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SIXPACK

Pubblicato il 6 giugno 2004 da Mazzino Montinari


SIXPACK

Quest’anno l’onere di rappresentare lo sperimentalismo in seno al festival di Pesaro è toccato a una casa di distribuzione austriaca: la Sixpack film.
Il pubblico ha potuto ripercorrere alcune tappe fondamentali dell’avanguardia cinematografica, partendo da un film del 1955 di Peter Kubelka fino alle più recenti produzioni video realizzate negli ultimi quattro anni.
La Sixpack film ha come prerogativa sostenere il cinema indipendente e sperimentale e questa linea è stata difesa contro ogni logica di mercato imperante. E’ dunque difficile tracciare un percorso omogeneo che tenti di riunire opere tra loro distanti per concezione e realizzazione.
Nella selezione erano inclusi film lunghi e brevi, documentari e fiction, performance video e sonore. Insomma tutto quello che resta precluso alla visione quotidiana. E il rammarico per una scarsa distribuzione, quanto meno in Italia, non è un atto dovuto, una difesa di maniera. Riosservando gli ormai datati film di Kubelka e Kurt Kren oppure il meno remoto Schwarzer Garten di Dietmar Brehm si può cogliere l’aspetto visionario del cinema, capace di anticipare e di pre-vedere quello che ancora non si vede.
Uno dei temi ricorrenti di queste opere è il sesso. Proprio la visione di quei film ha permesso di ripensare a come la macchina da presa in pochi fotogrammi sia in grado di comporre realtà assenti, anche là dove quella composizione sembra essere irrimediabilmente frantumata (ma si tratta di una frantumazione formale spazio-temporale, non ideale). In alcune sequenze, perciò, abbiamo nuovamente partecipato dell’emancipazione sessuale e del suo essere intimamente legata all’animalità radicata nell’essere umano. Ma abbiamo anche visto l’immediata insensatezza dell’atto sessuale fino al provare repulsione per una civiltà che non sa desiderare e che preferisce essere schiava delle proprie passioni-bisogni, che trasforma tutto in merce e che riduce la realtà in grafici asettici. Da questo punto di vista il cinema non solo ha visto le nostre evoluzioni-involuzioni culturali, forse ha saputo anticipare la propria sorte: come il sesso, il cinema non sta soccombendo al bisogno piuttosto che aprirsi al desiderio?

[luglio 2004]


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