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Storia del cinema horror italiano. Vol. IV - Lamberto Bava, Alberto De Martino, Sergio Martino, Luigi Cozzi, Corrado Farina, Michele Soavi, Enzo G. Castellari

Pubblicato il 6 agosto 2014 da Alessandro Izzi


Storia del cinema horror italiano. Vol. IV - Lamberto Bava, Alberto De Martino, Sergio Martino, Luigi Cozzi, Corrado Farina, Michele Soavi, Enzo G. Castellari

La vera protagonista occulta del quarto volume della Storia del cinema horror curata da Gordiano Lupi per i tipi di Il foglio di Piombino è la televisione commerciale.
È lei l’assassino nerovestito che, con passo tardo e lento, entra nelle abitudini dello spettatore sottraendo forza ad un genere, come l’horror, che ha bisogno di eversione selvaggia e gusto per la provocazione. È lei, con le sue programmazioni di commediole scollacciate ad uso dei pruriti di impoltroniti teleannoiati, a togliere spazio e ossigeno a tanti autori di colpo privati di una reale possibilità di espressione. È lei, infine, il binario morto della produzione, la strada che nessuno vuole più percorrere perché, mancando gente in sala, diventa difficile sopravvivere con solo qualche replica a tarda notte in un sistema che compra i film per riempire i palinsesti un tot al chilo e taglia via le scene più disturbanti.

Gordiano Lupi non lo dice mai a livello programmatico, ma se lo lascia sfuggire in corso d’opera più e più volte: l’assassino è il maggiordomo, con buona pace di tutti i giallisti che cercavano mostri dall’apparenza meno insignificante.
Anche se l’autore insegue poco i toni dell’elegia e non si lascia tentare dalle Messe da Requiem, è un dato di fatto che sono tanti i capitoli che si chiudono in minore, con la consapevolezza che senza la TV qualcosa d’altro sarebbe stato.
Michele Soavi, ad esempio, esordisce nel cinema di genere a tinte sangue con un novero compatto e piccolo di titoli che lo impongono subito come diretto discendente della stirpe dei Fulci e degli Argento. Il suo cinema è talmente denso di riferimenti iconografici alla grande storia dell’Arte che l’autore ha sentito il bisogno, per il capitolo a lui dedicato, di ricorrere al sostegno di altre dieci dita per una scrittura quasi a quattro mani (con Maurizio Maggioni). La sapienza registica dispiegata in un Deliria (1987) o in un La Chiesa (1989) riesce a coniugare la linea del divertimento di genere ad un disegno colto e alto che è inedito per un cinema che sembra respirare degli odori buoni della trattoria. Eppure, fatti un po’ di film in cui la filosofia si impregna d’horror più che viceversa, il regista, che era stato assistente e anche attore per Dario Argento, cede alla produzione televisiva e diventa autore di fiction (per carità: ottime, ma pur sempre una retrocessione).
Luigi Cozzi, che nel sistema nuovo annaspa non poco in cerca di film che possa dire veramente suoi, a metà tra paura e fantascienza, alla fine cede ed apre, con Argento, un negozio (Profondo rosso) nel quale raccoglie a enciclopedia, le vestigia di un vecchio modo di intendere cinema che non può più essere. E la sua operazione nostalgia ha tanto il sapore della costruzione di un’Arca di Noè per far sopravvivere, al diluvio di spot, pubblicitari la memoria di un genere di alto artigianato che nessuno può più fare ormai.
La pubblicità, poi, diventa invadente coprotagonista dell’opera che meglio disegna il senso del periodo: Hanno cambiato faccia (1971) di Corrado Farina secondo la quale la TV è il vero vampiro del nuovo secolo (senza tanto bisogno di canini aguzzi) e si può oramai fare l’amore solo sullo sfondo degli spot dei profilattici di marca Nosferatù.

La struttura del volume è la stessa già adottata con successo nei primi tre capitoli di questa storia divertente e densa di spunti di riflessione.
Restano identici anche i difetti che si guardano con immutata simpatia: una certa ripetitività di fondo, qualche refuso di troppo e una partigianeria di base che, comunque, inficia poco lo sguardo critico.
La ricognizione sugli anni ’80 dell’horror italiano è intrigante ed innervata di un sotterraneo spirito polemico.
Anche per via della vicinanza cronologica, è infatti quella che interpella con maggior forza il presente in cerca delle radici del nostro rapporto malato con il mondo che ci circonda.
Non è sua ambizione offrire al lettore risposte sui massimi sistemi di pensiero, ma è suo indubbio merito, stare sulla porta del cimitero a indicarci con una mano le stelle e con l’altra la fossa. Perché, nonostante gli anni passati, il nostro mondo non si è fatto poi tanto diverso da quello cantato in Dellamorte Dellamore (1991): una realtà di burocratica noia in cui gli zombi si fanno fuori per contratto, col dubbio, alla fine, che siano più vivi di noi.


Autore: Gordiano Lupi
Titolo: Storia del cinema horror italiano. Vol. IV - Lamberto Bava, Alberto De Martino, Sergio Martino, Luigi Cozzi, Corrado Farina, Michele Soavi, Enzo G. Castellari
Editore: Edizioni Il Foglio
Collana: Cinema
Dati: 340 pp, brossura con alette
Anno: 2013
Prezzo: 16,00 €
Isbn: 978-88-7606-455-5
webinfo: Scheda libro sul sito Foglio Letterario


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