celebrare” il rituale e che fa accorrere i praticanti da tutta l’Inghilterra.
Completamente incentrato su una perversione mostrata senza alcuna inibizione dal giovane regista, Dogging. A love story, è finora il più interessante dei film in concorso finora proiettati.
Spiazzante per alcuni dialoghi, divertente per l’approccio scelto nei confronti della tematica, brillante nell’interpretazione, senza pause grazie a un montaggio molto serrato. Forse l’unica pecca è il finale prevedibile e troppo consolatorio nel quale Dogging perde quella sua originalità e scanzonata allegria, sua caratteristica peculiare che lo rende un ottimo esempio di cinica commedia britannica. La love story del sottotitolo, che fa da ottimo contrappunto alla vizio insano del titolo, si realizza infatti come in ogni altra commedia romantica e i protagonisti sono pronti a vivere felici e contenti come in una favola nonostante il flebile dubbio che l’ultima inquadratura lascia aperto.
Il contesto in cui si muovono questi swingers è fatto di strani personaggio, freak che fanno sesso travestiti da pagliacci, guardoni di ogni età, moltitudini di vetri appannati per gli amplessi, in una vera e propria orgia che libera il sesso dalla sfera privata e lo rende pratica pubblica e quindi naturale, mettendo sotto gli occhi di tutti il momento dell’accoppiamento come gli animali nelle strade.
Ellis alterna e mischia vari stili di ripresa. Carrellate e primi piani classici si alternano con un utilizzo ripetuto della camera a mano e soprattutto di inserti da video amatoriale girate con il visore notturno, che danno una luminosità virata sul verde e il nero deformando il colore. Quest’ultimo è lo strumento che alcuni tra i guardoni portano con sé durante il film, per riprendere le coppie e poi condividere tutto on line. È infatti la rete il nuovo mezzo di diffusione del porno nella società contemporanea e sono le videocamere amatoriali che si rivelano il vero nuovo mezzo della sua produzione. Di recente, su una importante rivista nazionale, il sociologo Derrick de Kerckhove ha dedicato a questo argomento un approfondito reportage e la discussione su questa tematica, che si affaccia in maniera latente, ma non troppo, ora anche nel cinema di intrattenimento, è l’esempio della definitiva mutazione del senso del pudore. Si va rafforzando nella società contemporanea una nuova moralità, sempre più spinta verso l’eccesso (di linguaggio, di immagini, di partecipazione, di sessualità), un eccesso che ormai si configura come necessità di essere presenti e farsi vedere, in qualsiasi modo o situazione e che lentamente si sta trasformando in una angosciante normalità.


CAST & CREDITS

(Dogging. A love story); Regia: Simon Ellis; sceneggiatura: Brock Norman Brock; fotografia: Robert Hardy; montaggio: Marie Ernst; musica: Tom Bailey; interpreti: Luke Treadaway (Dan), Richard Riddel (Rob), Sammy T. Dobson (Tanya), Kate Heppel (Laura); produzione: Vertigo Film; distribuzione: Vertigo Film; origine: Inghilterra 2009; durata: 103’.


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