X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Speciale The hunger: La ricerca del piacere e il piacere dell’ossessione

Pubblicato il 1 dicembre 2002 da Alessandro Izzi


Speciale The hunger: La ricerca del piacere e il piacere dell'ossessione

Episodio Plain Brown Evenlope

Breve sinossi: Un’aspirante giornalista decide di cercare direttamente sulla strada materiale per i suoi articoli. Partita in autostop, la donna incontra un aitante camionista che altri non è che una misteriosa creatura che gira per il mondo con l’intenzione di regalare piacere senza compromessi alle frustrate donne del sempre più frenetico mondo occidentale. Bloccati da un guasto al motore su una strada deserta i due conoscono momenti di torrida passione, ma, nel frattempo, la temperatura della notte canadese di fa sempre più bassa...

Giudizio critico: La ricerca del piacere sembra essere il vero nucleo narrativo che muove l’intero episodio. Ma centrale è, soprattutto, l’idea che l’erotismo altro non sia che il frutto dell’attività della nostra mente: un’energia talmente potente e arcana da essere in grado di materializzare il pensiero e di trasformare il desiderio in cronemberghiana carne (l’ultima metamorfosi della creatura sembra presa di peso da una fusione barocca di carne e macchina come sovente avviene nei film del genio canadese). Le fantasie sessuali si susseguono senza rincorrere una chimerica compattezza di stile in un caleidoscopio eclettico che và da astratte scene orientaleggianti (un po’ di maniera) a orride sovrapposizioni tra i giochi dei due amanti e scene di orsi polari che lottano nel freddo artico. Non mancano le idee, manca l’abilità di gestirle in un organismo credibilmente unitario e manca, soprattutto, un cast in grado di renderle credibili per il pubblico. In questo senso Borrego e la Milmore sono decisamente meno espressivi degli orsi polari su menzionati.

Episodio The other woman

Breve sinossi: Triangolo di passioni nel mondo dell’alta moda. Uno stilista di chiara fama ingaggia una giovane donna piena di belle speranze e di bell’aspetto. Tra i due sembrerebbe nascere una passione incontrollabile (inizialmente sublimata solo nel lavoro) che, però, incontra un unico ostacolo nel fatto che l’uomo è già sposato con una donna per altro gelosissima. E sarà proprio quest’ultima a compiere il destino di tutti e tre.

Giudizio critico: Non fosse per l’idea finale di trasformare l’intero racconto in una specie di storia di fantasmi di medioevale memoria (con gli spettri costretti a rivivere all’infinito le circostanze della loro morte come ideale punizione per gli empi atti compiuti contro Dio e contro l’Uomo) questo episodio altro non sarebbe che una banale storia di corna come se ne sono viste infinite in televisione o al cinema. Malgrado la presenza nel cast di Joanna Cassidy (la moglie gelosa) il film trova proprio nel casting il suo anello più debole ed è un vero peccato perché l’attrice riesce, nel suo poco spazio, a donare al proprio personaggio una carica nervosa e sofferta davvero notevoli. Per il resto la morbidezza dei movimenti di macchina e il montaggio ellittico della sequenza d’apertura, per quanto risaputi, vanno a costruire l’unico momento di tutto l’episodio a meritare davvero la visione.

Episodio Clarimonde

Breve sinossi: Un giovane novizio sta per prendere i voti definitivi, confermando così la sua vocazione al sacerdozio. Eppure, nonostante la sua fede apparentemente salda, qualcosa pare emergere dal suo passato (o dal suo inconscio) e manifestarsi di fronte a lui, nelle sembianze di una splendida donna. Nonostante l’indiscutibile fascino che ella esercita su di lui la fede fin lì nutrita nel suo animo ha il sopravvento e il giovane diviene sacerdote accettando, con i voti, di prendere le redini di una remota parrocchia sperduta tra i picchi innevati del Quebec. Ma qui egli finisce dritto dritto tra le grinfie della donna satanica, una certa Clarimonde, che si rivela essere una strega che non aspetta altro che di poter sottrarre a Dio un’anima pia e devota (possibilmente quella di un prete) per poter tornare in vita. Manifestandosi nei sogni del povero sacerdote, la donna finisce per condurre il malcapitato alle soglie della pazzia.

Giudizio critico: “Sono un sacerdote che sogna di essere l’amante di Clarimonde, o sono l’amante di Clarimonde che sogna di essere un sacerdote?” E’ questo l’interrogativo che spesso si pone il povero protagonista della vicenda, confermando, in una sola battuta, l’anima barocca e letteraria che governa l’intero episodio. Tratto da un racconto di Teophile Gauthier, il telefilm trova i suoi punti di forza nella contrapposizione (anche a livello fotografico) tra i colorati sogni erotici del sacerdote e la realtà grigia e quasi in bianco e nero della parrocchia nella quale deve lavorare. In un contesto in cui la stessa voce di Dio si rivela più che altro attraverso il suo silenzio (il continuo giro d’orizzonte della macchina da presa che rivela un paesaggio immutabilmente vuoto come la coscienza dei parrocchiani), la scelta del protagonista non è più solo quella tra una vita di rinunce e una perduta tra i piaceri della carne, ma è il frutto di un’autodefinizione più profonda e sofferta. L’intera novella diventa, allora, un sottile racconto di formazione che ritrova insospettabili echi bergmaniani (le algide e silenziose scene nella parrocchia soffocata dalla neve e dal gelo dell’anima) messi a contatto, però, con oasi di erotismo un po’ di maniera. Efficace nel tratteggio psicologico del protagonista (un ottimo David La Haye), l’episodio resta quello più ambiguamente conturbante di tutta la serie.

Episodio But at my back I always hear

Breve sinossi: Un docente universitario è perseguitato dalle telefonate di una sua studentessa che si dice innamorata di lui. Il tono di queste chiamate si fa, nel corso del tempo, sempre più lugubre e spaventevole al punto da arrivare a vere e proprie minacce nei confronti della moglie e del piccolo figlio dell’uomo. Una maniaca? Così parrebbe, almeno fino al momento in cui la ragazza non si suicida nel suo appartamento con dei sonniferi. Ma, allora, chi è che continua a telefonare a casa del professore a tutte le ore del giorno e della notte?

Giudizio critico: Piccolo thriller affine, per forma e contenuti, a tanti episodi della serie Alfred Hitchock presents. La dimensione erotica della serie scende in secondo piano rispetto al ritratto psicologico (in certi momenti anche abbastanza fine) di una famiglia costretta alla tortura di ricevere continue telefonate da parte di un maniaco. La soluzione finale di gettare il dubbio sulla sanità mentale dello stesso protagonista (è veramente lui che riceve telefonate da parte di un fantasma? O le voci che sente alla cornetta non sono piuttosto la concretizzazione del suo complesso di colpa per avere involontariamente causato il suicidio della ragazza?) è abbastanza risaputo e si appoggia tutta su un montaggio durativo (con la fuga dell’uomo dalla sua stessa famiglia) abbastanza forzato. Ma ci sono alcuni dettagli nella resa della vita familiare dell’uomo (interpretato da Micheal Gross lo stesso di Casa Keaton in un ironico ribaltamento del personaggio che lo ha reso celebre) piuttosto riusciti.

Episodio Footsteps

Breve sinossi: Un essere mostruoso, nelle fattezze diurne di una donna affascinante ed ambigua, vive viaggiando per il mondo a caccia di carne umana. Ma cosa succederebbe a questa creatura da incubo se incontrasse, sulla sua strada, un essere vegetale capace di amarla profondamente? Riuscirebbe davvero a farle cambiare dieta ed abitudini?

Giudizio critico: Il telefilm, che appoggia tutta l’ambiguità del suo titolo originale (in italiano rumore di passi) sull’idea che, ad essere pedinato sia non la vittima, bensì lo stesso carnefice, altro non è che un mascherato omaggio alla mitica Sharon Stone. Non sappiamo quanto questo omaggio sia volontario, fatto sta che alcune scene sembrerebbero essere la palese riproposizione di scene tratte da pellicole interpretate dall’attrice americana. Sicché nella sequenza in cui la donna si apparta con il pittore e poeta francese incontrato ad una mostra, i due finiscono per fare sesso in piedi, davanti ad una finestra, come in Sliver (e l’uomo ritrova la stessa goffa posa plastica che aveva William Baldwin in quel film). Mentre nella scena della seduzione lesbica nella discoteca, la protagonista si lancia in un conturbante ballo con una partner mentre a Paul-Anthony Stewart non resta che fare il Michael Douglas della situazione (e siamo dalle parti di Basic instinct). Superata la mera curiosità, resta però alla fine solo un debole episodio, fiacco nell’uso degli effetti speciali e povero nella componente drammatica. Vi si salvano solo un paio di sequenze: quella abbastanza ellittica (e per questo suggestiva) nel salone d’arte (e, per inciso e a mo’ di curiosità, la donna ritratta nel dipinto ricompare spesso come guest-star all’interno della serie) e poi nell’appartamento del giovane artista, e quella finale.

Plain Brown Evenlope; Regia: Michael David; Sceneggiatura: Terry Curtis Fox; Interpreti: Jesse Borrego, Doris Milmore

The other woman; Regia: George Mihalka; Sceneggiatura: David Taylor; Interpreti: Joanna Cassidy, Lisa Branwyn Moore, Nicholas Campbell

Clarimonde; Regia: Tom Dey; Sceneggiatura: Gerald Wexler; Interpreti: David La Haye, Audrey Benoit

But at my back I always hear; Regia: Patricia Rozema; Sceneggiatura: Adrianne Ackermann e Patrica Rozema; Interpreti: Michael Gross, Karen Elkin

Footsteps; Regia: Jimmy Kaufman; Sceneggiatura: Gerald Wexler; Interpreti: Paul-Anthony Stewart, Sofia Shinas, Cedric Noel, Jean-Guy Bouchard

[dicembre 2002]


Enregistrer au format PDF