X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Sole – Incontro al Piccolo Apollo

Pubblicato il 17 febbraio 2007 da Andrea Esposito


Sole – Incontro al Piccolo Apollo

Dopo la proiezione del film Sole, avvenuta al Piccolo Apollo il 1° Febbraio 2007, assistiamo all’incontro con Mariangela Barbanente, regista del film, Cecilia Mangini, documentarista (già collaboratrice di Pasolini, realizzatrice con Del Fra e Lino Miccichè del documentario Allarmi siam fascisti), e Lidia Campagnano, collaboratrice storica de Il Manifesto, scrittrice sempre attenta al problema delle relazioni uomo-donna e alla condizione femminile contemporanea.

Lidia Campagnano: ‘Sono rimasta colpita da questo documentario. Lo ammetto, sono ignorante di arte filmica, e quindi ho visto questo documentario come semplice spettatrice…sono stata sempre più presa dagli sguardi, dai sorrisi, dalla capacità di ridere delle cose tremende che vivono queste donne, e dall’immagine di questa ‘croce’, come le braccianti chiamano il pullman. Ho apprezzato molto l’assoluta precisione con cui un mondo di lavoro e di vita viene raccontato, con una capacità d’analisi e di giudizio eccezionali, e uno sguardo molto lucido e molto amaro. E’ amaro perché in fondo il riscatto non c’è. Soltanto in Daniela che vuole studiare e che, come le altre, sa ridere di quelle disgrazie. Qui si racconta una realtà che è assente dai media. Di ‘caporalate’ nell’informazione non si parla se non quando c’è l’incidente. Questo mondo di giovani donne semplicemente non c’è. E noi siamo qui, come fossimo carbonari, a partecipare di un segreto. Sembra assurdo…’ ‘Un’altra cosa che mi ha colpito, sempre nel ritratto delle donne, è il modo in cui si aggregano. Nel documentario c’è uno stare insieme delle donne che è necessario ma anche affettuoso e dolce, gioioso. E gli uomini invece? Dove sono, chi sono? Quelli che vediamo nel film sono il caporale, sono gli uomini al bar, è il figlio in carcere… Fa riflettere quel contrasto che c’è tra la straordinaria bellezza del paesaggio e ciò che questo paesaggio attraversa, quel maledetto pulmino e la situazione che le donne vivono. Ma questa situazione comunque non riesce a togliere loro la vitalità e la gioia.’

Cecilia Mangini: ‘In questo documentario ho finalmente ritrovato la precisione dell’immagine e delle inquadrature; vi ho ritrovato l’esplicitazione del montaggio, come per quello splendido montaggio alternato tra i gesti delle donne, gesti ‘del lavoro’ e quelli degli uomini che invece passano la giornata al bar.
Inoltre mi ha estremamente colpito la naturalezza con cui le donne si rapportavano alla macchina da presa, e anzi, prima di tutto, a Mariangela. Si percepisce che c’è lei, dietro la macchina da presa, si sente la sua presenza, e le donne parlano con lei.
Per tutto questo io vi ho ritrovato le ambizioni che avevamo noi, quando avevamo deciso di fare documentari. E fare un documentario, per noi, consisteva nel prendere un problema, metterlo in evidenza e raccontarlo al resto del paese. Così, dopo una vacatio nel documentario, ho incontrato questo film. Se conosceremo l’Italia sarà per film come questi, e per quei pochi coraggiosi documentaristi.’

A proposito della Puglia, e del suo rinnovamento, in questi anni è cambiato qualcosa rispetto a quel sistema fatto di omertà e di censura?

Cecilia Mangini: ‘Voglio premettere una cosa: io alla Puglia sono molto legata. Sono nata a Mola di Bari. Mio padre era meridionale e mia madre toscana. Ho lasciato la Puglia che avevo 5 anni, per trasferirmi a Firenze, ma poi una volta all’anno ci tornavo. Arrivare dalla ‘civile’ toscana in una Puglia arretrata, dove i bambini non avevano le scarpe e si mangiava pane e cicoria, ecco, questo ha rappresentato per me una grandissima scuola di formazione. Ora, spero soltanto che questo ‘laboratorio’ (si riferisce all’esperienza di Niki Vendola. NdR) in Puglia diventi ‘un’università’ dell’Italia.’

Mariangela Barbanente: ‘Un sistema non si cambia in poco tempo. La Puglia è stata malgovernata per 50 anni. Vendola adesso deve affrontare tutto questo, ma ci vuole tempo per cambiare le cose.’

Alla Barbanente: Il documentario l’ha mostrato in quella zona?

Mariangela Barbanente: ‘Soltanto nei paesi intorno. A Ceglie (dove è girato il documentario. NdR) mi hanno consigliato di non farlo.’


Enregistrer au format PDF