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Sin señas particulares - Concorso

Pubblicato il 20 novembre 2020 da Matteo Galli

VOTO:

Sin señas particulares - Concorso

Non è una scoperta dei selezionatori di Torino, non è un’anteprima assoluta il film messicano con cui si apre il concorso del TFF: Sin señas particulares da gennaio del 2020 è stato presentato a numerosi festival, da Sundance a Londra FF, passando attraverso diverse kermesse virtuali. IMdB ne annuncia(va) anche la regolare distribuzione in Spagna, Francia, Germania, certamente rimandata per le note ragioni – speriamo che presto o tardi il film arrivi anche in Italia, perché è un gran bel film la pellicola di esordio della trentanovenne regista messicana Fernanda Valadez , un film che rivela una firma rigorosa, poetica, originale, capace di lasciar interagire diversi generi del cinema, ma verrebbe da dire dell’epica occidentale (road movie, quest, film di denuncia sociale) senza tuttavia abiurare del tutto a un mood che siamo abituati a collegare alla cultura latino-americana, quel che in sostanza si è soliti chiamare realismo magico.

Dopo un inizio corale e laconico, solo apparentemente multicentrico e confuso, bensì funzionale ad estrapolare ed evidenziare colei che diventerà l’assoluta protagonista, il film racconta la ricerca ferma e dignitosa di una madre, semi-analfabeta, che muove verso la frontiera con gli USA alla ricerca del figlio scomparso qualche mese prima, quando insieme a un amico si era a sua volta diretto a nord, intenzionato a varcare quella frontiera, a oggi forse la frontiera più divisiva che esista, e trovar lavoro in Arizona. Ma il ragazzo al confine non ci è mai arrivato, è sparito, al pari di tanti messicani che ogni anno scompaiono a migliaia (è questa, per così dire, la base documentale del film) e Magdalena, la madre, non si dà per vinta, continua a cercarlo, è certa che il figlio non sia morto, malgrado le autorità facciano di tutto perché lei ne dichiari la scomparsa definitiva esentando così chi di dovere dal continuare la ricerca. La sua storia si intreccia, grosso modo dopo un terzo del film, con una vicenda uguale e contraria, sia sul piano direzionale che su quello generazionale: un ragazzo più o meno dell’età del figlio in USA ci è arrivato ma è stato forzosamente costretto al rimpatrio, a partire dal quale ne seguiamo le vicende. I due s’incontrano quasi casualmente, ne nasce una solidarietà di outcasts, di spaesati e di cercatori, anche perché il ragazzo torna a casa a trova il disastro, trova il deserto, e la madre è sparita. La drammaturgia del caso e delle simmetrie non disturba minimamente anzi mostra una assoluta plausibilità esistenziale ed emotiva, fino alla splendida conclusione che non riveleremo, nella speranza che il film in Italia arrivi davvero.

Sorprende nel film la capacità della regista di tenersi alla larga dai cliché, primo fra tutti il tema della frontiera, la collisione fra il mondo messicano e quello degli Stati Uniti, alla Babel e dintorni giusto per intendersi, si capisce abbastanza presto che il problema e il conflitto, se di conflitto vogliamo parlare, è tutto intorno al mondo messicano, all’anarchia e all’incertezza del diritto che regna in quel paese, alle sue dinamiche violentemente tribali. Straordinaria l’attrice protagonista, Mercedes Hernández; lo stile, molto personale, fa abbondante uso del primo piano, col quasi sistematico rifiuto o l’enorme ritardo del controcampo, ma soprattutto nell’ultima parte, quella più paesaggistica, la regista anche a molti piani lunghi, un uso notevolissimo della luce naturale, quasi da Dogma 95 della luce, un utilizzo in funzione espressiva del fuoco e soprattutto del fuori fuoco.

Sin señas particulares Regia: Fernanda Valadez; sceneggiatura: Fernanda Valadez, Astrid Rondero; fotografia: Claudia Becerril; montaggio: Fernanda Valadez, Astrid Rondero; interpreti: Mercedes Hernández, David Illescas, Juan Jesús Varela, Ana Laura Rodríguez; produzione: Fernanda Valadez, Astrid Rondero, Yossy Zagha Kababie, Jack Zagha Kababie; origine: Messico 2020; durata: 99’.


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