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Speciale The hunger: Sperimentare per immagini (St. 2)

Pubblicato il 1 dicembre 2002 da Alessandro Izzi


Speciale The hunger: Sperimentare per immagini (St. 2)

Episodio Sanctuary

Breve sinossi: Il Santuario è il luogo dove un artista tra i più celebrati di qualche anno prima ha deciso di autorecludersi quando il mondo ha cominciato a far segno di non essere più in grado di comprendere le sue provocazioni sempre più estreme. Un luogo di massima sicurezza, insomma, una sorte di prigione con infinite sbarre, ipertecnologica come una panic room e dominata da un fitto stuolo di minitelecamere che, dall’alto, controllano tutto. Un giorno si presenta alla porta di questo santuario un giovane artista di talento, tremante dal freddo e ferito, abbastanza gravemente, a seguito di una sparatoria durante la quale ha ucciso un uomo. Benché braccato dalla polizia, il nuovo arrivato commuove il non certo anziano artista che riconosce (o crede di riconoscere) in lui e nel suo sguardo spaurito le stesse belle speranze e la stessa rabbia incontrollabile che anni prima lo avevano spinto a tentare la fortuna proprio in quella città. Ma chi è esattamente la persona cui sta aprendo le porte della sua casa? Perché crede di riconoscerlo? E cosa spera di ottenere da lui? Forse una possibile fonte di ispirazione dal momento che la sua vena artistica pare essersi inaridita...

Giudizio critico: Il primo episodio della seconda stagione di The hunger è (con perfetta simmetria rispetto alla prima stagione sempre aperta da una regia di Tony Scott) essenzialmente una cosa sola: un profondo ed assoluto esercizio di stile. Coadiuvato da una coppia di attori esemplari (il primo, David Bowie, capace di donare al suo personaggio una fondamentale ed assoluta amarezza esistenziale; il secondo, Giovanni Ribisi, notevole nel far fremere il suo di un nervosismo tangibile ed inquieto) Scott moltiplica i punti di ripresa (giocando di montaggio con le immagini riprese dalle varie telecamere del castello), scardina la cronologia del racconto, impagina incredibili flash-back e rinnova genialmente il mito romantico del doppelganger (sosia). L’ambiguità sostanziale di tutti i personaggi messi in scena, il gioco costante di soluzioni quasi documentaristiche (ogni azione fondamentale è indicata da un sottotitolo che indica data ed ora dell’evento) che si rivelano poi false piste per lo spettatore, contribuiscono a creare un ritratto convincente della mistificazione portata avanti nell’arte. Ma il tutto è, soprattutto, un notevole saggio sul rapporto tra l’artista e il proprio pubblico. Sostanzialmente più riuscito del precedente episodio diretto da Tony Scott, Sanctuary cavalca palesemente i generi: non è né un thriller, né un horror, né tantomento un cortometraggio erotico anche se, per la prima volta nella serie (ma una scena analoga la troveremo anche in Nunc dimittis), si azzarda la carta dell’omosessualità maschile con una brevissima sequenza. Sicuramente, però, siamo di fronte ad un vero e proprio gioiellino.

Episodio Skin deep

Breve sinossi: Storia torbida di un torbido triangolo lesbico. Una ragazza, appena lasciata dalla sua compagna, cerca consolazioni in locali notturni all’insegna del piacere e dell’erotismo, accompagnata da una donna più matura. Attratta improvvisamente da una misteriosa figura con la schiena coperta da tatuaggi, la protagonista comincia ad essere ossessionata dal desiderio di lei al punto da seguirla fin nel retro del locale (nonostante gli ammonimenti dell’amica) dove scoprirà un mondo di perversioni indicibili. Ma il peggio deve ancora venire...

Giudizio critico: Esilissimo il filo narrativo di questo episodio che è tra i più sperimentali che si siano mai visti in televisione. Abolite tutte le forme più classiche di racconto, la vicenda va avanti solo per assonanze musicali, subendo il ritmo possente di improvvisazioni hard-rock e techno. La telecamera digitale utilizzata per impaginare la piccola operina audiovisiva (ci si passi l’azzardo di considerarla una vera e propria cantata per immagini e orchestra rock) consente un complesso lavoro di distorsione delle immagini. Violenza a profusione, sadomasochismo esibito, ma un’ineccepibile schema musicale (con tanto di variazioni su tema, nonché di vere e proprie strofe e refrain) a sorreggere il tutto.

Episodio Dream sentinel

Breve sinossi: Una spogliarellista, amareggiata nei confronti del mondo dopo la tragica fine della sua unica vera e grande storia d’amore, è costantemente sorvegliata dal fantasma di un malavitoso che si dichiara innamorato di lei. Ma l’attenzione dello spettro si rivela ben presto esclusivista e profondamente egocentrata dal momento che, dopo le iniziali premure, egli comincia a pretendere che la ragazza cessi quasi ogni contatto con i vivi per rimanere sempre più a lungo sola con lui. Anche l’idea di cancellare dalla memoria della donna ogni ricordo della sua passata storia d’amore si rivela un’arma a doppio taglio dal momento che, cessata l’amarezza che quegli stessi ricordi le procuravano, ella comincia ad essere sempre più curiosa nei confronti del mondo circostante e sempre più desiderosa di abbandonare lo spettro in cerca di una nuova se stessa. Ma non si sfugge agli amanti gelosi...

Giudizio critico: A parte qualche originale soluzione di regia nelle scene oniriche (che altro non sono che dei flash-back camuffati) l’episodio è piuttosto lacunoso nella descrizione della psicologia dei vari personaggi. Lo spazio di appena mezz’ora (che resta la durata standard di ogni puntata) si rivela troppo poco per quella ricognizione sul melodramma che ci era stato promesso fin dalle prime inquadrature con l’incontro tra i due (lei che addirittura investe con la sua auto l’ombra fluttuante di lui). Ci sono, certo, alcune parti visivamente riuscite, ma per lo più il risultato è genericamente fiacco.

Episodio And she laughed

Breve sinossi: Qualcuno, forse un folle vicino di casa con un cane, utilizza la feritoia per la posta della porta di casa per spiare una donna da poco trasferitasi in un appartamento di periferia. Chi è questo losco figuro? E perché la donna decide di non cambiare lo stesso appartamento, pur avendo paura che l’uomo, passi, prima o poi, alle vie di fatto aggredendola?

Giudizio critico: Ad essere eccellente è prima di tutto la sceneggiatura (non a caso di Jeff Fazio) che riscopre l’andamento di un tipico racconto gotico riaggiornandolo però ai temi più contemporanei della violenza nelle periferie delle grandi metropoli. Appena sfiorato, con pochi accenni, un discorso sul voyeurismo, il telefilm concentra presto tutta la sua attenzione su di uno splendido ritratto psicologico di donna (un’incredibilmente ottima Jennifer Beals). L’atmosfera è giustamente inquietante e lo spettatore resta letteralmente incollato alla poltrona per tutta la durata della puntata mentre un profluvio di soggettive vertiginose (e di splendidi carrelli) scardina la sua/nostra capacità percettiva mettendo in discussione, sottilmente, la stessa oggettività di certe immagini. Il delitto finale giunge inaspettato e folgorante e la risata conclusiva (quella del titolo) suggella uno degli esiti più riusciti di tutta la serie.

Episodio Nunc Dimittis

Breve sinossi: Triste la vita di una vecchia vampira e del suo anziano (e ormai prossimo alla morte) servitore! Triste in un mondo come questo che, pur se dominato dalle passioni di sempre, è, però, diventato così caotico ed incomprensibile. Ed è per questo che il vecchio cameriere personale della dama decide, come ultimo servigio reso a colei che gli salvò, prolungandola indefinitamente, la vita, di trovarle un nuovo e degno attendente. E lo troverà, naturalmente, nel mondo dei drogati e dei malavitosi

Giudizio critico: Russell Mulcahy è un regista che ha operato molto all’interno del progetto The hunger realizzando, come regista, molti episodi della prima serie. Qui, coadiuvato da una bella storia di Tanith Lee, costruisce quello che è, a tutt’ora, il suo episodio migliore. Pur con qualche concessione di troppo a certe atmosfere da horror crepuscolare (tutta la parte nella vecchia e fatiscente magione della vampira), il regista costruisce un telefilm piuttosto compatto che trova nella mesta interpretazione di David Warner (che non tradisce qui le sue origini teatrali) alcuni accenti convincenti. Anche se ad essere poco convincente è proprio la figura della vampira, il tutto appare piuttosto ben concertato. Forse il giovinastro interpretato da Jacob Tierney non è proprio perfetto, ma le scene che lo vedono protagonista nel ritrovo dei tossicodipendenti hanno, comunque, una crudezza che non siamo certo abituati a vedere in televisione.

Sanctuary; Regia: Tony Scott; Sceneggiatura: Bruce M. Smith; Interpreti: David Bowie, Giovanni Ribisi

Skin deep; Regia: Luke Scott; Sceneggiatura: Bruce M. Smith; Interpreti: Kate Vernon, Kim Feeney

Dream sentinel; Regia: Chris Hartwill; Sceneggiatura: Gerald Wexler; Interpreti: Eric Roberts, Alice Poon

And she laughed; Regia: Jean Beaudin; Sceneggiatura: Jeff Fazio; Interpreti: Jennifer Beals, Ben Bass

Nunc dimittis; Regia: Russell Mulcahy; Sceneggiatura: Gerald Wexler; Interpreti: David Warner, Jacob Tierney

[dicembre 2002]


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