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Speciale The Hunger - La teoria attraverso il noir

Pubblicato il 27 novembre 2002 da Alessandro Izzi


Speciale The Hunger - La teoria attraverso il noir

Episodio Room 17

Breve sinossi: Un anonimo commesso viaggiatore prende alloggio, per una notte, in uno squallido motel di periferia. Oltre al letto e alle suppellettili polverose, la stanza ha, come unico optional, un televisore con canali per adulti su cui donne bellissime sono dedite ad eccitanti strep-tease. Dall’odioso elettrodomestico, però, comincia a prendere vita una creatura fantastica apparentemente onnisciente e sicuramente bellissima. Ma come è possibile che questa donna fatta di pixel sappia tutto del malcapitato commesso? E perché lo istiga alla fine a compiere un atroce delitto?

Giudizio critico: In tono minore si consuma quello che è, forse, l’episodio più teorico di tutta la serie. In una ridda di informazioni autoreferenziali viene messa in scena la posizione passiva dello spettatore televisivo medio e viene, allo stesso tempo, irrisa l’idea che la televisione possa istigare alla violenza. La scena del delitto viene giocata inaspettatamente su toni ironici (l’uomo deve strangolare la moglie con il filo del telefono in un evidente omaggio hitchcockiano, ma prende in mano un cordless) che alleggeriscono la tensione. Lo squallore degli ambienti, l’anonimo look del commesso viaggiatore suggeriscono temi e ambientazioni noir, ma sono le scene girate fuori della camera d’albergo quelle che rivelano un più attento lavoro sull’immagine e la fotografia. Curioso in questo senso l’alternarsi di domanti blu (le scene televisive) e rosse (la camera d’albergo) che denotano la rottura tra realtà e finzione. E significativo, infine, che l’intera scena del delitto venga virata al blu come le immagini catodiche della bella porno-star. Al di là degli spunti un episodio, però, complessivamente debole.

Episodio No Radio

Breve sinossi: Strano incontro telefonico tra un povero spiantato in cerca di amore (e di soldi) e la ricca moglie di un noioso collezionista. La loro torbida relazione diventa ben presto l’occasione per un finto rapimento con tanto di richiesta di riscatto. Ma la dark lady rapita si rivela più fedele al marito di quanto fosse da aspettarsi.

Giudizio critico: Non fosse per la scena finale che inserisce un improvviso dettaglio orrorifico (la testa del ragazzo ridotta a soprammobile per la gioia del marito collezionista) l’intero episodio sarebbe uno splendido piccolo noir. La riuscita complessiva dell’operazione sta non tanto nella capacità del regista di costruire torbide atmosfere, quanto piuttosto nell’abilità con cui tratteggia le psicologie un po’ abnormi di tutti i personaggi. Gli attori rispondono al meglio alle sollecitazioni della regia con interpretazioni mai sopra le righe e la torbida relazione tra i due protagonisti (con una delle scene di sesso più esplicite di tutta la serie) viene descritta con accenti convincenti. Restano, alla fine, nelle memoria più gli sguardi persi nel vuoto dei vari personaggi che non l’esile traccia narrativa proposta.

Episodio The Sloan Men

Breve sinossi: Chi sono realmente gli Sloan? A prima vista sembrerebbero essere solo un padre e un figlio che si assomigliano terribilmente, ma, a fotografarli, si scoprirebbero cose molto strane. Che hanno dodici dita ai piedi, per esempio, o che entrambi recano una lunga e profonda cicatrice proprio all’altezza dell’ombelico. Ma soprattutto gli Sloan sembrano in grado di controllare sessualmente le donne, di piegarle ad ogni loro desiderio. Forse i due riescono a trarre il loro potere da una strana caverna le cui pareti sono coperte da funghi sconosciuti.

Giudizio critico: Parzialmente fallito omaggio al cinema di fantascienza di serie B (tutta la scena nella caverna dai funghi rossi con la sua chiara allusione fallica), l’episodio sarebbe fiacco e spesso incongruo se non fosse per la brillante interpretazione di Margot Kidder che dà al suo personaggio un’incredibile dose di credibilità. La trama si basa per lo più su una boutade e avanza per continue allusioni sessuali e per simbologie abbastanza risapute (i funghi colpiti con le accette eiaculano letteralmente una sostanza bianchiccia e vischiosa). Se c’è qualcosa che lascia il segno è tutta la prima parte con il dialogo strano e conturbante tra la moglie del vecchio Sloan e la sua futura nuora. Poi quando il regista dichiara le sue carte e si avvia verso il finale si ha l’impressione che perda il controllo del film che si arena sulle sabbie del ridicolo involontario. Peccato perché l’incursione in lidi fantascientifici poteva lasciare bel altro segno.

Episodio Red light

Breve sinossi: Una delle fotomodelle più pagate del periodo si accorge, improvvisamente, che ad ogni scatto fotografico che le viene fatto, una parte della sua anima le viene sottratta. Preda del panico si rifugia tra le braccia del suo ex marito che promette di aiutarla, ma credendo che ella si sia solo vittima di vecchie superstizione indiane (gli indiano temevano l’apparecchio fotografico e lo consideravano un vero e proprio soul catcher) continua a fotografarla mentre dorme. Le conseguenze saranno disastrose.

Giudizio critico: Affidandosi alle atmosfere torbide del thriller metropolitano, il regista costruisce un affascinante pamphlet sui rischi della proliferazione delle immagini. Sulla base di un meccanismo risaputo (le modelle che vendono la loro anima pur di apparire sulle copertine dei giornali) che ricostruisce, ribaltandolo, il vecchio mito greco-latino di Eros e Psyche (lì la fanciulla doveva, per conservare il suo amore, promettere di non guardare mai il volto del suo amante Eros, qui l’uomo promette di non fotografare mai più la donna; entrambi rompono la promessa guardando l’immagine amata mentre questa è immersa nel sonno) si forma un complesso narrativo tutt’altro che banale. Il proliferare di soggettive e angoli di ripresa, il continuo passaggio da sgranature digitali a immagini in bianco e nero garantiscono un lavoro sull’immagine affascinante ed interessante che si rivela sempre profondamente autoreferenziale. Buono il cast.

Episodio I’m dangerous tonight

Breve sinossi: Cosa succede ad indossare un abito fatto con la stoffa del diavolo? L’abito può davvero fare il monaco? Sono le domande cui deve trovare risposta la giovane assistente di una sarta d’alta moda, amante di un fuorilegge ricercato che, nei momenti di piacere, le chiede di indossare sempre capi intriganti sottratti illecitamente dal lavoro.

Giudizio critico: L’episodio in questione vanta ascendenze letterarie più che illustri: è tratto da un racconto di Cornell Woolrich. Proprio per questo, forse, l’episodio resta il più complesso dal punto di vista narrativo e il più mosso per quel che riguarda l’azione. Il numero di personaggi è grande e la loro interazione deve, per forza di cose, essere suggerita con il minor numero di elementi possibile. A parte qualche debolezza in certe scene dichiaratamente oniriche (l’uso del ralenti ogni volta che un personaggio tocca la stoffa del mitico abito) il tutto si rivela piuttosto compatto e si ha sempre l’impressione che il regista riesca, con poco, a dominare la ribollente materia narrativa. L’ambientazione dell’opera e i personaggi (un fuorilegge, un’assistente sarta, un poliziotto ecc.) suggeriscono ancora una volta temi tipici del noir (e, del resto, Woolrich pur indulgendo, qui, in una trovata palesemente horror resta pur sempre un abile giallista), ma il film resta nella memoria soprattutto per via della sua carica affabulatoria.

Room 17; Regia: Erik Canuel; Sceneggiatura: Craig Miller e Mark Nelson; Interpreti: Curtis Armstrong, Kim Feeney;

No Radio; Regia: Howard Rodman; Sceneggiatura: Marianne Hackerman; Interpreti: Bruce Ramsay, Amanda De Cadenet

Red light; Regia: Christian Dunguay; Sceneggiatura: David Schow; Interpreti: Tomas Arana, Liliana Komorowska, Vlasta Vrana

I’m dangerous tonight; Regia: Russell Mulcahy; Sceneggiatura: Gerald Wexler; Interpreti: Esai Morales, Marie-Josee Croze

The Sloan Men; Regia: Darrell Wasyk; Sceneggiatura: Bruce M. Smith; Interpreti: Margot Kidder, Clare Sims, Gregory Calpakis

[novembre 2002]


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