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Solo andata, di Fabio Caramaschi

Pubblicato il 26 novembre 2011 da Edoardo Zaccagnini


Solo andata, di Fabio Caramaschi

Solo andata è un documentario che parte da uno spazio e da una cultura lontana: il Niger abitato dai Tuareg, ma sa parlare molto del presente italiano. E’ un lavoro sobrio, preciso, a tratti poetico, che filma luoghi distanti tra loro non solo fisicamente. E non è un caso che il meglio spazio televisivo italiano dedicato al documentario, Doc 3, in onda di sera tardi, ma per fortuna non tardissimo, l’abbia già agganciato, e programmato nel luglio del 2010.

L’autore del film è Fabio Caramaschi, fotografo milanese oltrechè documentarista e appassionato di Africa, di quel mondo, cioè, dove la vita è tutt’altro che facile, "ma dove si possono ancora trovare - parole dell’autore - persone che lottano uno accanto all’altra contro la natura".

Un posto, l’Africa, ovviamente fatto di tante realtà diverse, e dove c’è più guerra che altrove, e tanta povertà, ma dove ancora esiste, di nuovo parole di Caramaschi "un’empatia tra esseri umani" rimossa qui da noi, dove l’individualismo trionfa, dove i figli, come ricorda una voce del racconto, non sono considerati più ricchezza, e infatti non li facciamo, perchè crediamo che la ricchezza sia altro, e insieme a noi lo crederanno anche quelli che arrivano sulle nostre coste, attirati dalle luci e dal progresso, oppure dallo sviluppo, citando Pasolini, ancora incapaci di comprendere la complessità del concetto di ricchezza.

Non siamo poi troppo distanti da quel pensiero pasoliniano, appunto, sul passaggio da cultura agricola, contadina, a quella del consumo e della massificazione. Il cosiddetto "genocidio culturale" che avvenne da noi ormai mezzo secolo fa, e che oggi, in maniera diversa, sta contagiando altre latitudini del pianeta: il passaggio dalla "cultura del pane" a quella "del superfluo".

_Lo stesso Pasolini paragonava la civilità contadina occidentale, allora morente, ai paesi del terzo mondo.

Anche Caramaschi costruisce un parallelo tra il terzo mondo e l’occidente d’oggi, due linee che non si toccano: le macchine e il cemento da una parte, con giochi e prodotti di consumo ovunque. La terra e la natura dall’altra, con le comunità organizzate secondo metodi antichi. Due culture separate e incapaci di convivere, perchè la prima è dominante ed onnivora, ma unite da un ponte fatto di immigrazione ingenua, non sempre obbligata. Un passaggio sopra il quale diventa ambiguo e controverso anche il concetto di libertà. Chi è più felice, e chi è più libero, ci fa chiedere Caramaschi? Chi nel deserto viaggia sui cammelli e dorme dentro alloggi di fortuna per lunghi periodi, per andare a vendere qualcosa in un altro villaggio, ma vive all’interno di una comunità organizzata secondo secoli di esperienza e tradizione, oppure chi guadagna abbastanza soldi per pagare un affitto, il riscaldamento, e per spendere quel poco che rimane dentro un centro commerciale?

Difficile rispondere, ed il lavoro del regista si guarda bene dal prendere posizioni idelogiche ambiziose, che in fondo non gli spettano. Ma due risposte ci è sembrato di poterle ricavare, insieme alle tante riflessioni, vedendo questo bel documentario che mostra la complessità dei tempi che corrono, ed è forte (ovviamente) di un ottima fotografia. E cioè che la felicità passa per un forte rapporto coi luoghi della propria anima, della propria origine, e chi emigra, faticosamente come i protagonisti adulti di Sola andata (Libia, Tunisia, Palermo, Napoli, a raccogliere pomodori, a fare i muratori in nero, a vivere da clandestini per quattro anni, una vita durissima, prima di arrivare in fabbrica) sente adosso la mancanza di qualcosa di importante, il contatto con la propria terra e la propria cultura di appartenenza.

_L’altra risposta è che il destino sembra segnato per il mondo non occidentalizzato, perchè l’attrazione per la società dei consumi è irresistibile.

Arrivato in Italia, uno dei due bambini protagonisti del film dice, "ero contento di essere arrivato, adesso che ho conosciuto questo mondo mi manca il mio". Ed è proprio dalla meravigliosa grazia dei bambini, occhi, espressioni, pensieri, che l’autore costruisce la bellezza del suo lavoro.

_Sidi è il protagonista di Solo andata. E’ un ragazzo nato Tuareg e diventato giocatore di play station e di calcio in una Pordenone che va al mercato ben vestita, e che usa la tv per mettere in guardia gli italiani dallo straniero, ma che di quello straniero ha bisogno.

_Sidi è venuto in Italia insieme alla madre e alla sorella, per raggiungere il padre emigrato clandestinamente tempo prima. Sta assorbendo facilmente la nostra lingua e la nostra cultura, ma l’arrivo dal Niger del fratellino più piccolo, di solo sei anni (rimasto in là col nonno, uno degli ultimi tuareg depositari della secolare tradizione di carovaniere del deserto) diventa l’occasione per porsi domande e compiere i primi bilanci del suo morbido srdadicamento.

Davanti a Sidi, a sua sorella, e al fratellino più piccolo sta un futuro complesso fatto di incontro tra distinte identità e culture. Cosa nascerà da tutto questo? Lo dirà forse un lavoro futuro di questo autore sensibile e capace di instaurare una valida relazione con i protagonisti del suo documentario, ai quali presta la telecamera per meglio focalizzare il loro sguardo sulla realtà.

_Attendiamo nuove proposte da Fabio Caramaschi.


Regia: Fabio Caramaschi; Montaggio: Silvia Caracciolo; Musiche originali: Riccardo Cimino; Montaggio suono: Ale Cardellini; Fonico di presa diretta: Franz Morosini; Fotografia: Fabio Caramaschi; Produzione: Fabio Caramaschi, in collaborazione con Sylvia Stevens.


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