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Schermi di piombo al Trevi: Intervista a Christian Uva

Pubblicato il 7 maggio 2008 da Edoardo Zaccagnini


Schermi di piombo al Trevi: Intervista a Christian Uva

Il libro Schermi di piombo si è trasformato in una rassegna cinematografica. La sala Trevi di Roma omaggia il libro di Christian Uva e trasforma in immagini le parole e le riflessioni dello storico del cinema italiano. L’abbiamo voluto incontrare per saperne di più e farci spiegare come è nata l’idea.

Dalla Cineteca Nazionale che, nella persona di Sergio Toffetti, si è interessata appunto al volume e quindi mi ha proposto di collaborare per progettare una rassegna cinematografica ed un convegno accademico. Per quest’ultimo, il mio primo riferimento all’Università Roma Tre è stato Vito Zagarrio, con il quale abbiamo discusso della fisionomia del convegno e dal quale ho ricevuto preziosi consigli su come mettere in piedi il tutto. Grazie, a Giorgio De Vincenti, direttore del Dipartimento Comunicazione e Spettacolo di Roma Tre, e ad Arturo Mazzarella, presidente del DAMS, ho avuto la possibilità di rendere concreto il progetto, coinvolgendo studiosi italiani e stranieri con i quali avevo avuto modo di confrontarmi anche di recente su queste tematiche.

In questo modo si ha la possibilità di andare a perlustrare certi angoli di cinema italiano a cui il tempo non ha dato ancora visibilità ma che invece appartengono a nomi che del cinema italiano hanno fatto e stanno facendo la Storia. Pensiamo al cinema di Marco Tullio Giordana o a certi film di Dino Risi presenti nella rassegna..

Certamente. Ci tengo a sottolineare che si tratta della prima rassegna completa sul tema e che il convegno accademico di giovedì 8 maggio costituisce un’occasione unica di dibattito su aspetti come il terrorismo e la violenza politica affrontati attraverso la lente del cinema (e della televisione).

E’ strano e curioso il fatto che un regista come Dino Risi, tra i principi della commedia all’italiana, sia ben dentro questa rassegna, non trovi?

Non troppo se si pensa che i generi, almeno fino a tutti gli anni ’70, hanno rappresentato un fondamentale filtro attraverso il quale guardare alla realtà degli anni di piombo. Del resto Mordi e fuggi del 1973 è praticamente il primo film sulle Brigate Rosse.

Quali altri registi “insospettabili” si possono ammirare in “Schermi di piombo” in Sala?

Non so se siano davvero “insospettabili”, comunque il Gianfranco De Bosio de Il terrorista, il Luciano Salce di Colpo di Stato o de Il belpaese, il Segio Martino di La polizia accusa: il servizio segreto uccide, il Fellini di Prova d’orchestra, il Luigi Comencini di Cercasi Gesù, la Lina Wertmüller di Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada e persino il Rossellini de La macchina ammazzacattivi...

Verso la fine degli anni settanta alcuni grandi nomi del cinema italiano si sono avvicinati all’argomento. Bertolucci, Bernardo e Giuseppe, Gianni Amelio e lo stesso, allora giovane, Giordana. Insomma, ce ne è per tutti i gusti…

Gli “schermi di piombo” sono senz’altro molto articolati ed eterogenei, come si evincerà anche dagli interventi che verranno ospitati nel convegno dell’8 tra i quali ricordo proprio quello di Vito Zagarrio che, a proposito di grandi nomi, è sintomaticamente intitolato “Segreti e segrete. Il terrorista e la terrorista in Bertolucci, Giordana e Turco”

E poi c’è il cinema su Aldo Moro: da Todo Modo a Il caso Moro, da Buongiorno, notte a Piazza delle cinque lune. Il primo è un film difficile da vedere, come del resto alcuni altri della rassegna. Quanto ci è voluto per recuperare tutto questo materiale?

Si è trattato di un lungo e delicato lavoro per il quale si deve rendere merito a Domenico Monetti e Luca Pallanch della Cineteca Nazionale, artefici per altro dell’organizzazione dei preziosissimi incontri alla sala Trevi che vedono la partecipazione di registi, sceneggiatori, attori, giornalisti di primissimo piano.

Alcuni film sono dei veri e propri capolavori. Pensiamo a Il Terrorista di Gianfranco Bosio. Film precedente alla stagione cosiddetta degli anni di piombo ma pieno di utilità storica e di valore cinematografico. Parliamone in attimo di questo gioiello presente nella rassegna….

Il film di De Bosio costituisce un’interessantissima riflessione sulla storia italiana più recente, ma anche su un periodo già ampiamente percorso da fremiti inquietanti. Nel 1963 infatti, ancora in sintonia con la tradizione cinematografica del dopoguerra e concludendo il ciclo dei film resistenziali sul periodo fascista, Il terrorista, porta l’attenzione sulla vicenda di Renato Braschi (Gian Maria Volonté), esponente del Partito d’Azione e capo di un gruppo di partigiani deciso a proseguire le sue azioni di sabotaggio nella Venezia della Repubblica di Salò, nonostante l’invito dei superiori alla prudenza e alla sospensione degli attentati. Come ha sottolineato Maurizio Fantoni Minnella, «è la prima volta che il termine “terrorista”, come sostantivo riferito ad una specifica condizione umana e politica, fa la sua apparizione in ambito strettamente cinematografico». Di particolare importanza è infatti quest’opera per il rilievo che in essa viene dato alla delicata questione semantica relativa al sostantivo “terrorismo”, definizione che, come è noto, è tuttora fermamente respinta dagli ex brigatisti e da loro attribuita a chi, differentemente dalla loro strategia mirata a precisi obiettivi politici, ha utilizzato l’esplosivo e la violenza indiscriminata tipica dello stragismo. Nel film di De Bosio assume una specifica valenza la scena in cui si vedono raccolti intorno ad un tavolo i rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale all’indomani di un sanguinoso attentato ai danni dei tedeschi da parte dei partigiani: da un lato ci sono i Liberali, che si dichiarano favorevoli ai sabotaggi ma non alle azioni terroristiche con morti e bombe, dall’altro l’esponente del Partito d’Azione, secondo il quale il vero terrorismo è quello dei tedeschi e delle loro rappresaglie (si pensi agli echi dell’eccidio delle Fosse Ardeatine seguito all’attentato di via Rasella).

C’è più Storia del cinema italiano o più Storia d’Italia in questa rassegna?

La storia del cinema italiano, nel bene e nel male, è specchio della storia del nostro Paese dunque le due cose vanno di pari passo. La nutrita filmografia alla quale abbiamo attinto dimostra proprio come un discorso composito, articolato e approfondito sulla stagione degli anni di piombo possa emergere solo dalla somma delle suggestioni, dei suggerimenti, degli sprazzi di verità che ciascuna opera, anche in minima parte, è stata in grado di offrire.

Il cinema italiano contemporaneo sembra mostrare grande attenzione agli anni settanta. (Signorina Effe, Guido che Sfidò le br, In Fabbrica, Mio Fratello è Figlio unico, fino a La meglio Gioventù. Forse trent’anni rappresentano davvero la giusta distanza per tornare su tanti nodi ancora da sciogliere. Però c’è anche l’epica di quegli anni ormai lontani. Possiamo trovare entrambe le cose in questa rassegna?

Certamente. Il criterio che abbiamo adotatto è di ordine cronologico dunque, seguendo idealmente tutta la rassegna, è possibile rendersi conto di come il cinema italiano abbia di volta in volta applicato un determinato filtro per inquadrare il fenomeno: la metafora della Resistenza, del western pararivoluzionario di ambientazione messicana, del poliziottesco, poi lo sguardo “d’autore”, più claustrofobico e rivolto verso l’interno, quindi, di recente, l’epica de La meglio gioventù, di Arrivederci, amore ciao o di Romanzo criminale o quella televisiva delle fiction di Soavi.

Nella rassegna, come nel libro, c’è molto spazio per il poliziottesco all’italiana. Curti, che tu hai citato nel tuo libro, diceva che tutti i commissari del poliziottesco erano incarnazioni di Luigi Calabresi. Ci sono altre documentazioni così affascinanti ed indirette nella rassegna?

Ahimé no. Per motivi di spazi e di tempi, con grande rammarico, non abbiamo potuto riservare il giusto spazio ad un genere come il western che in Giù la testa di Sergio Leone trova nel 1971 uno dei primi esempi filmici capaci di mettere insieme il genere, l’Autore, il tema della lotta partigiana e quello della lotta armata...

Perché il Film Io ho Paura di Damiano Damiani è stato definito nel libro “il documento più raggelante sugli anni di piombo"?

È un’espressione di Roberto Curti che io sposo perché si tratta di un’opera che, come in pochi altri casi, grazie alla figura dell’innocente capitato in un gioco più grande di lui (il questurino pasoliniano interpretato da Volonté) mette in scena paradigmaticamente quel senso di precarietà esistenziale di cui gli anni di piombo sono stati pervasi.

Quanto è importante il lavoro che la Sala Trevi sta facendo, grazie al Centro Sperimentale di cinematografia, a Roma per il cinema?

Direi che si tratta di un lavoro fondamentale poiché solo in quel luogo è oggi possibile vedere o rivedere (in pellicola) opere spesso completamente dimenticate se non proprio del tutto scomparse o censurate.

Della rassegna fanno parte anche alcuni incontri. Ti va di parlarne?

Dopo i primi due incontri del 27 aprile con Carlo Lizzani per San Babila ore 20: un delitto inutile e del 29 aprile con, tra gli altri, lo stesso Lizzani, Sergio Martino e Luigi Perelli, ora si preparano quelli del 13 maggio (sul “Paese mancato”, con Vincenzo Cerami, Guido Crainz, Italo Moscati, Sandro Petraglia), del 14 maggio (sul Caso Moro, moderato da Vito Zagarrio con Giovanni Bianconi, Giuseppe Ferrara, Roberto Herlitzka, Alan O’Leary, Maurizio Salticchioli), del 15 maggio (sul ’77 e l’ala creativa, con Claudio Caligari, Nicola Caracciolo, Nico Cirasola, Renato De Maria, Pablo Echaurren, Marco Erler, Giancarlo Scarchilli, Vincenzo Sparagna, Pasquale Squitieri), del 16 maggio (sul ritratto di una generazione prima e dopo il terrorismo, moderato da Pierpaolo De Sanctis con Beppe Cino e Vittorio Sindoni), del 21 maggio (sul terrorismo tra cinema e narrativa, moderato da Arnaldo Colasanti e Christian Uva, con Franco Bernini, Mimmo Calopresti, Silvia Dai Prà, Francesca d’Aloja, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois, Wilma Labate, Marco Leto, Gabriele Marconi, Sergio Toffetti) e infine quello del 22 maggio (su una generazione “invisibile”, con Pasquale Squitieri e Italo Moscati)

Ce ne è uno che sembra davvero interessante. Si Terrà al Dams. Raccontaci…

Si tratta appunto del convegno internazionale “L’immagine del terrorismo tra cinema e televisione” di giovedì 8 maggio cui ho fatto riferimento all’inizio. I lavori cominceranno alle 9.30 presso il polo DAMS di via Ostiense 133b e proseguiranno per tutta la giornata articolandosi in quattro sessioni così distinte: 1) “ITALIA IN AUTUNNO” (Presiede Giorgio De Vincenti Università Roma Tre, con interventi di Carlo Testa, University of British Columbia, Strade indispensabili, strade utili, strade frivole nel cinema politico italiano del dopoguerra; Vito Zagarrio, Università Roma Tre, Segreti e segrete. Il terrorista e la terrorista in Bertolucci, Giordana e Turco; Enrico Menduni, Università Roma Tre, Giudici e telecamere; Christian Uva, Università Roma Tre, Italia p38. Il terrorismo e il cinema di genere); 2) “TODO MORO: 1978-2008” (Presiede Sergio Toffetti, Cineteca Nazionale-Centro Sperimentale di Cinematografia, con interventi di Nicoletta Marini-Maio, Dickinson College, Uno spettro si aggira per l’Italia: le due trame dell’Affare Moro; Anna Lisa Tota, Università Roma Tre, Cinema e giustizia. Riflessioni sullo statuto delle vittime e dei testimoni; Alan O’Leary, University of Leeds, L’intreccio della Storia: Aldo Moro, il cinema, e il topos del complotto; Enrico Carocci, Università Roma Tre, L’affaire Moro al cinema: paura e immaginazione); 3) Terza sessione: “GLI ANNI DI PIOMBO TRA SCHERMO E STORIA” (Presiede Arturo Mazzarella, Università Roma Tre, con interventi di Giancarlo Monina, Università Roma Tre, Percezioni e rappresentazioni della crisi politica e istituzionale; Marco Gervasoni, Università del Molise, Dopo il sabba. Terrorismi e terroristi nell’immaginario degli anni Ottanta; Guido Panvini, Università della Tuscia, Il senso perduto. Il terrorismo italiano tra cinema, storiografia e uso pubblico della storia); Quarta sessione: “TERRORISMI E TERRORISTI TRA CINEMA E TELEVISIONE” (Presiede Vito Zagarrio, con interventi di Franco Monteleone, Università Roma Tre, La notte fonda della Repubblica: come la TV ha raccontato il terrorismo; Giancarlo Lombardi, College of Staten Island & Graduate Center/CUNY, Sbatti il terrorista in prima serata. Terrorismo e fiction TV; Pierpaolo De Sanctis, Università Roma Tre, Prima del piombo, dopo la rivoluzione. Distonie nel cinema italiano del ’68-’77). Il convegno è a cura di Christian Uva e la segreteria organizzativa è costituita da Enrico Carocci, Pierpaolo De Sanctis, Michael Cardarelli, Sabrina Liccardo e Sara Mesa. Invitando tutti gli interessati a seguire i lavori ma soprattutto ad intervenire ai dibattiti che si intendono stimolare nel corso del convegno, ringrazio te e il vostro sito per lo spazio che dedicate al nostro progetto.

Grazie Christian.

Grazie a voi.


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