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Telefilm Festival 2011 - Il declino dell’Impero americano

Pubblicato il 8 luglio 2011 da Giampiero Francesca


Telefilm Festival 2011 - Il declino dell'Impero americano

Ogni epoca ha la sue mode, ogni generazione le sue tendenze. Capita così che importanti fenomeni di massa si trasformino, nel giro di pochi anni, in correnti leggere, lontane dalla sensibilità e dall’attenzione del grande pubblico. Appena cinque anni fa si dibatteva infatti su quanto le serie televisive (in particolare quelle americane) attraversassero un periodo di rinnovata vitalità, una vera seconda golden age, e di quanto questa rinascita di consenso e di qualità influenzasse anche i nostri palinsesti e i nostri gusti. Un fenomeno nato a cavallo del nuovo secolo che, sull’onda del grande successo di serie già all’epoca storiche come CSI (2000 - ancora in corso) o ER (1994 - 2009) e dei nuovi fenomeni come Lost (2004 - 2010) e Dr.House (2004 - ancora in corso), sembrava inarrestabile. La rete si riempiva infatti di fandom e forum dedicati, il linguaggio di serie come Buffy (1997 - 2003) diventava sempre più presente nell’uso comune, e le serie approdavano finanche al cinema, prima con il Telefilm Festival di Milano e successivamente con il Fiction Fest di Roma.
Ma, come detto, anche i fenomeni apparentemente più travolgenti possono in breve tempo ridimensionarsi. Come accaduto negli anni ’90 con la passione improvvisa e viscerale per i manga, i fumetti giapponesi, consumatasi rapidamente nell’arco di pochi anni, così anche la forza delle serie americane sembra affievolirsi. Proprio cinque anni fa infatti, a seguito di un dibattito al Telefilm Festival, facemmo alcune considerazioni sugli andamenti delle serie televisive, partendo dai dati, allora ancora molto positivi, di audience e share dei principali telefilm made in USA. Confrontando oggi quelle cifre con quelle relative all’attuale stagione non è poi difficile notare quanto il panorama sia cambiato. Senza dilungarci troppo nella fredda analisi dei numeri, evidenziamo però due dati emblematici. Il primo, e forse più evidente, è la sempre minor presenza, nei nostri palinsesti, di serie televisive nella fascia del prime time, al contrario di quanto accadeva cinque anni fa quando le tre serie straniere più viste (Lost - Rai 2, CSI MI e CSI NY - Italia 1) erano tutte collocate dai rispettivi broadcaster proprio in prima serata. Questo slittamento di orario, che spinge questo tipo di prodotti verso le fasce pomeridiane o notturne, è dovuto prevalentemente ad un evidente calo di interesse da parte del pubblico. Il secondo dato lampante è infatti il calo di share e di audience di questi prodotti televisivi. Se infatti nel 2006 le serie più viste superavano ampiamente la soglia del 10 % di share (con Lost che raggiungeva finanche il 15%), i pochi prodotti ancora presenti nel prime time di Italia 1 e  RAI 2 faticano ad arrivare al 10%. Nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno di quest’anno, ad esempio, serie come Numb3rs, NCIS, Senza Traccia (RAI 2) o gli stessi CSI e Dr House (Italia 1) hanno raggiunto, nel migliore dei casi (NCIS e Dr. House con il 9,75%), risultati subito al di sotto di questa soglia, arrivando spesso persino sotto il limite minimo del 5%. Ma a cosa è dovuto questo radicale cambiamento?

Secondo uno dei tre direttori del Telefilm Festival, Antonio Visca, la causa principale di questo fenomeno è il moltiplicarsi dei media attraverso cui si possono vedere le serie. In quest’ottica dunque non sarebbe il contenuto, la serie, ma il mezzo, la televisione “tradizionale”, ad essere in crisi. Il riferimento di Visca è ovviamente alla forza ormai prorompente di internet. Sia visto come mezzo di distribuzione delle serie (scaricamento più o meno legale) o di produzione di telefilm, come nel caso di Freaks, non si può infatti non considerare l’influenza di questo nuovo mezzo sull’audience generale. Appare ovvio, ad esempio, che la gran parte dei fan più accaniti, quelli che alimentavano i forum e popolano i festival, scelgano di scaricare in tempo reale e in lingua originale i loro prodotti preferiti. In questo modo infatti gli appassionati non solo avranno una visione più pura della serie ma potranno anche garantirsi un aggiornamento costante, senza dover attendere i lunghi tempi degli adattamenti e dei doppiaggi italiani. Accanto a questo fenomeno bisogna poi sottolineare come il moltiplicarsi delle reti digitali e satellitari crei una forma di frammentazione del pubblico. Dallo switch off in poi infatti sono nati decine di canali dai palinsesti spesso ricchi di telefilm. Una miriade di cloni che non raggiungono mai, presi singolarmente, l’1% di share, ma che sommati fra loro rappresentano una discreta fetta dell’audience nazionale. Ancora una volta sembra essere dunque più il mezzo che il contenuto a mostrare la propria debolezza davanti all’evoluzione tecnologica.
Sarebbe però eccessivamente semplice liquidare il calo d’interesse delle serie televisive come un sintomo di una generale crisi del medium tv. Basta infatti osservare la classifica dei migliori telefilm dell’anno, pubblicata come sempre da Tv Sorrisi e canzoni, per notare come nelle prime dieci posizioni vi sia una sola new entry (Pretty Little Liars) rispetto a quelle degli ultimi anni. Un dato questo che, come ammesso da Leo Damerini, co-direttore del Telefilm Festival, mostra una tendenziale mancanza di nuove idee e spunti nel panorama televisivo americano. I palinsesti si impoveriscono dunque e le sale dei festival di settore si svuotano (o minacciano addirittura chiusura). Anche le notizie che giungono dall’altra parte dell’Oceano non sono delle migliori e i prodotti della prossima stagione sembrano seguire questo trend. In quest’ottica non appare un caso che, più che l’imponente Falling Skies prodotto da Spielberg, la serie più interessante passata negli schermi milanesi del Telefilm Festival sia stata un prodotto francese, Xanadu. Il prodotto di Arte non può però certo aspirare ai risultati di ascolto delle grandi serie americane e dunque correggere la rotta di un fenomeno che, senza grandi scossoni, non sembra avere straordinarie prospettive. Insomma, senza un nuovo Lost, i telefilm rischiano di tornare ad essere quello che per anni sono stati: una comoda e (a volte) interessante soluzione per qualche buco di palinsesto.


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