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TFF ’05 - Fuori concorso - Solzne

Pubblicato il 16 novembre 2005 da Fabrizio Croce


TFF '05 - Fuori concorso - Solzne

Un uomo e il mondo esterno: sentiamo dei rumori di aerei che stanno bombardando, una luce fieve e opaca che penetra dalla finestre e irradia tutto di un senso di immane conclusione, di precarietà, di rassegnazione senza appello. Non si vede mai, neanche per un fotogramma, la luce splendente e trionfale del sole che colpisce il corpo di quel piccolo uomo giapponese pieno di tic e dall’espressione attraversata da ombre, dubbi, malinconie. Ci rendiamo conto quasi subito di trovarci di fronte all’imperatore Hirohito, colui che accompagnò il Giappone verso la più rovinosa delle sue disfatte, alla fine della seconda guerra mondiale. Ma è un’informazione che deduciamo dagli altri piccoli uomini che lo circondano e si affannano a chiamarlo “altezza”, dai particolari degli ambienti minimalisti ma riccamente e pesantemente arredati, dalle foto ufficiali appese alle pareti, ma non dalle immagini che invece tendono a destrutturare, spiazzare, annichilire in un senso di impotenza e di perdita per una grandezza che è possibile solo immaginare in una dimensione mitica ed epica, qui volutamente negata in favore di una visione intimista, umana, senza il velo della prosopopea propagandistica o il condizionamento del giudizio ideologico che la Storia, almeno quella conosciuta, elaborata e apparentemente assimilata consente. Come gia Hitler in Moloch e Stalin in Taurus, Aleksandr Sokurov sceglie infatti di dare un’esistenza esclusivamente formale alla figura storica, ricostruendone alla perfezione l’immagine e la gestualità, con un mimetismo che non appartiene solo al suo straordinario protagonista, Issey Ogata, e diventa iconografico per la stessa costruzione dell’inquadratura, seduce l’occhio, fa leva sulla memoria dell’immaginario prima di raggiungere l’emozione intellettuale. Perchè Hirohito viene chiuso nello spazio, quasi soffocato e messo all’angolo, richiamato al centro dell’inquadratura stessa dalla mdp di Sokurov, che non lo giudica certo come personaggio storico, tanto meno come essere umano, ma gli chiede probabilmente qualcosa di più crudele e sconvolgente: di spogliare la sua anima delle sovrastrutture e dei condizionamenti che sembra che altri abbiano costruito per lui (la tradizione della famiglia imperiale, la corte compiacente e ottuso, il popolo demagogicamente inteso come entità adorante dai regimi monarchici) e di rivelare la sostanza nascosta, indifesa, vulnerabile dell’individuo. Per i precedenti titani ridotti al rango di piccoli uomini in fondo si era posto la stessa domanda: può sopravvivere l’umanità e l’individualità anche nei contesti più esasperati, violenti e devastanti della Storia, in cui le tragedie collettive degli uomini celano e travolgono con il sangue e la disperazione la tragedia personale, apparentemente più insignificante, di un uomo? Sokurov esprime questa indagine, questo scandaglio su un fondale così delicato e prezioso, attraverso la più invasiva e potente delle armi, che priva del suo valore distruttivo e di aggressione, come se la mdp diventasse una bellissima pistola d’antiquariato lucidata, sulla cui superficie si riflette la figura di Hirohito deformata e offuscata, tra le cui piaghe più struggenti è possibile scrutare, o anche scoprire, aprendo lo sguardo e la mente ad una veduta più ampia, inaspettate e tenere digressioni: la passione per la biologia e la natura, le foto degli attori e delle attrici della mitologia hollywoodiana - con un inchino alla poesia silenziosa di Charlot - tra le foto di famiglia, la leggerezza e la serenità con cui decide di abbandonare il suo status intoccabile di divinità per tornare al “meno problematico” ruolo di individuo mortale che può annusare le rose e ballare il valzer da solo, tra i funzionari che fanno harakiri davanti a tanto degrado e il generale McArthur che lo spia ridendo del suo passaggio dal ruolo di nemico mitizzato dalla retorica della guerra a folletto ballerino e poeta, dolcemente ridicolizzato dalla banalità della vita. E se il clima rimane spettrale e la devastazione delle bombe irrompe sullo schermo, alla fine Sokurov rimette tutto nella giusta prospettiva: il sole è quello che riesce a brillare comunque, anche in un cielo plumbeo.

[16 novembre 2005]

Incontro con Aleksandr Sokurov: Roma, 17 novembre 2005.

Regia: Aleksandr Sokurov; Sceneggiatura: Jurij Arabov; Fotografia: Aleksandr Sokurov; Musica: Andreij Sigle; Interpreti: Issey Ogata, Robert Dawson, Kaori Momoi, Shiro Sano, Shinmei Tsui; Produzione: Igor Kalenov, Andreij Sigle, Marco Muller per Nikola Film; Distribuzione: Istituto Luce; Origine: Russia-Francia -Italia-Svizzera,2005;


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